Lago Ciad, tra prosciugamento e sfruttamento privato delle acque

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Nidhi Nagabhatla e Ramazan Caner Sayan pubblicato su The Conversation]

Rifugiati sul lago Chad. Jerome Starkey/Flickr in licenza CC
Rifugiati sul lago Ciad. Jerome Starkey/Flickr in licenza CC

L’abbassamento del livello idrico del lago Ciad è nell’agenda politica della Regione del Sahel ormai dagli anni ’60. La questione, oltre a riguardare i quattro Stati che vi si affacciano quali Niger, Nigeria, Ciad e Camerun, interessa anche le comunità che vivono nelle zone di maggior estensione del bacino come la Libia, l’Algeria, il Sudan e la Repubblica Centrafricana. Questo specchio d’acqua rappresenta la principale fonte di sostentamento per più di 30 milioni di persone.

Dinanzi al prosciugamento di questa risorsa, tra le soluzioni proposte figura la deviazione di alcuni affluenti del fiume Congo al lago Ciad attraverso la costruzione di un canale lungo 2.400 km. Nel 2018, la Commissione del Bacino del Lago Ciad, che riunisce otto Paesi (Camerun, Ciad, Niger, Nigeria, Algeria, Repubblica Centrafricana, Libia e Sudan), ha optato per l’adozione del “Progetto Transaqua”, il cui costo si aggira approssimativamente attorno ai 50 miliardi di dollari e che per ora resta in fase di progettazione e di studio di fattibilità.

Il tutto si è svolto non senza disaccordi. Infatti, di fronte alla decisione di deviare le acque del bacino, gli scienziati francesi e la Repubblica Democratica del Congo si sono opposti fermamente.

Nella ricerca pubblicata abbiamo analizzato il modo in cui i vari attori del progetto hanno formato coalizioni per promuovere o arrestare il piano e quali ne sono state le motivazioni. I soggetti coinvolti nel “Progetto Transaqua” comprendono Governi, organizzazioni internazionali, ONG ed esperti scientifici. Abbiamo anche esaminato le linee di condotta adottate, come le modalità per organizzare i programmi e per costruire conoscenza, la capacità di individuare i nessi tra i problemi e quella di escludere gli altri attori dai negoziati.

Alla luce di quanto è stato affermato e documentato sul progetto, il nostro studio mette in evidenza come gli attori non statali, in particolare le società private, abbiano influenzato il modo in cui vengono controllate le risorse idriche del lago Ciad e come questo aspetto sia significativo per molti Stati della Regione.

Condividere l’acqua in contesti transfrontalieri complessi

Tradizionalmente, nell’ambito delle discussioni e dei negoziati circa la distribuzione delle risorse idriche nei sistemi transfrontalieri, gli Stati costituiscono gli attori principali. Laddove vengono condivise le risorse naturali, anche le organizzazioni regionali e internazionali devono svolgere un ruolo nel regolare “chi ottiene cosa”. Tuttavia, una tale influenza dipende principalmente dalle relazioni geopolitiche e dagli impegni presi dai Paesi.

Ad esempio, non tutte le nazioni coinvolte nel “Progetto Transaqua” hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui corsi d’acqua internazionali, un quadro giuridico globale per la cooperazione transfrontaliera. Questa è una delle ragioni per cui è importante osservare la funzione rivestita dagli attori non statali e l’influenza del soft power sulle trattative.

In tal caso, il ruolo del settore privato riflette le dinamiche alla base del cambio di potere di questi sistemi idrici transfrontalieri. In questa particolare proposta, due società private hanno giocato un ruolo importante nel condizionare gli accordi. Chi vuole, dunque, che il “Progetto Transaqua” vada avanti e perché?

Secondo la leadership nigeriana, il trasferimento delle acque garantirebbe da un lato la ripresa dell’agricoltura, della pesca e dell’allevamento, e dall’altro potenzierebbe lo sviluppo socioeconomico, contrasterebbe le instabilità e le insicurezze regionali e ridurrebbe l’immigrazione clandestina.

In tal senso, è emersa una potente coalizione che mette in evidenza problemi come la carenza di acqua e il degrado ambientale. Tra gli attori che ne fanno parte c’è Bonifica, l’ex società italiana di proprietà dello Stato che per prima ha proposto il progetto, gli Stati rivieraschi del bacino del lago Ciad e organizzazioni internazionali quali la Commissione del Bacino del Lago Ciad (LCBC) e la Banca Africana di Sviluppo (AfDB).

Questi ultimi hanno più volte lanciato l’allarme circa il prosciugamento del lago sottolineando, al tempo stesso, il bisogno urgente di metterlo in salvo. Così hanno presentato come unica soluzione il Progetto Transaqua”, un piano promosso anche dall’ex premier italiano Conte e dall’ex dirigente della Commissione del Bacino del Lago Ciad.

Fino agli anni ’90, quando in Italia la società Bonifica era forte a livello politico ed economico, il progetto è stato sostenuto attivamente sia [nel nostro territorio] che nei Paesi del bacino del lago Ciad.

Bonifica è stata poi riorganizzata e privatizzata nel 2002. In seguito, l’assenza di fondi e di consenso tra i Paesi del lago Ciad e quelli del bacino del fiume Congo causarono una battuta d’arresto tra i negoziati per il Progetto Transaqua”. Di recente, sono stati proposti degli studi di prefattibilità al fine di ottenere il sostegno necessario per passare alla fase successiva della proposta.

A metà degli anni 2010, PowerChina, impresa di proprietà statale per l’energia idroelettrica, è emersa tra le varie società del settore privato e ha rilanciato il progetto nell’agenda politica. PowerChina ha sostenuto l’idea del Progetto Transaqua” firmando nel 2016 un memorandum d’intesa con la Commissione del Bacino del Lago Ciad. L’anno successivo, PowerChina ha accettato di collaborare con la società Bonifica in merito alla proposta. Nel 2018, la Commissione del Bacino del Lago Ciad ha appoggiato il Progetto Transaqua” sottoscrivendo un protocollo d’intesa con l’Italia.

Alcune ONG associate alla rete culturale e politica LaRouche Movement, sono state coinvolte nella promozione del progetto e nella raccolta dei fondi per attuare i programmi.

Se il progetto andrà avanti, i lavori di costruzione avranno luogo nella Repubblica Centrafricana e nella vicina Repubblica Democratica del Congo.

Opposizioni

Tuttavia, il Congo si è opposto al progetto: sia il presidente che il Parlamento hanno dichiarato di non aver avuto spazio per partecipare alle trattative sul progetto o per costruire un consenso.

Gli scienziati francesi discutono continuamente dell’assenza di dati relativi alla scomparsa del lago Ciad e anche della qualità di quelli esistenti, indicando che la variabilità e il flusso delle acque del bacino del lago hanno portato nel 2013 a un incremento dei livelli idrici fino a 13.000 km².

Sfidando un’enorme organizzazione ingegneristica volta a risolvere il problema dell’emergenza idrica nel Sahel, hanno rimarcato che un progetto su larga scala può provocare danni ambientali irreversibili in entrambi i bacini.

Eppure, affermazioni simili sono oggetto di critiche da parte di studiosi africani come Horace Campbell, professore di Studi Africani presso l’Università del Ghana, secondo il quale senza la ricostruzione del lago non si può immaginare la resilienza delle comunità.

Trainato in parte dal settore privato, il “Progetto Transaqua” è stato ideato per lo sviluppo umano ed economico. Ma se costruito su un’agenda non adeguatamente discussa e concordata, è probabile che generi tra gli attori statali problemi geopolitici e di sicurezza. E questo è quello che potrebbe accadere sia nei Paesi del lago Ciad sia in quelli del bacino del Congo.

Inoltre, il settore privato non è sensibile a questioni socio-culturali complesse come gli interessi delle comunità pastorali che fanno affidamento sul suolo e sull’acqua.

L’avvenire del Progetto Transaqua” resta dunque legato alla sfida di costruire tra tutti i soggetti coinvolti consenso e collaborazione fattiva.

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

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