Quando l’acqua provoca dei disastri: dalle inondazioni alla siccità

Se l’acqua è un’indiscutibile fonte di vita, allo stesso tempo può diventare causa di distruzione e morte. Inondazioni, piogge torrenziali e, all’estremo opposto, siccità stanno mettendo a dura prova il pianeta e vacilla la capacità dell’uomo di sopravvivere a tali eventi. All’origine di questi scenari apocalittici sempre più frequenti non c’è l’acqua in sé ovviamente, ma la furia dei cambiamenti climatici. E, quindi, la distruttiva azione umana sull’ecosistema.

L’equilibrio vitale che lega natura, urbanizzazione e uomo si sta spezzando e le catastrofi ambientali connesse alla smisurata forza dell’acqua o alla sua eccessiva penuria lo stanno dimostrando. Alcuni dati aiutano a capire la gravità di questi fenomeni.

I rischi legati all’acqua dominano in realtà il pianeta da diversi decenni. L’elenco dei disastri in termini di vittime umane e di danni all’economia negli ultimi 50 anni, secondo un’analisi dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) vede inondazioni e tempeste tra le maggiori cause di perdite economiche in Europa, con un costo di 377,5 miliardi di dollari. L’alluvione del 2002 in Germania, per esempio, ha provocato danneggiamenti per 16,5 miliardi di dollari ed è stato l’evento più costoso del vecchio continente tra il 1970 e il 2019.

Circa il 74% di tutti i disastri naturali tra il 2001 e il 2018 sono stati legati all’acqua e negli ultimi 20 anni il numero totale di morti causate solo da inondazioni e siccità ha superato i 166.000, mentre alluvioni e mancanza di piogge e risorse idriche hanno colpito oltre 3 miliardi di persone e causato danni per quasi 700 miliardi di dollari.

La siccità ha rappresentato il 5% delle catastrofi ambientali, colpendo 1,1 miliardi di persone, uccidendone 22.000 e provocando 100 miliardi di dollari di danni tra il 1995 e il 2015. Gli scenari del prossimo futuro non sono affatto rosei: 700 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero essere sfollate a causa di un’intensa scarsità d’acqua entro il 2030. Prima del 2050, si prevede che l’aumento della popolazione nelle terre soggette a inondazioni, cambiamenti climatici, deforestazione, perdita di zone umide e innalzamento del livello del mare porterà a 2 miliardi il numero di persone vulnerabili alle inondazioni.

Inoltre, più di un quinto dei bacini mondiali ha recentemente sperimentato un anomalo aumento della superficie dell’acqua indicativo di inondazioni e si è verificato un incremento di porzioni di terreno sommerse dall’acqua. Sul fronte opposto, si è assistito a un rapido declino della superficie delle acque in alcune zone del mondo. Un segnale, quest’ultimo, che indica l’accelerazione del prosciugamento di laghi, bacini idrici, zone umide, pianure alluvionali e corpi idrici stagionali.

Sebbene gli studi mettano in risalto che fenomeni estremi e di devastazione legati all’acqua accadono da diversi decenni, la frequenza delle ultime manifestazioni meteorologiche violente sta facendo suonare l’allarme: non si tratta di casualità. L’estate 2021, per esempio, è già stata battezzata dall’ OMM la stagione degli estremi. E le immagini impressionanti provenienti da diverse parti del mondo sommerse dall’acqua a luglio ci hanno resi consapevoli della gravità della situazione.

Le inondazioni sono molto più probabili con modelli meteorologici estremi innescati dal cambiamento climatico globale. Lo ha spiegato il segretario generale dell’OMM, il professor Petteri Taalas:

I rischi legati all’acqua stanno aumentando di frequenza e intensità a causa dell’alterazione del clima. Il bilancio umano ed economico è stato evidenziato con tragici effetti dalle piogge torrenziali, dalle inondazioni devastanti e dalla perdita di vite umane nell’Europa centrale e in Cina… sempre di più, gli episodi di forti piogge portano anche l’impronta del cambiamento climatico. Man mano che l’atmosfera si riscalda, trattiene maggiore umidità, il che significa che pioverà di più durante i temporali, aumentando la minaccia di inondazioni. Nessun Paese – sviluppato o in via di sviluppo – è immune.

Il ragionamento scientifico è chiaro e lo ricorda l’UNEP (United Nation Environment Programme): con temperature più elevate, c’è maggiore energia nel sistema terrestre. Se l’acqua e l’aria dell’oceano si riscaldano di più del normale e con rapidità, la possibilità di evaporazione, e quindi la formazione di nubi, aumenta. Quando fa più caldo, l’aria può contenere un maggiore contenuto di umidità. Ciò può comportare un incremento evidente dell’intensità, della durata e/o della frequenza delle precipitazioni. Bisogna considerare che ora la temperatura media globale è di 1,1 gradi Celsius superiore a quella dell’inizio del secolo scorso. Gli scienziati si stanno già chiedendo: come saranno le cose tra qualche decennio, quando si verificherà un ulteriore incremento? Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) ha già allertato che se il riscaldamento aumenterà di 1,5 gradi Celsius, allora circa 5 milioni di europei dovranno convivere con inondazioni annuali. In passato, essi avrebbero potuto aspettarsi di essere sommersi dall’acqua una volta ogni secolo.

I segnali dei disastri ambientali legati alla forza sproporzionata di temporali e tempeste si sono fatti sentire proprio quest’estate. Il servizio meteorologico nazionale tedesco, DWD, ha affermato che tra il 14 e il 15 luglio è caduta la quantità di pioggia solitamente di due mesi su suoli che erano già vicini alla saturazione in regioni di Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Anche la Svizzera e l’Austria sono state colpite da gravi inondazioni. La devastazione nello Stato tedesco è stata le più impressionante, con oltre 170 vittime inghiottite dall’acqua. Sono stati più di 200 i morti sommando anche quelli del Belgio.

Inondazioni in Germania luglio 2021 - Foto da video The Guardian
Inondazioni in Germania, luglio 2021 – Foto da video The Guardian

Pochi giorni dopo anche la Cina ha vissuto scene drammatiche legate a tempeste di pioggia da record. Alcune parti della provincia cinese centrale dell’Henan hanno ricevuto più precipitazioni accumulate tra il 17 e il 21 luglio rispetto alla media annuale. Zhengzhou, la capitale dell’Henan, ha visto cadere l’equivalente della metà delle sue piogge annuali nell’arco di sei ore. Il disastro è costato 300 vite in quella che è una delle province più popolose della Cina. Sono state colpite 11 milioni di persone e il Governo ha stimato che il costo economico sia di almeno 65 miliardi di yen (7,3 miliardi di sterline).

Le inondazioni hanno sommerso anche la Nigeria, abituata alle alluvioni nei mesi da marzo a novembre. Tuttavia, a metà luglio, il principale distretto commerciale dell’isola di Lagos ha subito uno dei peggiori allagamenti degli ultimi anni a seguito di fenomeni temporaleschi violenti. Gli osservatori più attenti hanno parlato di scene non abituali, avvalorando le proiezioni scientifiche secondo le quali città costiere come Lagos potrebbero diventare inabitabili entro la fine del secolo. Le cause risiedono nell’innalzamento del livello del mare spinto dal cambiamento climatico, oltre che nell’erosione del suolo (causato dall’uomo con la selvaggia estrazione della sabbia) e nella crescita urbana senza controllo.

Il gruppo di ricerca Climate Central ha pubblicato uno studio che ha parlato chiaro al riguardo: città costiere basse, come Lagos, potrebbero essere permanentemente sommerse entro il 2100. Questo l’avvertimento:

Come risultato dell’inquinamento provocato da gas atmosferici che assorbono sempre più calore, l’innalzamento del livello del mare potrebbe entro tre decenni spingere le inondazioni croniche ad allagare un territorio che ospita 300 milioni di persone.

Il 25 luglio scorso inondazioni si sono verificate anche a Londra, dove in poche ore le strade si sono trasformate in fiumi; le persone sui mezzi pubblici sono state messe in salvo tramite zattere e canotti; le stazioni ferroviarie sono state sommerse e gli ospedali evacuati poiché invasi dall’acqua.

Gli esperti di clima e infrastrutture avvertono da anni che Londra, come molte altre metropoli, non è pronta per il cambiamento climatico, con gran parte della città costruita su una pianura alluvionale e un sistema di drenaggio vittoriano che non è in grado di resistere a questo tipo di pioggia intensa. Quando temporali impetuosi si abbattono dopo una siccità prolungata, i terreni sono meno in grado di assorbire l’acqua e la pioggia ha maggiori probabilità di provocare allagamenti. Le aree urbane sono a maggior rischio di inondazioni improvvise perché le superfici sono ricoperte di cemento, il che significa che il terreno non può assorbire l’acqua. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, Parigi, Salonicco, Bucarest e Barcellona possiedono più di tre quarti della loro superficie occupata da costruzioni e, per questo, rischiano inondazioni frequenti.

Acqua e cambiamento climatico si trasformano in una spirale di distruzione anche quando le piogge scarseggiano, le temperature sono troppo elevate e i bacini idrici si seccano. La siccità, l’altra faccia dei disastri ambientali legati all’acqua, sta minacciando alcune regioni del mondo.

Gli abitanti nella provincia sudoccidentale del Khuzestan in Iran sono disperati. Afflitti da siccità e scarsità d’acqua da marzo, sono scesi in piazza a luglio per esprimere la loro rabbia nei confronti del Governo e della sua cattiva gestione delle risorse idriche. Il capo del servizio meteorologico iraniano ha affermato che i mesi da ottobre 2020 a metà giugno 2021 sono stati i più secchi degli ultimi 53 anni e che la temperatura media nel Paese è aumentata di 2 gradi Celsius dalla fine degli anni ’60. Nel frattempo, le precipitazioni sono diminuite fino al 20% negli ultimi due decenni. Uno scenario drammatico, al quale si aggiunge la discutibile strategia politica iraniana votata alla costruzione di dighe (ne conta 192 attualmente) e l’inefficiente sistema di sfruttamento delle falde acquifere, ormai quasi prosciugate dall’agricoltura.

Corso d'acqua prosciugato in Afghanistan - Foto da video Al Jazeera
Corso d’acqua prosciugato in Afghanistan – Foto da video Al Jazeera

Dopo un inverno di scarse nevicate, un’incombente siccità sta costringendo l’Afghanistan a cercare di prevenire un’altra crisi migratoria. La neve e le precipitazioni sono state quasi la metà dei loro livelli normali in alcune parti del Paese durante un inverno straordinariamente caldo. Gli agricoltori temono che non ci sia abbastanza acqua per sostenere i loro raccolti, aumentando i timori per la  scarsità di cibo, che potrebbe spingere le persone ad abbandonare le loro terre.

Gli effetti dei cambiamenti climatici a volte rischiano di acuire anche conflitti geopolitici. Come sta accadendo in Crimea.
Quando un ciclone ha inondato di piogge la penisola annessa alla Russia  – e strappata all’Ucraina nel 2014 – il mese scorso, i fiumi hanno rotto gli argini e migliaia di persone sono state evacuate dalle inondazioni. Il lato positivo del diluvio è stato che le piogge hanno anche riempito i serbatoi esauriti della Crimea, alleviando temporaneamente una crisi causata da una prolungata siccità, oltre che da un blocco ucraino dei lavori per il canale di costruzione sovietica che in precedenza forniva fino all’85% delle riserve idriche della penisola.

L’acqua, nelle sue estreme manifestazioni di abbondanza e di penuria, sta lanciano un allarme sempre più urgente: il cambiamento climatico è una priorità vitale da affrontare in tutto il mondo. Altrimenti risorse preziose, come quella idrica, diventeranno nemiche dell’uomo.

Violetta Silvestri

Copywriter di professione mantiene viva la passione per il diritto internazionale, la geopolitica e i diritti umani, maturata durante gli studi di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, perché è convinta che la conoscenza sia il primo passo per la giustizia.

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