Indigeni, 370 mln di persone che vogliono preservare Madre Terra

Con i termini indigeno-indigena si intende chi è nativo originario del posto, discendente cioè di una popolazione non immigrata ma che è sempre esistita in un determinato territorio. Nel mondo oggi vivono più di 370 milioni di persone indigene-originarie che rappresentano quasi il 6% della popolazione mondiale. I diversi gruppi e tribù proteggono l’80% della biodiversità terrestre.

Capaci di resilienza e resistenza di fronte a fenomeni come il razzismo istituzionale, genocidio e land-grabbing, sono custodi di preziosi saperi ancestrali e spesso testimoni di profonde spiritualità legate al rispetto della vita e dell’ambiente.

Sulle spalle dei popoli indigeni ricade una costante minaccia, frutto di una lunga e spesso triste storia di dominio culturale ed economico, legittimata da radicate convinzioni culturali e dal mito occidentale dello sviluppo. La salvaguardia della dignità e dell’autodeterminazione dei popoli nativi è oggi strettamente legata alla lotta per la protezione dell’ambiente e dei diritti della Terra. La forza di obiettivi comuni – per gli indigeni e per i non indigeni – ha permesso l’unione di movimenti di resistenza, oggi sempre più numerosi quanto necessari.

L’autodeterminazione passa anche attraverso la riappropriazione della cultura originaria, delle tradizioni e del folclore, dell’arte e del sapere indigeno, sovente svalutati dalla cultura dominante ma tuttavia essenziali per l’identità individuale e collettiva. La valorizzazione delle proprie origini si fa così trampolino di lancio per la costruzione di pratiche di resistenza e pensiero alternativo, in grado di opporsi concretamente all’agire immorale di un sistema spesso distruttivo.

Sezione di letture sul tema “cosa significa essere un indigeno oggi“, Indigenous of American Indians Art, a Santa Fe – David. Creative Commons

Collettivi, compagnie di teatro, ONG, associazioni di arte, radio, gruppi di coscienza, workshop, ateliers, dibattiti – e altro ancora – sono oggi testimoni, sostenitori e principali agenti delle lotte e della formazione di culture resistenti.

Per ricordare la Giornata Mondiale dei Popoli Indigeni, istituita dalle Nazioni Unite in ricordo del primo gruppo di lavoro sui popoli indigeni, Voci Globali ha parlato con Katia Leyte Chávez, rappresentante del collettivo messicano Casa Comunitaria Itzpapálotl, uno spazio indipendente di arte popolare, cultura indigena e sapere alternativo creato principalmente da donne indigene originarie dei popoli di Tlaltenco Tlhàuac, Xhochimilco, Milpa Alta e Iztapalapa, che opera a Città del Messico.

Come nasce il collettivo?

Il collettivo è nato per la necessità di dare visibilità all’eredità culturale del nostro popolo, chiamato San Francisco Tlaltenco e alla nostra prospettiva come donne indigene. Ci ha guidato anche il desiderio di condividere la nostra arte e il nostro sapere locale ancestrale, per fare in modo che siano rispettati i nostri diritti come esseri umani.

Quali sono le principali attività e gli approcci del collettivo?

Le principali attività proposte riguardano il recupero di saperi ancestrali, l’agricoltura, dibattiti e workshop di arte popolare e forte attivismo politico. Gli approcci in cui ci riconosciamo sono locali, interculturali e femministi territoriali.

Il 9 agosto si celebra la Giornata Mondiale dei Popoli Indigeni. Questa ricorrenza è riconosciuta dalle comunità indigene messicane?

Non proprio, questa ricorrenza quasi non si conosce tra le comunità indigene.

Generalmente non conosciamo le date ufficiali designate per i popoli indigeni, a eccezione del 12 ottobre, però negli ultimi tempi sempre più movimenti stanno cominciando a prenderle in considerazione. Nel nostro caso in particolare, non eravamo a conoscenza del 9 agosto come ricorrenza per le comunità native, ma pensiamo che queste giornate di ricordo servano molto per dare visibilità alle nostre culture e ai nostri diritti.

Vi sentite incluse e rappresentate all’interno del dibattito della comunità internazionale?

No, come comunità Tlaltenco Tlàhuac, Tlàhuac, Xochimilco e Milpaalta, non ci sentiamo incluse e neanche rappresentate nel dibattito internazionale. Non veniamo interpellate. Continuano a violare i nostri diritti, nonostante i passi avanti che sono stati fatti nelle politiche di protezione dei popoli indigeni.

Quali sono oggi le principali lotte, desideri e obiettivi dei popoli indigeni, in Messico e nel mondo?

Fondamentalmente desideriamo che si rispetti l’autodeterminazione politica, territoriale e culturale dei nativi. Viviamo costantemente assediat* e molestat* dall’espropriazione e invasione dei territori, necessari per il benessere e per la dignità di vita. Senza, non esiste nessuna sovranità e autodeterminazione. Vogliamo continuare a seminare la Terra e curarci di essa, preservare le feste tradizionali e vogliamo che finisca la violenza contro la nostra gente, particolarmente contro le donne e le bambine indigene.

Qual è il ruolo della prospettiva delle donne indigene?

Le donne indigene si trovano spesso a dover trovare più compromessi. Oltre a lottare per le nostre terre e per la nostra gente, dobbiamo far fronte alla violenza contro le donne indigene, che spesso viene perpetuata dal Governo e dalla cultura dominante, ma non soltanto. Il nostro ruolo come donne indigene è essenziale perché il mondo cominci a rispettare e valorizzare il lavoro di cura, i nostri saperi e diritti, e che ci siano meno donne violentate o assassinate per essere “povere” e indigene. La nostra lotta è necessaria perché l’umanità annienti il razzismo e il patriarcato, per ricominciare a vivere meglio.

Volantino del dibattito organizzato dalla Casa Comunitaria Itzpapàlotl, 2019. Ripreso dalla pagina Facebook del collettivo

Qual è secondo voi il ruolo del mondo “occidentale” nella lotta per la protezione dell’ambiente e delle culture indigene?

Credo che sia principalmente quello di ascoltare la conoscenza delle donne e dei nativi, soprattutto per quanto riguarda le azioni necessarie per contenere la devastazione ambientale e gli etnocidi. Per esempio, è importante rispettare l’autonomia e l’autodeterminazione territoriale di ogni popolo ed evitare la marginalizzazione economica e politica, riconoscendo il valore del lavoro di protezione ambientale che continuano a fare i popoli indigeni. Tra le varie cose utili, è sicuramente importante abbandonare la mentalità consumista e i privilegi legati alla classe sociale, perché sono la causa della distruzione della Terra e includono lo sfruttamento dei nostri corpi.

Credete nella necessità di un’educazione critica e cosciente per i popoli indigeni e per le persone non-indigene?

Si, certamente. È necessario riprendere e ri-elaborare l’educazione critica popolare, che interroghi e che proponga modi di vivere più dignitosi per tutti e tutte, siano ess* indigen* o no. Ci sono comunità non-indigene che continuano a soffrire violenze di ogni tipo.

Qual è la vostra prospettiva sulla situazione attuale dei popoli indigeni nel mondo?

Purtroppo stiamo vivendo uno sterminio di massa e senza controllo. Siamo sul punto di perdere definitivamente alcune culture millenarie e la pandemia da Covid-19 accelera questa condizione. Ci hanno depredato di molti diritti, legittimati spesso da una giustizia che funziona solo per alcune categorie di persone. Noi stiamo trasformando no* stess* per ricominciarre a vivere a partire dai nostri valori ancestrali, come il rispetto della relazione con la Madre Terra, da recuperare e ri-elaborare in chiave contemporanea.

Possiamo fare qualcosa insieme? Indigeni e non-indigeni?

Si, certamente. Abbiamo il dovere di compiere una trasformazione e una rivoluzione culturale insieme, congiunta, da una prospettiva interculturale e rispettandoci l’un* con l’altr*. Dobbiamo ascoltare e rispettare ogni forma di essere e proporre azioni e lavori di cooperazione per creare una realtà più dignitosa per tutti e tutte.

Ci separa una distanza fisica, ma – come emerge dalle parole di Katia Leyte Chávez – possiamo sentirci e abbracciarci come esseri umani. Siamo indispensabili, gli uni per gli altri.

Mercato dell’artigianato di donne indigene (Casa Comunitaria Itzpapàlotl) in occasione della Giornata Internazionale dell’Artigianato. Foto ripresa dalla pagina Facebook del collettivo

Marta Bolgioni

Laureata in Culture, Formazione, Società Globale, si occupa di tematiche femministe, ambientali e socio-politiche con particolare attenzione all'ambito pedagogico.

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