La carenza di scienziate è un problema per la salute delle donne

[Traduzione a cura di Rosamaria Castrovinci dell’articolo originale di Rem Koning pubblicato su The Conversation]

Linda Griffith, premiata con il McArthur Genius e docente presso il MIT, ha costruito una carriera straordinaria come scienziata e inventrice; tra i suoi successi di ricercatrice si annovera anche la crescita di un orecchio umano su un topo, un esperimento finalizzato a migliorare i trapianti delle orecchie. Attualmente Griffith è impegnata ad analizzare i meccanismi biologici alla base dell’endometriosi, una patologia per cui l’endometrio, la mucosa che riveste internamente l’utero, si sviluppa anche in altre parti del corpo. L’endometriosi può essere estremamente dolorosa, ed è spesso sottovalutata ed erroneamente diagnosticata. Questo disturbo ha condizionato la vita della Griffith, così come quella di oltre 6 milioni di donne negli Stati Uniti.

Le ricerche e le invenzioni della Griffith hanno il potenziale per migliorare notevolmente la salute delle donne. Ma il problema, per queste ultime, è rappresentato proprio dal fatto che lei sia una donna. Infatti, nel 2020 solo il 12,8% degli inventori statunitensi che hanno ricevuto dei brevetti erano donne e, storicamente, i ricercatori uomini ignorano problematiche prevalentemente femminili come l’endometriosi.

I ricercatori di sesso maschile hanno sempre avuto la tendenza a sottovalutare o, addirittura, a ignorare del tutto le esigenze sanitarie delle donne. Il risultato è che le innovazioni si sono focalizzate principalmente su ciò che gli uomini scelgono di eleggere a oggetto delle loro ricerche. L’autore di questo articolo, Rembrand Koning, e i suoi colleghi John-Paul Ferguson e Sampsa Samila, in uno studio appena pubblicato mostrano come le invenzioni biomediche brevettate negli Stati Uniti create da donne abbiano il 35% in più di probabilità di essere utili alle donne stesse rispetto a quelle create dagli uomini.

I numeri delle tendenze

Per determinare quali invenzioni siano incentrate sulle donne, sugli uomini o neutre, abbiamo analizzato i titoli, l’abstract e l’inizio del testo riassuntivo di 441.504 brevetti medici, utilizzando il Medical Text Indexer della National Library of Medicine. L’indicizzatore utilizza l’apprendimento automatico per classificare l’oggetto di un documento, rilevando anche se il documento in questione abbia un focus maschile o femminile.

I nostri dati rivelano che le invenzioni realizzate da team di ricerca composti principalmente o completamente da uomini sono significativamente propense a focalizzarsi su necessità sanitarie maschili. Dal 1976 al 2010, per 34 anni su 35, i team a maggioranza maschile hanno prodotto centinaia di invenzioni in più riguardanti i bisogni degli uomini rispetto a quelle incentrate sui bisogni delle donne. Questi inventori erano più propensi a creare brevetti rivolti a questioni come “problema erettile” o “prostata” rispetto che ad argomenti come “menopausa” o “cervice”. Gli inventori di sesso maschile tendevano anche a concentrarsi su malattie come il Parkinson o condizioni come l’apnea notturna che colpiscono sproporzionatamente gli uomini.

Grafico dall’articolo originale su The Conversation con licenza CC. Fonte: Rem Koning et al.

Viceversa,  le invenzioni brevettate da team di ricerca composti principalmente o completamente da donne si focalizzavano maggiormente sui bisogni delle donne in tutti i 35 anni dei dati presi in esame. Questi brevetti interessavano condizioni come il cancro al seno, la gestosi post parto e malattie che colpiscono sproporzionatamente le donne come la fibromialgia e il lupus. Tuttavia, nel 1976 soltanto il 6,3% delle invenzioni brevettate era stato ideato da team composti da tante donne quanti uomini. Nel 2010 questa percentuale era salita solo al 16,2%. Di conseguenza, mentre era più probabile che le invenzioni realizzate dalle donne fossero più orientate alle necessità delle donne stesse, tali brevetti erano allo stesso tempo rari perché le inventrici erano davvero poche.

Abbiamo scoperto che tra i team di inventori di genere misto, le invenzioni biomediche tra il 1976 e il 2010 si sono concentrate maggiormente sui bisogni degli uomini che su quelli delle donne. Secondo i nostri calcoli, se gli inventori di sesso maschile e quelli di sesso femminile fossero stati equamente rappresentati durante questo periodo, ci sarebbero state almeno 6.500 invenzioni in più indirizzate ai bisogni delle donne. In termini percentuali, un’equa rappresentazione avrebbe portato a un 12% in più di invenzioni per le donne.

“Una vita da scienziate” foto da Embassy of Italy in the US su Flickr con licenza CC

Pensando ai bisogni delle donne

Ci sono anche vantaggi meno lampanti quando ci sono più donne a inventare. È infatti più probabile che le inventrici individuino trattamenti già esistenti per problematiche non legate specificamente al genere, come infarti, diabete e ictus, e siano in grado di migliorarli e adattarli alle esigenze delle donne. In realtà, le donne tendono maggiormente a testare se le loro idee e invenzioni agiscano in maniera diversa sugli uomini o sulle donne, controllando, per esempio, se una medicina ha più effetti collaterali sulle donne rispetto agli uomini.

Nel nostro studio abbiamo scoperto che anche all’interno di aree ristrette delle patologie, come nel caso del flutter atriale, le donne hanno ancora maggiore probabilità di indicizzare le loro invenzioni verso specifiche esigenze sanitarie femminili. I nostri risultati indicano che una maggior rappresentazione sarebbe una soluzione a questi preconcetti invisibili.

Il numero crescente di inventrici sta iniziando a colmare il divario esistente. In tre dei cinque anni che vanno dal 2006 al 2010 gli Stati Uniti hanno concesso più brevetti incentrati sui bisogni delle donne che su quelli degli uomini. Di fatto, dal 2010, c’è stato un boom di start-up fondate da donne per creare prodotti nuovi e rivoluzionari per la salute femminile che vanno dai nuovi tipi di biancheria intima per il periodo mestruale ai tiralatte intelligenti.

Attenzione al divario

Aumentare la proporzione di inventori di sesso femminile è importante per migliorare l’assistenza sanitaria delle donne, ma aumentare soltanto il numero delle scienziate non è sufficiente. È anche vero, infatti, che le scienziate hanno il 40% di probabilità in meno di commercializzare le loro invenzioni rispetto agli scienziati di sesso maschile. Le cause di questo divario di genere sono molteplici, dalle differenze nei progammi di tutoring ai preconcetti nei feedback che le donne ricevono rispetto ai loro tentativi di commercializzare innovazioni rivolte alle donne.

Indipendentemente dalle cause evidenziate, il risultato è che mentre quasi il 33% delle scoperte scientifiche pubblicate nel 2010 è stato prodotto da gruppi di ricerca a maggioranza femminile, solo il 16,2% dei brevetti sono stati inventati da team a maggioranza di inventrici durante lo stesso anno. Allo stesso modo che per le invenzioni, abbiamo riscontrato che le ricerche scientifiche condotte da scienziate, come rilevato dai documenti di ricerca pubblicati, hanno il 12% di probabilità in più di essere a beneficio delle donne rispetto alle scoperte degli uomini. Perlomeno a breve termine, aiutare le scienziate a commercializzare le loro attuali ricerche darebbe una spinta all’aumento del numero di inventrici e di invenzioni indirizzate alle donne.

Più in generale, i nostri risultati evidenziano come le diseguaglianze demografiche nei team di ricerca conducano a diseguaglianze demografiche anche in chi beneficia delle invenzioni. Uno studio recente mostra come aumentando il numero di psicologi neri aumentino i benefici per i pazienti neri e, più in generale, i benefici dell’assegnare pazienti provenienti da minoranze etniche a medici provenienti anch’essi dalle stesse minoranze.

Tutto ciò indica che il mondo non ha bisogno solamente di più inventrici del MIT come Griffith, ma anche di più inventrici come la dott.ssa Patricia Bath, la prima donna di colore ad aver ottenuto un brevetto statunitense. L’invenzione di Bath, un trattamento laser per rimuovere la cataratta, è stata ispirata dalla sua osservazione che gli americani di colore avessero il doppio delle probabilità rispetto agli americani bianchi di soffrire di cecità.

A prescindere che si tratti di pregiudizi riguardanti il genere o la razza, quelli su chi conduce le ricerche e commercializza le invenzioni non sono certo argomenti su cui scherzare perché la questione riguarda soprattutto chi beneficerà dell’avanzamento del progresso.

Rosamaria Castrovinci

Laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito la magistrale in Metodi e Linguaggi del Giornalismo con una tesi dedicata all'emigrazione italiana in Australia. Speaker radiofonica e redattrice, è siciliana ma da 3 anni è approdata a Venezia, dove lavora nell'ambito museale.

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