Siria, dalle macerie della guerra emerge il narcostato del Captagon

Dopo 10 anni di guerra, la Siria è devastata: socialmente, politicamente e a livello economico. E, secondo un’analisi approfondita della situazione attuale, il Paese si è trasformato in un narco-Stato. Definizione, quest’ultima, solitamente attribuita alle nazioni dove il traffico illecito di droga diventa parte integrante del sistema economico e delle istituzioni legittime. Il termine, in realtà, non è nuovo per Damasco. Già ai tempi della guerra civile libanese del 1976, gli USA avevano etichettato la Siria come narco-Stato per via del controllo delle coltivazioni di cannabis in Libano.

Ora, nel pieno della disperazione lasciata dalla guerra civile e da una ricostruzione irrisolta, lo spettro della diffusione capillare del traffico illegale di droga è tornato. E si sta impossessando del sistema Paese con la forza del Captagon, pasticche di anfetamine commercializzate all’interno e fuori dei confini siriani.

Capire perché lo Stato governato ancora dal regime Assad (che controlla quasi il 70% del territorio grazie all’assistenza politica, economica e militare fornita dai suoi alleati, Russia e Iran) abbia imboccato questa deriva è piuttosto intuitivo se si analizzano i dati sulle conseguenze della guerra. Secondo il World Food Program (WFP), il 60% della popolazione, 12,4 milioni di persone circa, non ha accesso al cibo per sopravvivere e ormai i prezzi degli alimenti di base, come pane, riso, lenticchie, olio e zucchero superano di gran lunga gli stipendi medi.

Il Prodotto Interno Lordo è passato da 60,2 miliardi di dollari nel 2010 a circa 21,6 miliardi di dollari nel 2019, con una perdita economica totale dall’inizio del conflitto di almeno 530 miliardi di dollari. La valuta nazionale, lira siriana (SYP) ha subito un deprezzamento drammatico, con una erosione da record del potere d’acquisto. I costi dei beni di base per una famiglia di cinque persone a Damasco sono aumentati da 380.000 SYP nel gennaio 2020 a 732.000 SYP nel dicembre 2020. In confronto, il salario medio mensile era compreso tra 80.000 e 100.000 SYP (32-40 dollari) nel settore pubblico e da circa 120.000 a 150.000 SYP (tra 48 e 60 dollari) nel settore privato.

E ora, con l’inasprimento delle sanzioni statunitensi in vigore dal 2020 con il Caesar Bill (che prende di mira industrie siriane e investimenti esteri diretti nella nazione), il collasso finanziario del vicino Libano, il COVID-19 che incide sulle rimesse dei siriani all’estero, le prospettive di ripresa economica sembrano assai cupe.

Mercato di abiti usati nelle vie di Damasco - Foto Flickr Creative Commons - Paul Keller
Mercato di abiti usati nelle vie di Damasco – Foto Flickr Creative Commons – Paul Keller

In questo contesto il traffico illecito di Captagon sta dilagando. La produzione della droga nel cuore del regime è diventata una delle poche recenti storie di successo commerciale della Siria; un settore in crescita così grande e sofisticato che sta iniziando a pesare come voce rilevante dello stesso PIL. 

La Siria ha una lunga storia di produzione di hashish, ma la droga più strettamente associata alla crisi in corso nel Paese è lo stimolante Captagon, di tipo anfetaminico, poco conosciuto al di fuori del Medio Oriente. Il nome fa riferimento a un farmaco sviluppato negli anni ’60 e prescritto come trattamento per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, narcolessia e depressione. Come le anfetamine e gli altri stimolanti consumati praticamente in tutti i conflitti moderni, questa droga è un fortificante per i combattenti che intraprendono missioni di lunga durata o cercano di bandire la stanchezza tipica degli ambienti di combattimento.

L’exploit del traffico di queste pasticche di stupefacenti nella regione mediorientale si deve principalmente alla fine della produzione di Captagon in Europa, agli inizi degli anni 2000. Così, è stato più facile per i Paesi fragili vicini alla penisola arabica, dove la domanda di anfetamine è importante, sviluppare l’industria di questa droga.

In Libano, dove lo Stato centrale debole si è mostrato incapace di applicare misure contro tali traffici illeciti, la produzione di Captagon si è diffusa rapidamente dagli anni 2000. Si presume che le forze iraniane abbiano avviato l’industria libanese fornendo attrezzature per droghe sintetiche dopo la guerra del luglio 2006. Da lì, lo sviluppo capillare in Siria è stato piuttosto semplice, specialmente nello scenario di devastazione affermatosi con la guerra civile scoppiata nel 2011.

Per comprendere la capillarità odierna del traffico di Captagon in Siria è importante, però, sottolineare un aspetto. Anzi, un momento storico spartiacque del conflitto e cruciale per la radicalizzazione della produzione di droga nel Paese: il 2018. Con il ripristino del controllo del regime sulla maggior parte del territorio siriano in quell’anno, infatti, si è palesato un sostanziale incremento dei flussi di narcotici dalla Siria.

Le intercettazioni di Captagon siriano all’estero sono aumentate notevolmente dal 2018. I narcotici lasciano la Siria diretti verso tre destinazioni principali: il Nord Africa, la penisola arabica e l’Europa. Le prove disponibili indicano che il continente europeo attualmente funga da hub di transito per gli stupefacenti diretti principalmente ai mercati del Medio Oriente e del Nord Africa.

Non solo, è emerso che figure del regime siriano e dei loro alleati regionali erano sempre più coinvolti nel fluido traffico regionale di pasticche. Mentre, in periodi precedenti, il narcotraffico era attribuito a gruppi armati, alcuni dei quali minacciavano esplicitamente lo Stato siriano, dal 2018 il traffico di droga è aumentato poiché i suoi profitti sono diventati un’àncora di salvezza finanziaria fondamentale per il regime di Assad e per i suoi alleati internazionali.

Si presume che Samer Kamal Assad, cugino paterno del presidente, gestisca una delle tante fabbriche di Captagon nel villaggio di al-Basa, a Sud di Latakia. Un’altra industria di pasticche è stata individuata nella regione di Qalamoun, una delle roccaforti del regime, presidiata dalle forze di sicurezza sotto la responsabilità del fratello del presidente, Mahir al-Assad. Quest’ultimo detiene anche il controllo delle città costiere di Latakia e Tartous, che con la loro abbondanza di porti sono da tempo un focolaio di contrabbando di merci illegali in entrata e in uscita dalla Siria. È da questa zona che si ritiene sia partita la spedizione di circa 14 tonnellate di droga Captagon, per un valore stradale di circa 1 miliardo di euro, nascoste all’interno di un container e trovate nel porto di Salerno nel luglio 2020.

Bustine di pasticche Captagon sequestrate nel Sud della Siria nel 2018 – Foto Wikimedia Commons

Come riportato da The Guardian, nell’estate del 2015 un uomo d’affari della provincia siriana di Latakia è stato avvicinato da un potente capo della sicurezza, in cerca di un favore. Il funzionario voleva che il commerciante, un importatore di forniture mediche, acquistasse grandi quantità di un farmaco chiamato fenetillina (componente del Captagon) dall’estero. Il regime, ha detto, avrebbe prontamente acquistato il lotto. Una semplice storia che testimonia il connubio tra commercio di stupefacenti e Governo di Assad. Ormai è fitta e ben intrecciata la rete che lega trafficanti e uomini del regime. La frontiera siriana con il Libano è dominata da un insieme di intoccabili – famiglie criminali, leader di milizie e figure politiche – che hanno formato dei veri e propri cartelli di confine per produrre e distribuire quantità di droghe su scala industriale.

La Siria è considerata attualmente l’epicentro di tale traffico. Nel 2020, le esportazioni di Captagon da Damasco hanno raggiunto un valore di mercato di almeno 3,46 miliardi di dollari. Poiché 5.000 pillole si adattano a una scatola da scarpe del peso di circa 1 kg, le pasticche sono davvero facili da nascondere, anche in grandi volumi. Inoltre, il consumo è diventato comune nella vita quotidiana in tutto il Paese, dove una pillola ha un attuale valore compreso tra 50 centesimi e 1 dollaro nel commercio in strada, secondo fonti locali.

I giovani sono tra i più coinvolti in questo commercio e uso locale e si vantano di tali traffici. Secondo la testimonianza di un’insegnante: “il comportamento degli studenti è cambiato molto, sono diventati aggressivi” e spesso proprio i familiari li spingono a vendere pasticche per guadagnare.

La piaga sociale è gravissima. La crescente pervasività del consumo di droga in Siria sta avendo effetti devastanti. Gli uomini in età militare si sono abituati a stimolanti tra cui il Captagon durante l’ultimo decennio di intensi combattimenti. I narcotici sintetizzati a buon mercato sono ora tra i pochi palliativi a disposizione dei siriani che affrontano una povertà straziante mentre lo Stato crolla intorno a loro.

Un avvocato della magistratura anti-droga siriano ha confessato che il ministero dell’Interno, rappresentato dal Narcotics Control Branch conduce la maggior parte delle sue campagne anti-Captagon contro giovani venditori. Retate su bus o tra i banchi degli ambulanti servono soltanto a far apparire lo Stato in prima linea nella lotta alla droga. In realtà, i trafficanti potenti e vicini al regime restano impuniti e liberi di agire.

In questo modo la Siria è diventata un narco-Stato. A livello locale, varie entità militari con background e affiliazioni diverse sono coinvolte in catene di approvvigionamento, transito e racket. Questi includono divisioni di entità militari nazionali, milizie locali e società di sicurezza private (ad esempio, National Defense Forces, Desert Hawks, Baath Brigades, Saraya Al-Areen) e gruppi armati stranieri di varia affiliazione (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche, Hezbollah e Gruppo Wagner).

Sono ormai superate le ipotesi – circolate per mesi anche tra i media internazionali – del legame stretto tra Stato Islamico e commercio di Captagon siriano. Secondo analisi approfondite, infatti, l’IS è riuscito a costruire un apparato ben finanziato, ma non dal narcotraffico. È stato stimato che i suoi ricavi annuali oscillassero tra 1,2 miliardi di dollari e 2 miliardi di dollari nel picco della sua egemonia. Denaro versato dalla vendita di idrocarburi, estorsioni e racket, tassazione, sequestro di persona a scopo di riscatto, saccheggi e donazioni straniere. Certo, il Captagon è stato probabilmente trafficato anche in aree controllate dallo Stato Islamico in Siria. Tuttavia, ci sono poche prove che gli estremisti islamici abbiano prodotto o venduto le pasticche per finanziarsi. Allo stesso modo, nella misura in cui i combattenti dell’IS hanno consumato Captagon o altri narcotici, probabilmente lo hanno fatto per una scelta personale.

Il quadro è così completato: la Siria rimane in sospeso tra distruzione, povertà e ricchi affari illegali che incrementano i bilanci della famiglia Assad e le rotte della droga.

Violetta Silvestri

Copywriter di professione mantiene viva la passione per il diritto internazionale, la geopolitica e i diritti umani, maturata durante gli studi di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, perché è convinta che la conoscenza sia il primo passo per la giustizia.

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