Angola, ancora proteste contro il carovita e la crisi economica
[Agenda 22 ottobre – 4 novembre 2020. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]
Africa – Angola, scontri tra polizia e manifestanti.
Una nuova ondata di proteste antigovernative ha investito, nel weekend tra il 24 e il 25 ottobre, la capitale angolana Luanda. Il malessere sociale, legato al crescente carovita e alla crisi economica, è stato alimentato da un recente (l’ennesimo) caso di corruzione, che all’inizio del mese ha visto coinvolto Edeltrudes Costa – capo dello staff del presidente dell’Angola – in relazione ad appalti pubblici aggiudicati a sue società. Le manifestazioni di piazza, volte a chiedere anche elezioni amministrative, si sono presto trasformate in violenti scontri tra dimostranti e forze di polizia. Per disperdere la folla sono stati utilizzati gas lacrimogeni e manganelli, dopo l’erezione di barricate lungo le strade e la messa a fuoco della bandiera nazionale. Nel discorso trasmesso sulla televisione di Stato, il segretario del ministero dell’Interno, Salvador Rodrigues, ha reso noto il ferimento di 6 agenti di polizia e l’arresto di oltre 100 persone, molte delle quali appartenenti al principale partito di opposizione, l’UNITA (Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola). Dal canto suo, quest’ultima ha chiesto “il rilascio incondizionato” degli arrestati, denunciando un uso eccessivo della forza per reprimere il dissenso.
Ambiente – Italia, olio di palma e soia per uso energetico: stop del Senato
Palazzo Madama, il 26 ottobre, ha approvato un importante emendamento volto ad anticipare – al 1° gennaio 2023 – la fine degli usi energetici (biodiesel e elettricità) dell’olio di palma e di quello di soia,”in ragione delle evidenze sugli impatti causati in termini di deforestazione” nel mondo. La modifica in questione riguarda l’art. 5, lett. dd), del DDL 1721/20 “Legge di delegazione europea 2020”. E nello specifico si riferisce all’attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che impone l’esclusione dei due olii alimentari dal conteggio delle energie sostenibili e dai relativi sussidi pubblici prima del 2030. Se la proposta dovesse passare anche alla Camera dei Deputati, l’Italia sarebbe il terzo Paese europeo – dopo Francia (2020) e Norvegia (2021) – a centrare l’obiettivo fissato da Bruxelles. L’onorevole ecologista Rossella Muroni, del gruppo “stop palmoil“, ha dichiarato “è una buona notizia per l’ambiente, per il clima, gli oranghi, la biodiversità del Borneo e i contadini sfruttati indonesiani (…). Alla Camera proveremo ad anticipare questo cambiamento a partire dal 2021“. Posizione condivisa anche da Legambiente.
Giustizia sociale – Europa, l’uguaglianza di genere resta un miraggio
“L’Unione Europea – con un punteggio di 67,9 su 100 (dove 1 indica la ‘perfetta ineguaglianza’ e 100 la ‘perfetta eguaglianza’) – è lontana almeno 60 anni dal raggiungimento della completa parità di genere, se non si verificherà un significativo cambio di ritmo“. È questa la conclusione che emerge dal nuovo report dell’Istituto europeo per l’eguaglianza di genere (EIGE), pubblicato il 28 ottobre. Secondo il documento si registra infatti un incremento di 1 solo punto ogni due anni. Dal 2010, “pur procedendo a passo lento, abbiamo registrato costanti sviluppi. Adesso, però, siamo molto preoccupati. La pandemia da coronavirus sta rappresentando una grave minaccia per il progresso della gender equality“, ha precisato Carlien Scheele – Direttrice dell’EIGE. L’Istituto ha elaborato i dati sulla base di 31 indicatori di uguaglianza di genere nell’ambito di sei “domini”: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere, salute. Svezia, Danimarca e Francia mantengono i primi posti. Italia, Lussemburgo e Malta mostrano importanti miglioramenti, guadagnando ciascuno circa 10 punti nell’ultimo decennio. Mentre, Grecia, Ungheria e Romania sono ancora piuttosto indietro rispetto agli altri Stati membri.
Politica internazionale – Afghanistan, mediazione del Qatar nei colloqui di pace
L’agenzia di stampa afghana Khaama Press (KP), l’1 novembre, ha reso noto il raggiungimento di un accordo tra il Governo di Kabul e i Talebani in merito alla mediazione del Qatar nel processo di pace, iniziato a Doha lo scorso 12 settembre e ormai – da diverse settimane – in fase di stallo. Come noto, le parti in causa sono in totale disaccordo rispetto a due questioni fondamentali, che dovrebbero costituire la base dei negoziati in corso. Da un lato, la tipologia di giurisprudenza religiosa da utilizzare. I Talebani ritengono che occorra far riferimento alla giurisprudenza Hanafi, la più antica scuola giuridica dell’Islam sunnita. Dall’altro, sempre i Talebani chiedono il riconoscimento del loro accordo con gli USA. In entrambi i casi, incontrano la ferma opposizione di Kabul. Secondo quanto riportato dalla KP, il Qatar non parteciperà in modo diretto ai colloqui intra-afghani, che rimarranno aperti soltanto ai rappresentanti delle istituzioni afghane e dei Talebani. Ma andrà a consigliare le parti, in separata sede, ogni qualvolta si creeranno differenze di vedute suscettibili di arenare il processo stesso di pace. Oltre al Qatar, i Paesi in lizza per il ruolo di mediatore erano: Uzbekistan, Indonesia, Norvegia, Germania.
Diritti umani – Nagorno-Karabakh, l’ONU denuncia possibili crimini di guerra
Il 2 novembre, Michelle Bachelet – Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani – ha espresso profonda preoccupazione per i continui attacchi indiscriminati condotti da Armenia e Azerbaigian in diverse aree popolate intorno alla zona di conflitto del Nagorno-Karabakh, regione contesa del Caucaso meridionale. I bombardamenti contro i civili e l’utilizzo di armi vietate dalle Convenzioni internazionali non violano soltanto il diritto internazionale umanitario ma, in ragione della loro gravità, potrebbero corrispondere a veri e propri crimini di guerra. “Da quando il conflitto si è riacceso nel mese di settembre – ha dichiarato Bachelet – è stato chiesto più volte a tutte le parti coinvolte di adottare ogni misura necessaria per evitare – o per lo meno ridurre al minimo – la perdita di vite umane e i danni alle infrastrutture civili“, in particolare “scuole e ospedali“. Nonostante gli appelli della comunità internazionale siano finora rimasti inascoltati, Bachelet ha ribadito la necessità di “rispettare il cessate-il-fuoco umanitario” entrato in vigore il 18 ottobre scorso. E ha invitato i belligeranti ad “avviare negoziati per trovare una soluzione pacifica e duratura al conflitto“.