Bielorussia, il regime usa la forza ma il mondo non reagisce
[Traduzione a cura di Gaia Resta dall’articolo originale di Kanstantsin Dzehtsiarou pubblicato su The Conversation]
Dopo un dibattito urgente convocato dall’Unione Europea, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato le violazioni dei diritti umani avvenute in Bielorussia successivamente alle controverse elezioni svoltesi ad agosto. Il 18 settembre scorso, il Consiglio ha varato una risoluzione che ha permesso all’Alto Commissario per i Diritti Umani di approfondire le sue indagini sulla situazione in Bielorussia.
Ciononostante, le organizzazioni internazionali hanno reagito con una lentezza avvilente agli eventi in Bielorussia, dimostrando le difficoltà inerenti all’applicazione dei diritti umani a livello internazionale.
Da quanto risulta, quasi tutti i diritti umani dei cittadini bielorussi sono stati violati dalle autorità nelle ultime settimane. I candidati chiave dell’opposizione che si sono opposti al presidente Alexander Lukashenko sono stati arrestati prima delle votazioni e sono ancora in prigione. Il conteggio dei voti non si è svolto in trasparenza, secondo quanto riportato da alcuni osservatori e, dopo l’annuncio dei risultati definitivi, la protesta di massa ma pacifica dei cittadini è stata repressa con violenza brutale dalla polizia di Stato. L’avversario principale, e l’unico rimasto, di Lukashenko è Svetlana Tikhanovskaya, fuggita in esilio in Lituania con i suoi figli.
Secondo quanto riferito, persone sono state uccise, torturate, stuprate, detenute arbitrariamente e represse nel loro diritto alla privacy e alla libertà di espressione. Internet è stato bloccato per diversi giorni e alcuni giornalisti sono stati arrestati.
Dai tempi della caduta della cortina di ferro, raramente si sono verificate violazioni dei diritti umani di questa portata. Però, la reazione delle istituzioni internazionali ed europee per i diritti umani non sono state proporzionate all’enormità di questa crisi.
Poteri limitati
Sono due gli elementi che ostacolano un’azione internazionale rispetto alle violazioni dei diritti umani. Il primo, le autorità che violano i diritti umani devono accettare di essere controllate da enti internazionali e di invitare nel Paese gli osservatori. Questo raramente accade nel bel mezzo di una crisi dei diritti umani, e anche se un’organizzazione si trova già all’interno del Paese, può essere allontanata alquanto facilmente.
Nel 2010, dopo che l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) aveva criticato i risultati di una precedente elezione in Bielorussia, la sua sede in loco venne chiusa. A metà settembre, a oltre un mese di distanza dalle elezioni più recenti, l’OSCE ha inviato in missione degli esperti per approfondire la situazione dei diritti umani in Bielorussia. Ma è improbabile che le autorità del Paese collaboreranno.
Il secondo elemento è che la realtà politica si traduce difficilmente in consenso. Le più brutali violazioni dei diritti umani possono essere impedite con la forza dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti ma i suoi cinque membri permanenti (Russia, Cina, Francia, Stati Uniti e Regno Unito) devono concordare sulle azioni da intraprendere. Nel caso della Bielorussia, questo è praticamente impossibile. Le autorità russe e cinesi sono considerate alleati di Lukashenko che quindi, inevitabilmente, bloccherebbero qualsiasi azione immediata a tutela dei diritti umani in Bielorussia. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso la situazione alla fine di agosto, ma non è stata intrapresa alcuna azione.
Il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, e altri funzionari incluso l’inviato speciale dell’ONU in Bielorussia, Anaïs Marin, hanno espresso preoccupazione per quanto sta accadendo. Ad Anaïs Marin, però, non è tuttora concesso l’ingresso in Bielorussia.
In Europa reazioni diverse
La Bielorussia è un Paese europeo e, sebbene non sia membro dell’Unione Europea, l’interesse dell’UE verso quanto sta accadendo è del tutto legittimo in quanto la Bielorussia confina con Paesi membri quali la Polonia, la Lituania e la Lettonia.
L’UE non ha riconosciuto il risultato delle elezioni e ha condannato le violazioni dei diritti umani che sono state denunciate. L’Unione Europea sta cercando di imporre delle sanzioni agli alti funzionari bielorussi responsabili di crimini e abusi contro i diritti umani. Ma finora la delegazione cipriota ha bloccato le sanzioni, cercando di volgere la situazione a proprio vantaggio per imporre a sua volta delle sanzioni alla Turchia.
Che dire del Consiglio Europeo, l’organizzazione fondata per promuovere i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto? Anche se la Bielorussia non è un Paese membro, la collaborazione con il Consiglio si era intensificata nel corso dell’ultimo decennio, tanto è vero che il Consiglio ha un ufficio informazioni nel Paese. Il Segretario Generale del Consiglio, Marija Pejčinović Burić, ha inizialmente reagito ai disordini con toni pacati; a metà settembre ha invece dichiarato che l’intimidazione di massa dei cittadini fosse “totalmente inaccettabile e da fermare“. Il 21 settembre il Commissario per i diritti umani del Consiglio, Dunja Mijatović, ha condannato in un comunicato le violazioni dei diritti umani e ha detto “che non può esserci pace senza giustizia e reale rispetto per i diritti umani“.
Intanto, l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa costituita da tutti i 47 Stati membri, è stata più proattiva. Ha pianificato per la prossima sessione la discussione di una mozione per creare un organismo che indaghi sul maltrattamento dei cittadini bielorussi. Se la mozione sarà approvata, anche se non avrà un impatto immediato sulla situazione, invierà un chiaro messaggio: coloro che violano i diritti umani verranno identificati. L’assemblea dovrebbe coordinarsi con l’OSCE, in quanto le azioni comuni sono sempre più efficaci.
Sono numerose le azioni che le organizzazioni internazionali potrebbero intraprendere a sostegno dei diritti umani in Bielorussia. Tra queste, l’introduzione di un tribunale in grado di indagare sui reati di tortura, l’imposizione di sanzioni multiple e mirate o l’avvio di indagini sulle aziende che collaborano e vendono equipaggiamento militare e per la polizia al regime bielorusso. Perché tutto questo diventi realtà sono necessarie una ferma volontà politica e una sincera convinzione dell’imprescindibilità dei diritti umani.