Infanzia, il vergognoso uso del corpo infantile sessualizzato

Nel mondo distratto dai guai della pandemia di COVID-19, nelle ultime settimane sono accaduti alcuni fatti che molto raccontano della deriva sociale ed educativa alla quale stiamo assistendo ormai da anni.

I riflettori, infatti, si sono riaccesi su un fenomeno socio-culturale-pedagogico non affatto nuovo: la precoce sessualizzazione delle bambine e delle adolescenti.

Di cosa stiamo parlando? Non di sessualità sana, aspetto naturale della salute fisica e mentale, fondamentale per sviluppare il senso di intimità e di rispetto reciproco in una coppia. Con la sessualizzazione, invece, ci si riferisce alla tendenza a dare valore a una persona esclusivamente in base al suo fascino o comportamento sessuale, mettendo da parte altre caratteristiche.

Si tratta di un trend pericoloso e piuttosto diffuso, ormai da decenni. A mostrarsi sexy sono delle bambine, in un’innaturale ostentazione del corpo, della bellezza fisica, di pose e atteggiamenti sensuali.

Una deriva grave non solo dell’evoluzione infantile e a livello psicologico, ma anche sul piano della violazione dei diritti infantili.

Ritrovandosi a fare gli adulti troppo in fretta, forzando le tappe di crescita, i bambini rischiano di camminare su quel terreno scivoloso che avvicina alla pedofilia e alla pedopornografia.

Per attualizzare questo argomento, basterà accennare ad alcuni episodi che si sono verificati quest’estate.

All’inizio di agosto, un noto brand automobilistico ha diffuso una pubblicità con una bambina in occhiali da sole che disinvolta mangia una banana appoggiata al veicolo. Questo lo slogan: “Lascia che il tuo cuore batta più forte, sotto ogni aspetto”. La pubblicità è stata criticata per evidenti richiami alla sensualità e ad atteggiamenti provocanti propri di una sessualità adulta.

Inoltre, in vista della Mostra del Cinema di Venezia, un’emittente televisiva ha mandato in onda uno spot del concorso con la scena di una bambina in biancheria intima che cammina in una stanza. Questo il messaggio di accompagnamento: “il festival è donna“.

Altro episodio riguarda il Festival della bellezza di Verona. Come immagine di cartellone ha utilizzato un’opera in cui è ritratta una fanciulla, intitolata “Ragazza con abito di api”. L’autrice della creazione ne ha denunciato l’uso senza autorizzazione, mostrando disappunto sull’accostamento di una ragazza acerba con una manifestazione che ha come unico intento quello di approfondire i temi eros e bellezza (tra l’altro con interlocutori esclusivamente di sesso maschile).

Ogni anno, inoltre, si ripete il vergognoso spettacolo di bambine in bikini in pose seducenti messe in mostra nella fiera delle auto di lusso di Wuhan, Cina.

Uno show che già da diverse edizioni suscita indignazione per lo sfruttamento di minori di appena 5-6 anni in una vetrina del corpo femminile sessualizzato.

E poi, la più recente: la polemica sul film “Cuties“, conosciuto anche come “Mignonnes”.

Si tratta della pellicola della regista francese di origine senegalese, Maïmouna Doucouré, che ha fatto scalpore. Il tema è ben presentato nella locandina di Netflix, distributore del film.

In primo piano bambine disinvolte in pose ammiccanti, con abitini succinti e pronte a ballare: la trama (dove se ne incrociano altre sull’identità e le tradizioni senegalesi) riguarda proprio la precoce sessualizzazione delle ragazzine.

Per questo film Netflix è stato accusato di pedopornografia.

Locandina “Cuties” diffusa da Netflix, dalla pagina Facebook ufficiale

Il tema, condito con le polemiche di turno, è balzato sotto i riflettori di alcuni media. Interessante il commento dell’autrice: “Non vedo l’ora di vedere la loro reazione quando si renderanno conto che siamo entrambi dalla stessa parte di questa lotta contro l’ipersessualizzazione dei bambini piccoli“.

La regista ha deciso di trattare il tema quando, durante una festa di quartiere, ha assistito a un balletto eseguito da un gruppo di ragazzine di circa 11 anni. La donna è rimasta colpita dalla coreografia: movimenti sensuali e provocanti, messi in mostra in abiti che nell’immaginario collettivo sono considerati sexy. Il tutto, però, espresso da un gruppo di preadolescenti.

Uno stimolo, questo, a indagare sul fenomeno che l’ha portata a realizzare la pellicola. La riflessione della regista introduce la questione:

Le nostre ragazze sono convinte che più una donna è sessualizzata sui social media, più ha successo. E questo è pericoloso“.

Il film ha acceso i riflettori anche sul fenomeno ormai virale tra le ragazzine del ballo twerking, letteralmente movimento del sedere. Anche in Italia ci sono scuole di ballo che lo propongono tra i loro corsi, con adolescenti divertite e pronte a postare sui social i video delle loro ammiccanti coreografie.

Il dibattito sul fenomeno in realtà porta indietro negli anni. I primi segnali di questa sessualizzazione innaturale di bambine si sono palesati negli Stati Uniti.

Qui già negli anni ’60 sono iniziati i concorsi di bellezza per ragazze di età inferiore ai 17 anni. Da allora, non si sono più fermati, moltiplicando sfilate, eventi, performance di minori truccate  di tutto punto, pronte ad essere giudicate per il loro aspetto fisico.

Oggi il concorso Child Beauty Pageants è considerato un’istituzione americana e il suo modello si è diffuso in tutto il mondo. Non solo, da questa moda sono scaturite altre tendenze a dir poco discutibili, come quella del Glitz Pageants.

Vincitrice Little Miss Michigan, 2009. Flickr Creative Commons - The Toad
Vincitrice Little Miss Michigan, 2009. Flickr Creative Commons – The Toad

Lo scopo è trasformare bambine in donne adulte seducenti, attraverso una totale cancellazione di tutto ciò che è bellezza naturale della persona.

In uno dei tanti siti sull’argomento – vere e proprie guide – che si trovano sul web, si legge che:

I Glitz Pageants si concentrano molto più sulla bellezza artificiale, consentendo alle giovani concorrenti di indossare extension o parrucche; di truccarsi in modo pesante e vistoso; di utilizzare ciglia, unghie e denti finti oltre che abbronzanti spray e lenti a contatto colorate; di camminare in tacchi altissimi. Questi concorsi sono spesso molto costosi, con quote di iscrizione che vanno da $ 50 a $ 500. Gli abiti cupcake, in stile sfarzoso, possono costare anche $ 5.000.

Da questa tendenza ormai radicata, sono scaturiti anche reality show come Toddlers & Tiaras, Here Comes Honey Boo Boo, Cheer Perfection, nei quali venivano seguite e mostrate famiglie intente a preparare le loro figlie minorenni a vincere concorsi di bellezza. I programmi hanno suscitato critiche e dopo diverse edizioni non sono stati riproposti.

Non ci sono soltanto gli Stati Uniti nella rete di questa sessualizzazione precoce di bambine.

Anche in Italia fioccano esempi di contesti in cui minorenni molto piccoli sono introdotti nelle “giostre” di concorsi e sfilate.

Mister e Miss Italia Baby, Baby Model, (il cui sito propone la scheda di ogni bambino, con tanto di foto in posa e caratteristiche fisiche), Miss Spettacolo sono solo alcuni esempi di concorsi diffusi in tutto il Paese, con lo scopo di premiare piccoli belli, ben vestiti, truccati, pronti a fare pubblicità con agenzie di marketing agguerrite.

Bambine italiane pronte a sfilare a Pitti Bimbo, Foto dalla pagina ufficiale Facebook Pitti
Bambine pronte a sfilare a Pitti Bimbo, Foto dalla pagina ufficiale Facebook Pitti

E poi c’è il business delle sfilate di moda di bambini, denunciato anche nel libro di Flavia Piccinini “Bellissime”, dove lo sguardo si posa sull’evento Pitti Moda dei piccoli, dal valore di 2,7 miliardi di euro e con pochissime tutele dei piccoli modelli.

Perché c’è allarme su questi fenomeni? Lo psicoterapeuta Pellai ha dato questa risposta:

Una delle cose che le nostre figlie imparano fin da piccole è che mostrarsi sexy, ammiccanti, puntare sul proprio aspetto fisico e sulla propria immagine è la chiave di successo per garantirsi un futuro in tutti i settori della vita: amore, amicizia e professione. Crescere in un mondo ipersessualizzato e che fornisce un unico modello di femminilità di successo tutto concentrato sull’apparire sexy e seducenti, produce numerose conseguenze ed effetti collaterali nel percorso di crescita.

Una riflessione che trova radice in diverse considerazioni. L’esperta sottolinea che la rivoluzione nell’uso dei media e nella disponibilità dei contenuti web, così facilmente fruibili anche per i minorenni, ha avuto i suoi effetti. “L’accumulo di immagini e contenuti a tema sessuale ha normalizzato nella vita dei giovanissimi una percezione francamente sessualizzata dell’esistenza”.

Le conseguenze sono evidenti addirittura a livello cerebrale. Si è incentivata in tempi precoci rispetto al ciclo naturale la stimolazione di gonadotropine da parte di ipotalamo e ipofisi, attivando la secrezione di ormoni chiamati a stimolare gli organi sessuali.

Sul tema è stata illuminante la ricerca del 2007 di APA, American Psychological Association, considerata un riferimento prezioso per gli studiosi del settore, nonostante siano passati più di 10 anni dalla sua pubblicazione. Da questo studio è emersa innanzitutto la definizione di sessualizzazione, che si verifica quando si esplicita almeno una di queste tendenze

il valore di una persona deriva solo dal suo fascino sessuale ad esclusione di altre caratteristiche; una persona è conforme ad un modo di pensare che equipara l’attrattiva fisica con l’essere sexy; una persona è considerata un oggetto sessuale, ovvero destinata ad essere usata da altri come tale; la sessualità è imposta ad una persona in modo inappropriato.

Come sottolineato dallo studio, la quarta condizione (l’imposizione inappropriata della sessualità) è particolarmente rilevante per i bambini: chiunque può essere sessualizzato. Ma quando i bambini sono intrisi di sessualità adulta, questo avviene per imposizione, non per una autonoma e libera scelta.

Senza scomodare subito i media, social e tv in primis, la ricerca ha messo in evidenza alcuni esempi più banali nei quali scorgere i segnali della sessualizzazione precoce:

Immagina una bambina di 5 anni che cammina in un centro commerciale e indossa una maglietta corta con la scritta “Flirt“. Considera le istruzioni fornite nelle riviste a ragazze preadolescenti su come apparire sexy e ottenere un fidanzato perdendo 10 chili e sistemandosi nel modo giusto i capelli. Pensa ai cartelloni pubblicitari che ritraggono le donne come bambine in pose sessuali adulte.

A tutto questo si aggiunge il ruolo ormai preponderante dei media nella vita degli adolescenti. I canali mediatici e il marketing continuano a presentare in modo sproporzionato gli adolescenti, le ragazze e le donne adulte in modi sessualizzati e oggettivati. Questo vale per la televisione, i film, i videogiochi, i video musicali, le riviste, i giocattoli, addirittura i costumi per travestimenti in occasione di Halloween.

Quando i temi sessuali sono così semplificati nei media, generano spesso risposte problematiche negli adolescenti, che da lì attingono per avere le principali – e fuorvianti – informazioni sessuali.

Le conseguenze di tale complesso fenomeno sono soprattutto psicologiche e sociali. Disturbi alimentari, scarsa autostima e tendenza alla depressione sono tra le più comuni conseguenze che le ragazze subiscono nella loro crescita, a seguito di atteggiamenti ipersessualizzati.

Nello specifico, l’attenzione eccessiva per il corpo e l’insoddisfazione correlata sono in genere misurazioni a cui i ricercatori collegano potenziali disturbi alimentari e depressivi.

Diversi studi documentano il collegamento tra l’esposizione ai media “sessualizzanti” e le preoccupazioni per il proprio corpo. Da questo eccessivo stimolo, crescono sentimenti di vergogna, ansia da apparenza, insoddisfazione corporea, bassa autostima.

Il danno, già grave, è ancora più allarmante, come suggerisce sempre Pellai, se si considera che queste donne saranno più inclini a sviluppare una visione stereotipata della femminilità, andando incontro a maggiori rischi di sfruttamento violento.

C’è poi l’aspetto legale della protezione dei bambini dai pericoli di violazioni dei loro diritti. Concorsi di bellezza, sfilate di moda, pubblicità, talent show non sono abbstanza regolarizzati e tutelati dalla legge, sfociando spesso in sfruttamento e aumentando i rischi di pedofilia e pedopornografia.

Il Consiglio d’Europa, al riguardo, ha spinto gli Stati membri ad agire in fretta, con una risoluzione del 2016, nella quale si legge:

Il fenomeno del sexting (la condivisione di immagini sessualmente esplicite mediante dispositivi mobili o altri mezzi su internet) è dilagato in tutte le scuole d’Europa, causando spesso gravi traumi psicologici. Ma questo è solo un esempio delle pressioni sessuali subdole ed esplicite alle quali sono esposti i bambini di oggi in un ambiente caratterizzato da un’eccessiva sessualizzazione.

La nota ufficiale europea ha insistito su quanto sia nociva questa tendenza per lo sviluppo del benessere, di relazioni sane, di pari opportunità e di un buon rendimento scolastico. Il rischio estremo è la violenza sessuale e segni irreparabili sulla salute mentale.

L’allarme è stato lanciato anche da alcuni enti no-profit, come Terres des hommes, che hanno richiamato i diritti dell’infanzia con progetti quali la Carta di Milano. Qui si legge che:

La comunicazione deve tenere conto delle differenti età dei bambini e delle bambine coinvolti rispettandone la naturale evoluzione. Non bisogna rappresentarli in comportamenti, atteggiamenti e pose inadeguati alla loro età e comunque non corrispondenti al loro sviluppo psichico, fisico ed emotivo. Ogni precoce erotizzazione dei bambini e delle bambine va bandita dalla comunicazione.

Finora, tali richiami non hanno avuto esiti significativi e l’infanzia rischia violazioni sempre più gravi.

Violetta Silvestri

Copywriter di professione mantiene viva la passione per il diritto internazionale, la geopolitica e i diritti umani, maturata durante gli studi di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, perché è convinta che la conoscenza sia il primo passo per la giustizia.

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