[Traduzione a cura di Davide Galati dall’articolo originale di Joelien Pretorius pubblicato su The Conversation]
Quest’anno ricorre il 75° anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, condotto dagli Stati Uniti nel 1945, unica volta nella Storia in cui sono state usate bombe nucleari.
Le bombe atomiche uccisero all’istante decine di migliaia di persone, e molte altre soccombettero a ferite orribili o malattie da radiazioni giorni, settimane, mesi o anni dopo. Le generazioni successive, nate dai sopravvissuti, hanno molto spesso subito difetti alla nascita. Le due città sono state praticamente rase al suolo.
Per alcuni, le armi nucleari rappresentano un male necessario che ha posto fine alla Seconda Guerra Mondiale e da allora hanno impedito alle grandi potenze di ripetere simili massacri. Per altri, questi armamenti rappresentano un basso punto morale della storia umana, rientrando nella stessa categoria della schiavitù. Per chi la pensa in questo modo, l’unica soluzione è abolirli.
Ci sono almeno due tradizioni del pensiero africano sulle armi nucleari, riconducibili ai loro esponenti più accesi: Kwame Nkrumah, il primo presidente del Ghana indipendente, e Ali Mazrui, eminente studioso kenyota.
Sia Nkrumah che Mazrui hanno associato le armi nucleari all’imperialismo e al razzismo, ma hanno proposto approcci diversi per affrontare il problema. Quello di Nkrumah era un approccio abolizionista non violento. Ha sostenuto la non-proliferazione nucleare e il disarmo e ha visto nell’imperialismo nucleare l’occasione per lo sfruttamento di Stati più piccoli, popolazioni e territori indigeni per test nucleari e l’estrazione di uranio.
Mazrui, dal canto suo, ha sostenuto la proliferazione nucleare prima che potesse aver luogo il disarmo nucleare. La sua opinione era che la politica dominante nei confronti delle armi nucleari offrisse ad alcuni Stati il privilegio politico di averle, mentre negava questo diritto ad altri. Era ciò che lui chiamava imperialismo nucleare.
L’approccio di Nkrumah è probabilmente diventato l‘approccio africano alle armi nucleari. In qualità di membro di spicco del Movimento dei Paesi non allineati, la partecipazione dell’Africa all’ordine nucleare globale è stata diretta nel senso del perseguimento del disarmo nucleare. Nell’area continentale, il raggiungimento di un trattato sulla zona franca africana nel 2009 è stata una diretta conseguenza dell’approccio di Nkrumah.
L’approccio di Mazrui non ha mai avuto molto riconoscimento a livello ufficiale.
Personalmente sostengo che per porre fine all’imperialismo nucleare gli Stati africani debbano riconciliare gli approcci di Nkrumah e Mazrui alle armi atomiche.
Conciliare i due approcci
Affrontare l’imperialismo nucleare richiederebbe ai Paesi africani di firmare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, o Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, del 2017. Tale trattato è un primo passo verso l’eliminazione delle armi stesse e dei sistemi di controllo e sfruttamento che le rendono possibili. Gli Stati africani hanno partecipato al processo del trattato. Più di 20 lo hanno firmato e cinque lo hanno finora ratificato.
Richiederebbe inoltre agli Stati africani di ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare (1968). Tutti i Paesi africani sono attualmente membri di questo trattato. Ma, dopo 50 anni di esistenza, ci sono poche speranze che possa produrre un vero disarmo nucleare .
Riconciliare l’idealismo di Nkrumah e il realismo di Mazrui ci aiuta a vedere questi trattati per quello che sono: il Trattato per la messa al bando si basa su preoccupazioni umanitarie e sull’uguaglianza tra gli Stati; il Trattato di non proliferazione legalizza indefinitamente l’egemonia nucleare di alcune nazioni.
È tempo che gli Stati africani guidino il processo di creazione di un nuovo ordine non nucleare.
Due diversi punti di vista
Internazionalista e panafricano, Nkrumah vedeva nell’abolizione la risposta alle armi nucleari. Le vedeva come la “spada di Damocle” sospesa sull’umanità. Appartenente al movimento per la pace globale dell’epoca, sostenne l'”azione positiva” – un movimento di non violenza ispirato a Gandhi. Partecipò e ospitò diverse conferenze con un’agenda anti-nucleare, tra cui un’assemblea nel 1962 sul tema “Un mondo senza la bomba” .
Sebbene molti Africani abbiano perso la fiducia nel valore della non violenza e abbiano preferito una soluzione militare all’imperialismo, l’approccio di Nkrumah alle armi nucleari non è svanito. Era mescolato con la posizione adottata dal Movimento dei Paesi non allineati, ed era la posizione adottata dall’African National Congress in Sudafrica nel 1994.
Da parte sua, Mazrui pensava che gli Stati africani non avrebbero dovuto perseguire una zona libera dalle armi nucleari e avrebbero dovuto abbandonare il Trattato di non proliferazione nucleare.
Il trattato era considerato un accordo storico sul controllo degli armamenti tra i cinque Stati che avevano testato le armi nucleari entro il 1967 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina) e gli Stati non-nucleari. Gli Stati privi di armi atomiche hanno concordato di non acquisirle in cambio dell’accesso a una tecnologia nucleare pacifica, mentre gli Stati dotati di armi nucleari hanno deciso di rinunciarvi in una data non specificata in futuro.
Mazrui vedeva il Trattato di non proliferazione come una trappola che sapeva di razzismo, dove le grandi potenze dicevano che “questa o quell’arma non è per africani e bambini sotto i 16 anni” .
Mazrui sosteneva quindi “la proliferazione nucleare come l’unico percorso realistico per il disarmo nucleare”. Questa era una totale inversione del consenso occidentale.
Opportunità sprecate
Le cinque potenze nucleari hanno sprecato molte opportunità per negoziare il disarmo nucleare a cui le vincola il Trattato di non proliferazione vecchio di 50 anni. Invece, i trattati chiave sul controllo delle armi nucleari sono stati scartati e tutti gli Stati dotati di armi nucleari stanno modernizzando i loro arsenali.
Il trattato non ha nemmeno fermato la proliferazione: da allora altri quattro Paesi hanno acquisito le armi nucleari: Israele, India, Pakistan e Corea del Nord.
Mazrui aveva ragione. In pratica, il trattato è al massimo un trattato sullo status quo che è arrivato a legalizzare un piccolo club in grado di brandire armi nucleari – quello che l’India chiama apartheid nucleare .
Il trattato non riguarda solo la separazione degli Stati in ricchi e poveri; è anche un bastone per sottomettere i non abbienti.
Nella guerra in Iraq del 2003 gli Stati Uniti usarono l’arresto della proliferazione nucleare come una falsa premessa per giustificare la guerra contro quel Paese, e oggi stanno facendo lo stesso per sanzionare l’Iran. Gli Stati senza armi nucleari hanno accettato il Trattato di non proliferazione nella speranza che avrebbe prodotto un mondo senza armi nucleari, ma ciò non è accaduto e la loro pazienza si sta esaurendo.
Gli sforzi della maggior parte degli Stati che sono usciti dal forum del Trattato di non proliferazione per negoziare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari tre anni fa, per rendere le armi nucleari illegali per tutti, senza eccezioni, devono avere successo. Il Trattato sul bando entrerà in vigore quando 50 Stati lo avranno ratificato. Il numero attualmente è di 40.
Il Trattato sul bando degli armamenti è stato possibile solo grazie a un’ampia coalizione internazionale che sottolineava le inaccettabili conseguenze umanitarie delle armi nucleari.
Per porre fine all’imperialismo nucleare, gli Stati africani devono riconciliare gli approcci di Nkrumah e Mazrui non solo aderendo al Trattato sul bando, ma anche ritirandosi da quello di non proliferazione. Questo darà il segnale che gli Stati africani parteciperanno da pari a pari alla governance nucleare globale solo quando queste armi saranno illegali per tutti.