21 Novembre 2024

Bacino del Nilo, il surriscaldamento riduce e “agita” le acque

[Traduzione a cura di Rosamaria Castrovinci dall’articolo originale di Ethan D. Coffel e Justin S. Mankin pubblicato su The Conversation]

Egypt River Nile
Foto dell’utente Flickr Michael Gwyther-Jones – Licenza Creative Commons

Il Nilo è notoriamente il fiume più lungo del mondo. Attraversa 11 Paesi dell’Africa e il suo bacino copre circa 3 milioni di km², pari quasi al 10% della massa terrestre del continente. In Etiopia, Uganda, Sudan, Sudan del Sud ed Egitto oltre 250 milioni di persone dipendono dalle sue acque.

Quasi tutte le piogge che alimentano i suoi due principali affluenti – Nilo Blu e Nilo Bianco – cadono nel bacino superiore del fiume, situato nel Sudan del Sud, in Etiopia occidentale e Uganda. Mentre il bacino inferiore riceve pochissime precipitazioni e i Paesi che attraversa – Sudan ed Egitto – dipendono fortemente dalle sue acque.

Le proiezioni climatiche indicano che, entro la fine del secolo, la quantità di pioggia nel bacino superiore del Nilo potrebbe aumentare fino al 20%. Tuttavia, un nuovo documento mostra che, nonostante le precipitazioni più intense, i periodi di caldo e siccità devastanti saranno sempre più frequenti.

Inoltre, queste nuove condizioni climatiche andranno di pari passo con la rapida crescita demografica della regione, che dovrebbe raddoppiare entro la metà di questo secolo. Aumenterà, quindi, la carenza idrica nell’area a prescindere dal volume delle precipitazioni.

Attualmente, circa il 10% della popolazione del bacino fa già i conti con la carenza di acqua cronica dovuta all’aridità stagionale e al forte squilibrio nella distribuzione delle risorse idriche. Secondo la nostra ricerca, entro il 2040 – tenuto conto delle temperature medie e pioggie annuali – la percentuale di popolazione che si troverà a dover affrontare la penuria di acqua potrebbe raggiungere il 35%. Si tratta di oltre 80 milioni di persone che non avranno acqua a sufficienza per le necessità della loro vita quotidiana.

Il caldo e la siccità peggioreranno la situazione mettendo in ginocchio le colture e riducendo l’energia idroelettrica. A causa delle condizioni climatiche diminuirà l’acqua disponibile per le persone e l’industria, finendo con l’accrescere le tensioni in merito alla distribuzione delle risorse idriche regionali. Entro il 2040, anche un solo anno caldo e arido potrebbe condurre oltre il 45% delle persone che vivono nel bacino del Nilo – quasi 110 milioni di persone – alla carenza idrica.

È importante constatare che anche al netto di questi sviluppi climatici, la crescita della popolazione potrebbe comunque condurre alla scarsità idrica nelle zone dell’Alto Nilo. Il deficit di acqua nei fiumi e nei torrenti, dovuto al caldo e alla siccità, andrà “solo” ad amplificare il problema. Di conseguenza, una fetta di popolazione futura dell’Alto Nilo, dal 5% al 15%, dovrà fronteggiare l’insufficienza di acqua negli anni caldi e aridi.

Questi cambiamenti climatici e demografici si prospettano su un panorama socioeconomico e politico già complesso e teso.

Gli 11 Stati riviareschi si contendono l’acqua del fiume. I Paesi a valle dell’Egitto e del Sudan cercano di affermare il proprio controllo sul flusso del Nilo. Mentre quelli a monte vogliono assicurarsi l’acqua per il loro benessere. Tutto ciò, associato alla forte dipendenza della regione dall’agricoltura di sussistenza e all’instabilità politica, mette a rischio di gravi insufficienze di cibo e acqua.

Anni più caldi e secchi

Per la nostra ricerca, abbiamo voluto capire quanto più frequenti potrebbero diventare gli anni caldi e secchi nonostante il leggero aumento delle precipitazioni complessive.

Per fare questo abbiamo esaminato storicamente le tendenze climatiche nel bacino del Nilo superiore, usando otto serie di dati di osservazione che hanno registrato precipitazioni e temperature tra il 1961 e il 2005. Abbiamo inoltre utilizzato dei modelli climatici per stimare in che modo cambieranno la temperatura e le precipitazioni nel corso del rimanente secolo.

I nostri risultati mostrano che gli anni caldi e secchi, nel bacino dell’Alto Nilo, sono diventati più comuni negli ultimi quattro decenni e la tendenza è destinata a continuare. Queste condizioni di caldo e siccità saranno simili a quelle che negli ultimi decenni hanno provocato la perdita dei raccolti, la scarsità di cibo e le crisi umanitarie nella regione.

Presumibilmente, per la fine del XXI secolo, la frequenza di questi anni caldi e secchi potrebbe crescere all’interno di un fattore compreso tra 1,5 e 3. In passato, i periodi caldi e secchi si sono verificati circa una volta ogni 20 anni. Una maggiore ciclicità significa che una fase con queste caratteristiche climatiche potrebbe verificarsi ogni sei/dieci anni, diventando un’esperienza “normale” per i popoli della regione.

Oltre alla frequenza sarà maggiore anche l’intensità del caldo con temperature suscettibili di aumentare dai 2°C ai 6°C, provocando picchi di stress a persone, animali e colture più di quanto accada oggi.

Abbiamo stimato il numero di persone che si troveranno ad affrontare la scarsità d’acqua attraverso il confronto tra deflusso totale (quantità di acqua in torrenti e fiumi) disponibile per il consumo umano e quantità di acqua necessaria ad ogni persona per sosddisfare le esigenze basilari. Da questo confronto emerge che – aumentando la popolazione e la frequenza di anni caldi e secchi –  l’approvvigionamento idrico totale sarà di gran lunga inferiore ai bisogni della regione. Il piccolo aumento di precipitazioni non potrà supplire alla progressiva mancanza di acqua.

Cause: cosa sta provocando tutto questo?

Il bacino del Nilo, come il resto del mondo, sta subendo un processo di surriscaldamento a causa dell’aumento delle concentrazioni globali di gas a effetto serra. Poiché l’aumento previsto delle precipitazioni nella regione è molto leggero, la frequenza degli anni secchi non cambierà in modo significativo. Tuttavia, il fatto che ci sarà un aumento delle temperature significa che gli anni di siccità saranno anche molto caldi.

Ad aggravare la siccità sarà, inoltre, un aumento previsto delle variazioni annuali delle precipitazioni, che può essere dovuto alla prevista intensificazione dei cicli di El Niño (fase calda) e La Niña (fase fredda). Tali cicli determinano il cosiddetto “colpo di frusta” climatico, caratterizzato dal rapido alternarsi di anni estremamente umidi con quelli secchi (un clima caldo in parte spiega entrambi: un’atmosfera più calda contiene più acqua, portando a precipitazioni più intense, ma aumenta anche il rischio di siccità).

Cosa si può fare

Una delle priorità fondamentali è garantire cibo e acqua in modo più equo per tutti. Nonostante ci siano in media abbastanza cibo e acqua, molte persone non possono permetterseli o accedervi. Questa situazione è destinata a peggiorare.

Gli Stati del bacino dovrebbero creare tra di loro un sistema più equo di distribuzione dell’acqua, che tenga conto non solo dei “diritti storici” – a titolo esemplificativo, le annose richieste dell’Egitto per i due terzi del flusso del Nilo – ma anche delle esigenze di Paesi come il Sudan del Sud e l’Etiopia. La costruzione delle loro economie, infatti, richiede una certà disponibilità di acqua.

I vertici delle cooperative per la condivisione dell’acqua all’interno del bacino potrebbero contribuire a impedire situazioni conflittuali. Per esempio, l’Etiopia sta attualmente costruendo la Grande Diga Rinascimento sul Nilo Blu. In mancanza di istituzioni regionali capaci di fornire garanzie politiche e giuridiche sul corretto utilizzo delle risorse idriche, la realizzazione dell’infrastruttura sta suscitando preoccupazione in Egitto proprio poichè potrebbe determinare un’ulteriore riduzione dell’acqua disponibile per l’irrigazione dei campi.

L’acqua risulta essere spesso motivo di conflitto. Ma, come nel caso di Israele e Giordania, può anche essere un mezzo per la cooperazione che spinge gli Stati al tavolo dei negoziati. In un futuro con più persone e meno acqua, i Paesi del bacino del Nilo dovranno lavorare insieme per garantire il miglior utilizzo delle risorse idiriche. Così da essere in grado di raccogliere e immagazzinare le precipitazioni negli anni umidi e a rischio di alluvioni, nonchè  ridistribuire equamente quell’acqua negli anni secchi.

Se i Governi della regione non apriranno alla collaborazione reciproca, le conseguenze per i loro popoli potrebbero essere catastrofiche.

Rosamaria Castrovinci

Laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito la magistrale in Metodi e Linguaggi del Giornalismo con una tesi dedicata all'emigrazione italiana in Australia. Speaker radiofonica e redattrice, è siciliana ma da 3 anni è approdata a Venezia, dove lavora nell'ambito museale.

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