Bosnia, la politica continua a negare il genocidio di Srebrenica
[Agenda 23 gennaio – 5 febbraio 2020. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]
Politica internazionale – La difficile riconciliazione nazionale in Bosnia-Erzegovina
La Camera bassa del Parlamento bosniaco, il 23 gennaio, ha respinto (con 9 voti contrari e 5 favorevoli) la proposta di legge volta a vietare la negazione del genocidio di Srebrenica. Il disegno di legge mirava a introdurre nel codice penale il reato di negazionismo e quello di glorificazione dei criminali di guerra. Una proposta simile era già stata presentata senza successo, nel 2017, dal deputato del partito social-democratico (SDP) Denis Bećirović con l’intento di “contribuire a creare un clima di giustizia e solidarietà con le vittime“. I serbi bosniaci, politici compresi, continuano infatti a credere che il massacro di Srebrenica del 1995 non sia stato genocidio. La legge sarebbe stata “un passo storico verso la piena riconciliazione nazionale“, ha detto il suo promotore Zlatko Miletić, deputato del Fronte Democratico (DF). Le associazioni delle vittime hanno sostenuto l’iniziativa legislativa. Sono preoccupate tra l’altro dal crescente nazionalismo serbo che si sta diffondendo nel Paese anche tra le nuove generazioni. Intanto, l’Alto Rappresentante per la Bosnia-Erzegovina, Valentin Inzk, ha annunciato che imporrà il divieto sul negazionismo ove il Parlamento continuasse a bocciare la legge.
Diritti umani – Un film racconta le purghe degli omosessuali in Cecenia
Il 26 gennaio, è stato presentato al Sundance Festival il documentario del giornalista d’inchiesta David France dal titolo ” Welcome to Chechnya“. Al centro della pellicola il lavoro di un gruppo di attivisti russi che, nel corso del 2017, mette a rischio la propria vita pur di far evacuare dal Paese quante più persone LGBTQ possibile e salvarle così dalla folle operazione “ cleanse the blood” (purificare il sangue) messa in atto dalle autorità cecena. Il pogrom contro gli omosessuali si è consumato sotto lo sguardo indifferente del Cremlino e dell’intera comunità internazionale. Una persecuzione che prosegue tuttora sebbene il presidente Kadyrov neghi, affermando che ” in Cecenia i gay non esistono”. L’opera si apre con una telefonata all’ONG Russian Lgbt Network da una lesbica ventenne. La giovane dice di essere minacciata dallo zio che “chiede” sesso in cambio di silenzio sul suo orientamento sessuale. L’outing con la famiglia è fuori discussione. La ragazza teme che il padre, alto funzionario del Governo, possa ucciderla. La sequenza riassume le opzioni disponibili in Cecenia per le lesbiche: stupro o morte. Destino condiviso da gay, trans e queer, costretti ad affrontare ogni giorno detenzioni illecite, abusi, torture e “omicidi d’onore”.
(In)Giustizia sociale – Gran Bretagna, “scandalo nazionale” sui sussidi sociali
Nel corso del Question Time del 27 gennaio, la deputata laburista Debbie Abrahams ha chiesto al Governo l’avvio immediato di una commissione d’inchiesta indipendente per indagare sui decessi avvenuti, negli ultimi 10 anni, tra malati e disabili privati degli assegni sociali. Con la riforma del Welfare – realizzata tra il 2010 e il 2015 – migliaia di persone hanno visto negata o revocata la propria indennità di assunzione e sostegno (ESA) sulla base dei nuovi parametri fissati per legge. I laburisti parlano di ” scandalo nazionale” . Durante l’interrogazione parlamentare, Debbie Abrahams ha portato all’attenzione dell’Esecutivo il recente caso di Errol Graham. Il cinquantasettenne affetto da disturbi mentali, lo scorso giugno, è stato trovato senza vita all’interno della sua abitazione a Nottingham. Errol è morto letteralmente di fame 8 mesi dopo aver perso il suo sussidio. Ken Butler, consulente per le politiche sociali presso la no-profit Disability Rights UK, sostiene: “un’altra tragica e inutile morte che dimostra ancora una volta come il DWP non sia in grado di tutelare gli individui più fragili“. Grande solidarietà sui social nei confronti dei familiari di Errol (#ErrolGraham) e anche tanta rabbia per il nuovo sistema di welfare.
Ambiente – Zone umide a rischio in ogni parte del mondo
Si è celebrata, il 2 febbraio, la Giornata Mondiale delle Zone umide (World Wetlands Day). Istituita nel 1997 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore ambientale delle wetlands, la cui tutela internazionale è affidata alla Convenzione di Ramsar (1971). L’appuntamento, quest’anno, è stato dedicato alle biodiversità animali e vegetali la cui esistenza dipende dai corsi d’acqua. Le zone umide sono essenziali per la salute dell’uomo e del Pianeta tanto da essere chiamate i “reni della Terra“. Immagazzinano carbonio in quantità doppia rispetto alle foreste rallentando il surriscaldamento globale. Riducono l’impatto di uragani e tsunami limitando l’erosione delle coste. Forniscono cibo a molte popolazioni locali e il 70% dell’acqua per l’irrigazione dei campi. Tuttavia, insieme alle barriere coralline e alle foreste tropicali, rappresentano l’ecosistema più a rischio di estinzione a causa dell’inquinamento civile e industriale. Moltissime le iniziative in tutto il mondo per “onorare” le zone umide. In Italia, Paese che conta 65 siti Ramsar, le associazioni ambientaliste hanno organizzato diversi eventi per evidenziare l’importanza di salvaguardare luoghi come il Parco Nazionale del Circeo o l’Area Naturalistica del lago di Ariamacina nella Sila.
Africa – Sudan verso una pace definitiva
Nella capitale sudsudanese Giuba, il 4 febbraio, si è aperta l’ultima tornata di consultazioni tra il Governo ad interim del Sudan e i movimenti armati, in vista dell’accordo conclusivo di pace che dovrebbe essere firmato entro il mese in corso. L’incontro segue le negoziazioni dei giorni scorsi che hanno visto protagonisti i partiti di maggioranza, le forze politiche e le organizzazioni della società civile sudanesi. Sembra che le parti interessate abbiano trovato un’intesa sull’agenda per la prossima sessione di negoziati. Va ricordato che il 24 gennaio scorso era già stato siglato un patto preliminare tra il Consiglio Sovrano e una delle due fazioni dell’SPLM-N (Movimento popolare di liberazione del Sudan-Nord) in materia di dispute territoriali e sicurezza. Intanto, la crisi umanitaria non accenna a placarsi. Anzi, dall’inizio dell’anno è peggiorata. Gli episodi di violenza contro i campi profughi nel Darfur meridionale hanno provocato oltre 40.000 sfollati. I civili continuano a essere sotto attacco. Il 23 gennaio, un gruppo armato ha colpito il villaggio di Kolom causando 32 morti, 25 feriti e 19 case bruciate. Lo stesso giorno, Governo provvisorio e Fronte Rivoluzionario Sudanese (SRF) si sono detti pronti ad aprire corridoi umanitari per consentire l’arrivo degli aiuti in ogni zona del Paese in stato di bisogno. Al momento, però, non si hanno notizie circa l’effettiva implementazione di questa misura.