Perù, storia di intrighi politici che ricorda “House of Cards”
[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di Laura Bunt-MacRury pubblicato su The Conversation]
La corruzione dilagante ed endemica è uno stile di vita in Perù, una realtà che, nel suo libro postumo, lo studioso peruviano Alfonso Quiroz ha descritto come una “storia di corruzione senza restrizioni“. Quindi il fatto che il Perù sia sull’orlo del più grande scandalo di corruzione nella storia moderna dell’America Latina non sorprende. Ma, anche in una regione abituata a teatrali drammi politici, lo scandalo ha incastrato e rovesciato coloro che ricoprono le cariche più alte nel Paese.
Si tratta di una storia di intrighi politici degna di una serie Netflix: l’ex presidente Pedro Pablo Kuczynski (2016-18) si è dimesso ed è attualmente agli arresti domiciliari. Il suo predecessore, Ollanta Humala (2011-16) e la moglie Nadine Heredia rimangono in custodia cautelare.
Nel frattempo, un altro ex presidente, Alejandro Toledo (2001-2006) – un economista che ha studiato a Stanford e il primo presidente indigeno eletto in America Latina – è in California cercando di evitare l’estradizione in Perù dopo che un mandato di arresto è stato emesso a suo carico nel 2017 con l’accusa di corruzione. Infine, inaspettatamente, il 17 aprile 2019, il due volte presidente Alan García (1985-1990 e 2006-2011), nonché leader del più antico partito politico dell’America Latina, l’Alleanza Popolare Rivoluzionaria Americana (APRA), ha rifiutato di arrendersi alla polizia e si è suicidato.
La caduta di questi leader è sintomatica della fine di un’intera classe politica. Di fatto però, tra tutti i Paesi colpiti dal cosiddetto scandalo Odebrecht, il Perù è forse l’unico in cui le ruote della giustizia si stanno letteralmente mettendo in moto attraverso incriminazioni di una sfera di persone un tempo intoccabili. Ma perché, fra tutti, il sistema giudiziario sta funzionando bene proprio in Perù?
Un’inchiesta giudiziaria internazionale, nota come Operation Car Wash, è iniziata in Brasile e coinvolge almeno altri dieci Paesi dell’America Latina.
Il gigante brasiliano dell’edilizia, Odebrecht, per decenni è stato pesantemente coinvolto nella corruzione di un gran numero di politici in cambio di lucrosi contratti di costruzione. Sebbene alcuni osservatori ritengano che le misure di riforma della corruzione internazionale e gli sforzi esterni alla riforma giudiziaria abbiano svolto il ruolo più importante nell’esporre questo scandalo, ci sono altri fattori, peculiari del Perù, a cui vale la pena dare un’occhiata.
Soldi sporchi
Circa 77 dirigenti della Odebrecht hanno accettato patteggiamenti e hanno successivamente testimoniato contro diverse figure politiche. Sono così piovute accuse penali sugli ex presidenti Luiz Inácio Lula da Silva e Dilma Rousseff, nonché su centinaia di politici di medio livello e uomini d’affari.
Secondo quanto riportato, Jorge Barata (direttore esecutivo della Odebrecht in Perù) era il responsabile della gestione dello schema di corruzione della fascia politica più alta. In sincronia con i pubblici ministeri brasiliani, anche in Perù a Barata è stato offerto un patteggiamento e l’uomo ha iniziato a confessare. Sono seguiti accuse e arresti ai massimi livelli.
Un ambiente tossico
Alcuni giuristi affermano che lo scandalo Odebrecht fa parte del processo di crescente democratizzazione nella regione, reso possibile da iniziative internazionali contro la corruzione come l’Agenda anticorruzione del G20. Si sostiene che questa iniziativa, insieme ad altri sforzi di riforma globale nel corso degli anni ’90, abbia rafforzato i sistemi giudiziari in America Latina.
Ma penso che anche qualcosa di più “nostrano” fosse in atto. Quando ho condotto ricerche etnografiche a Cuzco riguardo il sistema legale peruviano, una cosa mi è subito apparsa chiara: tra giudici, avvocati e pubblici ministeri erano diffuse le lotte interne e le polemiche. Ho sentito continue accuse e contro-rivendicazioni di corruzione e tangenti. Come ha detto un giudice: “La prima cosa che faccio quando apro un fascicolo è pensare: chi sta cercando di ingannarmi, chi è stato comprato?”
Per paradosso, questo ambiente tossico ha avuto l’effetto di creare un’atmosfera di costante sorveglianza e controllo verso un sistema incline alla corruzione – soprattutto da parte dei pubblici ministeri. In effetti, uno degli aspetti meno studiati delle democrazie latino-americane è il modo in cui la crescita del ruolo dei pubblici ministeri nel corso del XX secolo sia servita a difendere la legge alla lettera.
I due procuratori originariamente responsabili del caso Odebrecht in Perù, José Pérez e Rafael Vela, si sono dimostrati magistrati tenaci e competenti. Per mantenere la fragilità politica che consente questo caso giudiziario, entrambi gli uomini hanno spesso sfidato la catena di comando del Dipartimento di Giustizia facendo anche “filtrare” informazioni ai media a loro vantaggio. Quando fattibile, Pérez e Vela hanno esposto al pubblico non solo i dettagli del caso, ma hanno anche rivelato le tossiche lotte intestine, la corruzione diffusa e hanno evidenziato i potenziali ostacoli alla giustizia. La loro strategia, che Pérez ha definito come una “ribellione gerarchica“, era una mossa preventiva.
Nel gennaio 2018, la coppia è stata quasi estromessa dal nuovo procuratore generale, Pedro Chávarry, con l’accusa di insubordinazione. Al contrario, è stato Chávarry a dimettersi poco tempo dopo. Per molti aspetti, le sue dimissioni simboleggiano, per la prima volta nel Perù moderno, il trionfo della classe giuridica su quella politica.
Combattere per la giustizia
Ma a parte i titoli sensazionali, c’è una storia meno conosciuta che può aiutare a spiegare perché la giustizia ora funziona in Perù. Il sistema giudiziario peruviano non è stato usato prevalentemente da querelanti di una certa élite, ma al contrario, dalle classi inferiori. Ad esempio, la mia ricerca mostra che, nel corso del Ventesimo secolo, sono state in particolare le contadine indigene a compiere progressi critici nei processi giudiziari a Cuzco, specialmente in casi di stupro e violenza domestica.
Se da un lato ogni fase della storia legale peruviana è unica nel suo essere, in seguito alla riforma agraria del 1968 le cose sono cambiate radicalmente. Definita la più grande riforma agraria al di fuori di Cuba, questa mossa ha ridistribuito le proprietà terriere da haciendas in stile piantagione alle mani dei contadini indigeni. Ciò ha anche provocato un enorme cambiamento nel modo in cui le persone hanno usato il sistema giudiziario e il loro atteggiamento verso i diritti legali.
Sebbene i loro casi si siano conclusi poche volte con un successo, la gente ha comunque iniziato a usare i tribunali come mai visto prima nella storia peruviana. Anche se i cittadini della classe media sono ormai temprati alle ingiustizie sociali radicali del loro Paese, credono ancora nei tribunali. In altre parole, se oggi il Perù ha un sistema giudiziario forte, è solo perché la classe contadina l’ha costruito e ha continuato effettivamente ad usarlo.
In questo modo, la tradizione emersa dalla mobilitazione dei contadini nel sistema legale rafforzata dall’uso da parte proprio di queste classi sociali di quadri giuridici consolidati, ha rinforzato quello che il più rispettato giurista del Perù, Luis Pásara, chiama l’appetito della nazione per modelli bottom-up all’interno dei processi giudiziari.
Anche se non si tratta di una caratterizzazione uniforme del sistema legale peruviano, questo senso di equità e la capacità di far sì che al potere rispondano delle proprie responsabilità, hanno rappresentato un fattore che ha contribuito a innescare la caduta di questa House of Cards peruviana.