Tirana, con uno sguardo all’Europa e uno alla propria identità
[Di ritorno da un breve viaggio in Albania, Nicoletta de Vita ci offre un resoconto della sua esperienza. Sono sue tutte le foto riportate nell’articolo.]
In una domenica mattina nuvolosa, i bambini della periferia di Tirana aspettano intrepidi di entrare nel piccolo teatro di quartiere per uno spettacolo con danzatori e marionette. All’esterno un piccolo carretto offre ai bambini popcorn e bibite da gustare durante lo show. Volti sorridenti ci invitano ad entrare e noi curiosi scorgiamo da dietro le tende un popolo che ha sofferto per un passato non ancora del tutto dimenticato ma pieno di speranza in un futuro ricco di possibilità. Ed è così che entriamo in contatto con la capitale albanese e ci rendiamo conto direttamente che si tratta di uno dei Paesi con il più alto tasso di crescita economica della regione dei Balcani. Eppure, emerge anche l’enorme il divario tra ciò che che le statistiche dicono e ciò che si respira qui.
L’Albania è in attesa di entrare nell’Unione Europea, infatti è dal 2014 che il Paese è ufficialmente tra gli Stati candidati ad accedere alla comunità europea, quindi sotto osservazione da parte della Commissione. Nel 2016, per essere in regola con i requisiti previsti dall’UE è stata approvata la riforma costituzionale del sistema giudiziario. L’iter procedurale per l’ammissione presuppone degli standard economici, amministrativi e legislativi che rappresentino in pieno l’UE e l’Albania sta lavorando molto per migliorare questi aspetti. In particolare, tante sono state le iniziative contro il fenomeno della corruzione, che fino a pochi anni fa era dilagante sia nella capitale che nelle altre città principali, coinvolgendo diversi settori dell’economia fino ad arrivare alla pubblica amministrazione. Un passo in avanti è stato fatto anche per la libertà di espressione, un tempo negata dal regime mentre ora è salvaguardata dall’AMA (Audiovisual Media Authority), ovvero il garante dei media nazionali. In ambito finanziario, il controllo dei finanziamenti e dei fondi pubblici è di fondamentale importanza per essere ammessi nella Comunità Europea, poichè ogni Paese ha l’obbligo di verificare i reali utilizzi dei capitali per una sana gestione economica.
Una nazione da cui nel decennio passato si sperava di fuggire, ma da dove si fugge ancora. Comodamente situata in una vallata tra i Balcani, la capitale è una città in continuo cambiamento e sviluppo, grazie alle nuove generazioni che spontaneamente hanno deciso di viverla e migliorarla.
Appena atterrati, ci si rende conto di quanto il traffico sia un vero problema, poiché la linea ferroviaria è utilizzata soltanto per le merci. Il cuore del centro storico pulsa attraverso culture ed epoche diverse, circondato da grandi grattacieli sedi di hotel, banche e centri commerciali.
In occasione delle festività natalizie la piazza principale è diventata la location per i mercatini artigianali, il grande albero e le giostre per i bambini. Un po’ Europa della modernità, un po’ anni ’90, insomma.
Ma la vera anima di Tirana non è palpabile tra le bancarelle della piazza principale e nemmeno nel grande bazar dove è possibile acquistare frutta e alimentari di ogni tipo ma solo qualche metro più in là, ovvero nella sua periferia: orfana di un regime che ancora oggi si respira da ogni mattone delle case. L’accoglienza e il calore che troviamo fa a cazzotti con il grigiore dei palazzi ma riesce in pochi attimi a sdoganare tutti i pregiudizi e preconcetti su quello che conoscevamo o credevamo di conoscere del popolo albanese.
Palazzoni con mattoni a vista, insegne dei negozi polverose perché ad ogni angolo c’è un nuovo fabbricato in costruzione. Ogni strada periferica si differenzia dal centro per due elementi: i negozi e le abitazioni. Al centro sono basse con massimo due piani e coloratissime mentre in periferia sono più alte e i negozi sono quasi tutti di abiti, scarpe e accessori usati. Piccole fabbriche disseminate e botteghe di artigianato e riparazioni di ogni tipo.
Quello che sorprende è che più ci si spinge verso la periferia e più si riescono a comprendere le ragioni di un popolo che ha dovuto lasciare la propria terra per emigrare in Italia e in Europa. Intere famiglie che hanno dovuto rinunciare alle loro ricchezze o proprietà perché lo Stato aveva il controllo su tutto.
Proprio qui incontriamo Jorich, un ragazzo che lavora in Italia da qualche anno: “La dittatura ha plasmato la vita dei cittadini albanesi, che però non si sono piegati del tutto. Restare qui è stato difficile per molte famiglie ma fortunatamente la città e soprattutto la mentalità sono cambiate. Sono cambiate la prospettiva e l’impatto che si ha di Tirana. Chi aveva una piccola villa o una casa su due piani ha avuto la ‘possibilità’ di andare a vivere in un complesso residenziale che veniva costruito proprio sul suo terreno, radendo al suolo la proprietà”.
Quello che ci racconta Jorich ce lo confermano molti a Tirana, ovvero il cosiddetto fenomeno della gentrificazione. Fino a pochi anni fa le ditte costruttrici pagavano gli affitti ai proprietari durante il periodo dei lavori per poi costruire palazzine residenziali nel bel mezzo del centro cittadino. Infatti tra una strada e l’altra ci si imbatte in numerosi parchi residenziali imponenti, segnali di una città che è in procinto di evolversi sia per estensione che verticalmente. Molti giovani che hanno vissuto in Italia e si sono formati culturalmente nel nostro Paese hanno scelto di tornare sia perché pian piano l’Albania si è aperta al turismo, sia perché Tirana è diventata sede di numerose società italiane ed europee, poiché non avendo l’euro, la moneta nazionale così come il tenore di vita sono ancora molto bassi.
I ragazzi albanesi che incontriamo hanno viaggiato e studiato in Italia o in Slovenia ma non hanno perso la voglia di tornare a casa. Sono proprio loro il motore e la speranza di cambiamento per questa capitale del cambiamento. Come ci racconta Marja: “Uno stipendio medio in Albania è di 500-600 euro, l’equivalente dei 1200 euro in Italia ma c’è gente che guadagna anche meno della metà e riesce a malapena a sopravvivere. Tirana sta puntando molto sulla ristorazione e sulle attrazioni culturali ma siamo ancora lontanissimi dagli standard europei. Il nostro Paese è come una mamma che ti abbraccia e non smette di sostenerti anche se sei a chilometri lontano da casa”.
E il calore in queste piazze e strade si nota, eccome. Il boom turistico della costa sud è riuscito ad attrarre visitatori e turisti anche alla capitale. Dal lato culturale e creativo la città sta diventando un polo attrattivo per l’arte contemporanea, grazie alle numerose gallerie d’arte e il colorato mondo della street art.
Infatti da qualche anno, tantissimi artisti albanesi e stranieri hanno scelto di installare le proprie opere su facciate o in piccoli angoli di strada a Tirana. E da questo contesto vibrante che nello scorso giugno è nato il “Mural Fest”, il festival dell’arte urbana organizzato in collaborazione con Dekori, ovvero l’ente preposto al decoro urbano della città e l’associazione italiana 167 b street di Lecce. 13 artisti che hanno colorato 13 facciate di palazzi situati tra il centro e la periferia sud di Tirana, ridipingendo ancora una volta il volto della città.
L’Albania guarda all’Europa da un lato come una possibilità e una sfida e dall’altro con la voglia di non omologarsi alle grandi metropoli, urlando la propria peculiare identità.