Germania, echi del passato più buio nelle nuove leggi di polizia
[Traduzione a cura di Davide Galati dall’articolo originale di Kate Laycock pubblicato su openDemocracy]
L’introduzione di leggi per rafforzare i poteri di polizia in nome della lotta al terrorismo non è una novità per l’Europa. L’Investigatory Powers Act approvato nel Regno Unito nel 2016 è un esempio recente; la legge antiterrorismo di Emmanuel Macron del 2017, che ha posto fine allo stato di emergenza in Francia traducendo in modo permanente molte delle sue disposizioni in legge, è un altro caso. Ma quando la Germania comincia a concedere alla propria polizia nuovi poteri di sorveglianza, arresto e detenzione, le implicazioni simboliche e costituzionali diventano estremamente preoccupanti.
Regione per regione
Questo è proprio ciò che sta attualmente accadendo, anche se la struttura federale tedesca maschera il fatto. Dei sedici Stati che compongono la Repubblica Federale di Germania, solo uno (la Turingia) non ha annunciato alcun piano per rafforzare le sue leggi di polizia. In maggio 30.000 persone sono scese in piazza a Monaco per protestare contro una nuova legge che conferiva alla polizia bavarese poteri di sorveglianza senza precedenti, azioni sotto copertura e, soprattutto, il diritto di portare granate a mano. Senza successo: la legge è stata approvata dalla maggioranza della CSU al Parlamento bavarese: la stessa maggioranza che nelle ultime settimane ha minacciato di istruire unilateralmente la polizia per sfidare la politica del governo federale e allontanare i rifugiati al confine austriaco.
Sabato scorso (7 luglio), secondo le stime, 20.000 dimostranti hanno marciato a Düsseldorf per protestare contro un analogo atto legislativo della polizia nella Renania Settentrionale-Vestfalia, lo Stato federale più popoloso della Germania.
La protesta di Düsseldorf è stata importante per la sua diversità: sindacati, gruppi per le libertà civili e antifascisti hanno marciato al fianco di tifosi di calcio, avvocati e ambientalisti. Cartelli provenienti da tutti gli angoli dello spettro politico mostravano iscrizioni che si riferivano alle lezioni del passato – molte delle quali facevano riferimento al 1933, l’anno in cui la Gestapo (la polizia segreta) fu creata dai nazisti.
“Noi in Germania sappiamo perfettamente cosa succede quando uno Stato assume il completo controllo“, spiega Nils Jansen, il giovane portavoce della mobilitazione: “ecco perché ora stiamo dicendo che non deve mai più accadere“.
Come in Baviera, il nocciolo della nuova legge è incentrato sul concetto di “pericolo imminente”. Questa formulazione legalistica consente alla polizia di agire contro un individuo senza dover fornire motivi concreti di sospetto, intendendo, secondo Jansen, che “tutti” potrebbero potenzialmente diventare un bersaglio: “colpire organizzatori, manifestanti, informatori, tifosi di calcio, chiunque faccia clic sul sito web sbagliato o si trovi nel posto sbagliato nel momento sbagliato – potrebbero finire tutti nel mirino della polizia“. Alla manifestazione di Düsseldorf questo è un messaggio che sembra aver risuonato tra tutti, dagli attivisti digitali che volevano che la polizia “rimanesse fuori dai nostri smartphone” ai tifosi di calcio che cantavano solo “vogliamo raggiungere lo stadio in pace“.
Accanto al concetto problematico di “pericolo imminente”, la legge di polizia della Nordreno-Vestfalia introduce un’intera serie di misure restrittive di polizia quali l’uso di taser come armi di servizio, sistemi di controllo capillare come fermo e perquisizione, maggiore sorveglianza video degli spazi pubblici, hacking telefonico e raccolta digitale di dati, ingiunzioni temporanee che limitano il diritto dell’individuo alla libertà di riunione e libertà di associazione, la marcatura elettronica e la custodia preventiva fino a un mese per sospetto terrorismo o sette giorni ai fini dell’identificazione.
Cittadini liberi
Christian Mertens è un avvocato di Colonia i cui clienti includono attivisti ambientali impegnati in una continua lotta per proteggere quel che resta della foresta di Hambach, un’area di antichi boschi catturati nel gigantesco complesso minerario a cielo aperto di proprietà della compagnia elettrica RWE. “È chiaro“, afferma, “che c’è stata una decisione politica consapevole nell’estendere questa legislazione regione per regione“.
Mertens ritiene che gli attivisti ambientali siano specificamente presi di mira dalla nuova legge, sostenendo che la misura di custodia preventiva di sette giorni ai fini dell’identificazione è una risposta diretta alle tattiche impiegate durante le recenti azioni contro il carbone: “non si tratta di accertarne l’identità: sanno chi sono queste persone! Lo fanno come forma di punizione o come un modo per educarli. È come un calcio nel sedere per mostrare loro che si stanno comportando nel modo sbagliato, e il novantanove per cento delle volte è diretto contro attivisti per l’ambiente.” Sarà, ipotizza Mertens, probabilmente non “per caso” che le forze di polizia di Kerpen, incaricate di sorvegliare le azioni di protesta all’interno e intorno alla foresta di Hambach, saranno tra le prime a partecipare a una sperimentazione dei taser.
Le preoccupazioni di Mertens sono di ordine costituzionale oltre che pratiche. La Costituzione tedesca fu firmata nel 1949, un documento destinato a stabilire i valori e i meccanismi di una Germania in cui gli orrori dell’era nazista non avrebbero mai dovuto essere ripetuti. Uno dei valori o “diritti fondamentali” è la riservatezza della corrispondenza e delle telecomunicazioni: un fatto che probabilmente si dimostrerà fondamentale se la legge dovesse essere portata davanti alla Corte costituzionale federale.
Uno dei meccanismi è il cosiddetto “Trennungsgebot” o “ordine di separazione” che stabilisce una chiara divisione tra i poteri esecutivi della polizia e i poteri di sorveglianza dell’agenzia di intelligence federale. Lo svuotamento di questa barriera costituzionale rappresenta un indebolimento della struttura legale nata direttamente dall’esperienza tedesca del fascismo di Stato. “Il cittadino libero“, afferma Mertens, “dovrebbe essere autorizzato a fare qualsiasi cosa, finché non sia esplicitamente proibita. La polizia dovrebbe essere autorizzata a non fare nulla, finché non sia esplicitamente autorizzata.”
Incarcerare gli innocenti
Il ministro degli Interni della Nordreno-Vestfalia, il falco Herbert Reul, vede le cose in modo diverso: “dove c’è un imminente pericolo di terrorismo, è costituzionalmente possibile assegnare alla polizia un campo di azione più ampio“, ha detto al Rheinische Post, “stiamo dicendo: anche con altri reati, dobbiamo essere in grado di agire prima che possano aver luogo“. È un’affermazione che ha ripetuto alla telecamera, affermando che è “meglio bloccare una persona innocente, piuttosto che rischiare la vita di molti altri“.
L’avvocato Christian Mertens si oppone a questo argomento: “nella professione legale abbiamo il detto: ‘meglio lasciar andare cento persone, piuttosto che imprigionare un solo innocente’“. Verena Schäffer, portavoce della fazione regionale dei Verdi, la pone ancora più chiaramente: “Il ministro dell’Interno Reul è egli stesso un rischio per la libertà e per i nostri diritti costituzionalmente riconosciuti“.
La Nordreno-Vestfalia, tuttavia, non è la Baviera. Il ministro dell’Interno Reul non gode del sostegno di una maggioranza del partito nel Parlamento regionale. Invece, la CDU fa parte di una coalizione a maggioranza ristretta con la (economicamente) liberale FDP che, sotto la crescente ondata di pressione dell’opinione pubblica, ha già espresso preoccupazioni abbastanza significative da far sì che la CDU abbia abbandonato i piani per spingere per approvare la legge prima della pausa estiva.
In altre parole, è ancora tutto in gioco e le conseguenze della riuscita dimostrazione di sabato a Düsseldorf andranno ben oltre la Nordreno-Vestfalia. “La resistenza“, afferma Nils Jansen della No Police Law Alliance,”non si ferma qui – è solo all’inizio“.