Repubblica Centrafricana, un Paese intrappolato nella violenza
Nessuna buona notizia arriva dalla Repubblica Centrafricana. Lo Stato si trova ormai in una condizione endemica di violenza, povertà, guerra civile. L’attuale drammatica situazione ha origine nel 2012, nello scontro tra le forze di Governo del presidente Bozizé e i gruppi ribelli noti come Seleka. Bozizé, che aveva preso il potere egli stesso con un colpo di Stato, viene cacciato dalle fazioni nemiche. I Seleka si impadroniscono man mano di importanti città e parti di territorio, conquistando la capitale Bangui il 24 marzo del 2013.
Da allora l’instabilità regna incontrastata nel Paese. Le laceranti divisioni tra le parti in lotta sfociano in atti di violenza sulla popolazione. Dal 2013 ad oggi le violazioni dei diritti umani sono gravissime e frequenti. La Storia e gli scenari della Repubblica Centrafricana sembrano ricalcare strade, purtroppo, già tracciate in altri Paesi africani. Colpi di Stato, presidenti dittatori, gruppi armati ribelli, controllo di risorse e ricchezze, fazioni etniche in contrasto, attori internazionali deboli e incapaci di agire, fragilità o assenza delle istituzioni: questi sono gli elementi protagonisti nella Repubblica Centrafricana.
Comprendere pienamente le ragioni di tanta violenza significa indagare sulla storia complessa del Paese e sulla sua naturale geolocalizzazione. La Repubblica Centrafricana è collocata in una posizione cruciale: a Nord c’è il Sahel, con le popolazioni di pastori e di mercanti di origine musulmana. A Sud, invece, si estende la zona dell’Africa centrale, abitata da comunità cristiane e animiste della savana. Ad un primo sguardo gli scontri tra le parti in ostilità rispecchiano proprio questa divisione. I gruppi Seleka di origine musulmana lottano con i nemici di religione cristiana e animista, conosciuti come anti-balaka. In realtà, la lettura etnico-religiosa della guerra è superficiale.
La situazione della Repubblica Centrafricana, infatti, è molto più complessa e tragica. L’ultimo rapporto degli esperti ONU – che risale a dicembre 2017 – lo rivela chiaramente. Sebbene la violenza stia assumendo preoccupanti connotati etnici, con la campagna di pulizia etnica contro i gruppi musulmani da parte delle fazioni di autodifesa o anti-balaka denunciata dall’ ONU – le motivazioni di tanta e continua violenza trovano ragioni soprattutto legate al potere economico, al controllo di traffici illeciti e al commercio illegale di ricchezze. Oggi, quindi, si è venuta a creare una rete di interessi e di soprusi sul territorio e sulle popolazioni locali che difficilmente si potrà sciogliere. A contendersi l’influenza economica sono sempre più gruppi, in uno scenario di frammentazione davvero allarmante. La guerra, quindi, è economica e tra comunità interne.
La strategia anti-balaka e dei gruppi di autodifesa, per esempio, si basa sul reclutamento di quanto più possibile personale militare tra combattenti civili. Lo scopo è di eseguire attacchi mirati contro altre fazioni con un vero e proprio esercito. La crescente necessità di armi e di materiale militare, quindi, sta alimentando sempre di più il traffico illecito di munizioni. Dalle città di confine Satema, Bangassou e Bema provengono traffici illegali di armamenti dalla Repubblica Democratica del Congo. Non è raro, inoltre, il mercato lucrativo di armi artigianali, come fucili da caccia, costruiti da artigiani locali e scambiati illegalmente con i gruppi di lotta.
Il fronte Seleka, ufficialmente dissolto nel 2013, è oggi un miscuglio eterogeneo di forze conosciute come fazioni ex-Seleka. Divisi tra The Popular Front for the Rebirth of Central African Republic (FPRC), Union for Peace in the Central African Republic (UPC), Central African Patriotic Movement (MPC), gli ex-Seleka lottano soprattutto tra di loro. Il complesso e fragile scenario presenta lacerazioni interne profonde tra FPRC/Goula e FPRC/Rounga, fra i pastori nomadi Fulani e le fazioni contro di essi.
Il contendere è di tipo strategico-economico e sfocia, naturalmente, nell’illegalità e nella violenza. Una delle principali fonti di ricchezza degli ex-Seleka – e anche degli anti-balaka – è il commercio di diamanti e di risorse minerarie, come l’oro. I gruppi armati utilizzano l’estorsione e la tassazione illegale per impadronirsi delle risorse. Il traffico si concentra nelle città di Bria, Sam Ouandja e Yalinga e si dirige principalmente verso Ciad, Sudan, Repubblica Democratica del Congo. Fiorente è anche lo scambio illegale di armi e materiale militare proveniente soprattutto dal Sudan.
Un’altra attività tipica del Paese che è stata compromessa e alterata dalla prepotente violenza dei gruppi armati è quella dell’allevamento e della transumanza. Nella zona nord-occidentale della Repubblica Centrafricana sono soprattutto gli scambi commerciali con il Ciad e il Camerun a dare introiti. Il bestiame è una delle principali merci che passa su queste rotte. L’inizio della guerra civile non ha fatto altro che esacerbare rapporti già molto tesi tra agricoltori e pastori locali.
L’intromissione in questo settore delle fazioni combattenti ha portato molta violenza. Lo scopo è proprio di impossessarsi delle strade di passaggio del bestiame e dei punti cruciali di snodo, come i checkpoint. Il rapporto dell’Onu è molto esplicito su questo punto: i checkpoint sono una fonte di reddito importante. Un pastore o un commerciante con circa 50 capi di bestiame acquistati, per esempio, in Camerun, dovrà attraversare controlli in mano ai gruppi armati della Repubblica Centrafricana. Per arrivare al mercato di Bouar, per esempio, il costo della illegale tassazione sarà tra 800.000 e 1 milione di franchi CFA.
La guerra, quindi, rischia di allargare ancora le fila dei gruppi in lotta. La lacerazione profonda in cui versa il Paese è scatenata proprio da questa corsa delle fazioni armate a conquistare pezzi di territori per potere, controllo, ricchezza, denaro e, quindi, superiorità militare. Gli attori economici non musulmani, per esempio, hanno il monopolio sull’asse Bangassou-Gambo-Béma. Il generale Bahar del Movimento patriottico per il Centrafrica ha preso il controllo di una strada fondamentale per il trasporto del bestiame, che arriva fino in Ciad. Egli stesso, quindi, ha creato un suo corridoio di importazione illecita. Le miniere d’oro a Koro-Mpoko sono completamente gestite da gruppi anti-balaka.
Ogni gruppo cerca il suo territorio da governare senza leggi, ma unicamente con la violenza. Quali conseguenze? La situazione umanitaria e degli sfollati è drammatica. Più di 1 milione di persone sono fuggite da casa e si trovano in campi profughi e dislocate in altre zone interne del Paese. La metà della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria. I bambini sono traumatizzati dalla violenza, dalla carenza di cibo e di medicinali. Inoltre, l’escalation di odio etnico sta costringendo la parte musulmana della popolazione a vivere in enclave protette dalle forze internazionali per non subire abusi.
Soprusi sessuali su donne, reclutamento di bambini nella guerra, uccisione di civili, distruzione di case sono azioni compiute da tutti i gruppi in lotta. La violazione dei diritti umani è evidente e indagata dalla stessa Corte Penale Internazionale. Di recente il politico e comandante militare della Repubblica democratica del Congo Jean-Pierre Bemba è stato condannato a 18 anni di reclusione per i suoi vergognosi crimini. La sua responsabilità ricade anche nella Repubblica Centrafricana, per aver favorito gravi abusi sulla popolazione del Paese durante la guerra degli anni 2002 e 2003.
La giustizia interna resta molto debole e l’impunità dei criminali risulta uno dei problemi più importanti. La Corte Speciale per crimini, istituzione ibrida formata da giudici interni e internazionali, nata con lo scopo di indagare sulle atrocità commesse dal 2003, non riesce a decollare e svolgere in modo adeguato la sua missione.
A questo già avvilente scenario si aggiungono le vergognose accuse di abusi sessuali e violenze su bambini e ragazzi centrafricani da parte dei contingenti ONU della forza peacekeeper MINUSCA. Proprio qualche giorno fa la giustizia francese si è pronunciata sulle accuse di soprusi eseguiti da soldati della Francia. Il verdetto è stato “non luogo a procedere per mancate prove di avvenuti abusi su minori“.
La situazione, dunque, è drammatica su tutti i fronti. Occorre un supporto internazionale mirato alla riconciliazione nel Paese, partendo da un vero cessate il fuoco e da un tavolo comune. La Repubblica Centrafricana rischia, altrimenti, di scomparire come entità unitaria.