Ilaria Cucchi: “Non sono più sola nella battaglia per la verità”

La speranza è che sia finalmente giunta l’ora della verità su quanto è successo veramente a Stefano Cucchi, trentenne romano morto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Pertini di Roma mentre si trovava in custodia cautelare.

Sono passati otto anni da quei giorni e sulle cause del decesso sono state avanzate le ipotesi più varie e fantasiose. Il primo processo si è concluso con un nulla di fatto poiché tutti gli imputati, medici, infermieri e ufficiali di polizia giudiziaria, sono stati assolti. Ma la caparbietà della famiglia Cucchi ha fatto sì che, nel settembre 2015, la Procura di Roma riaprisse un nuovo fascicolo per indagare, una volta per tutte, su cosa è successo quando Stefano è stato arrestato, concentrandosi sulle responsabilità dell’Arma dei carabinieri.

Prenderà avvio, dunque, il 16 novembre prossimo il processo ai carabinieri accusati dell’omicidio del giovane, di falso nella compilazione del verbale, di calunnia. Gli imputati, questa volta, sono Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco che dovranno rispondere dell’accusa di aver picchiato Cucchi con schiaffi, pugni e calci, facendolo cadere e dunque procurandogli delle lesioni che si sono rivelate mortali e per averlo sottoposto a misure non consentite dalla legge. Ci saranno anche Vincenzo Nicolardi e il maresciallo Roberto Mandolini che, insieme a Tedesco, sono accusati di aver testimoniato il falso, puntando il dito contro tre agenti della polizia penitenziaria.

Ilaria e stefano cucchi

Ilaria Cucchi – sorella di Stefano e volto pubblico di questa vera e propria battaglia per far sì che tutta la verità venga a galla – parteciperà, insieme ai docenti dell’Università di Salerno Giso Amendola e Francesco Schiaffo e al portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, martedì 7 novembre all’incontro dal titolo “La tortura tra prevenzione e sanzioni“, inserito nel programma del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, di cui Voci Globali è quest’anno media partner.

A così pochi giorni dal ritorno in aula, il pensiero di Ilaria Cucchi corre veloce a quel momento e a cosa aspettarsi dal “Cucchi bis”: La verità, semplicemente, e che sia un processo diverso da quello che abbiamo dovuto affrontare in passato” dice a Voci Globali.

Diversi, del resto, sono gli imputati e diversi sono gli attori che questa volta si siederanno insieme alla famiglia Cucchi: “Questa volta ho la consapevolezza di non essere sola a battermi per il riconoscimento della verità e della giustizia  spiega – avremo la Procura di Roma al nostro fianco e i tre agenti della polizia penitenziaria, oggi costituiti come parte civile, coloro che per anni sono stati costretti a subire un processo da innocenti. Inoltre non sarà un processo fatto a Stefano, tutto volto a dimostrare che in fondo il principale responsabile di quella morte è stato lui stesso. Ricordo le parole terribili che ho sentito pronunciare sul conto di mio fratello, persino da parte di quelli che allora erano i pubblici ministeri. È stata una situazione spesso imbarazzante, oggi sarà qualcosa di diverso“.

Tuttavia il percorso verso la verità, l’obiettivo dell’intera battaglia della famiglia Cucchi, non sarà una passeggiata. Infatti, le minacce continuano: Il clima non sarà leggero, faccio riferimento agli attacchi che, sin da quando è stato annunciato il processo, sono costretta a subire e che fanno riferimento a me e mio fratello, da parte di coloro che sono indicati come i responsabili della morte di Stefano.”

“D’altra parte – riflette Ilaria Cucchi – credo che queste persone abbiano dei motivi per essere agitati. Abbiamo un’inchiesta che li inchioda senza ombra di dubbio alle loro responsabilità. Sono loro stessi, nelle intercettazioni a raccontarci quello che è successo e come credevano di averla fatta franca in tutte questi anni.” 

Le voci dei carabinieri, raccolte nelle intercettazioni della Procura, riecheggiano nella mente di chi, negli anni, ha portato avanti questa battaglia.“Affermazioni imbarazzanti – sottolinea Ilaria Cucchi – se si pensa soprattutto che sono voci di carabinieri che arrivano addirittura a dire cose come ‘Se ci mandano via, andiamo a fare le rapine agli orafi‘.”

E quando si parla di giustizia, di abuso di potere, di tortura si fa riferimento all’aggravante di un reato commesso mentre si indossava una divisa. È cruciale però non cadere nella trappola che vede una sola contrapposizione possibile, quella tra chi sceglie di stare dalla parte della vittima e chi si schiera dalla parte delle forze dell’ordine.

“Ci tengo a sottolineare – spiega la sorella del geometra romano – che quelle persone non rappresentano l’Arma dei carabinieri: sono cittadini che hanno sbagliato e hanno commesso qualcosa di più grave proprio perché indossavano una divisa. La nostra non è una guerra contro le forze dell’ordine che, al contrario, oggi sento al mio fianco.” 

Ilaria Cucchi auspica che all’interno delle stesse forze dell’ordine possa emergere un movimento che marginalizzi chi viene dichiarato colpevole di questo tipo di reati, reagendo di fatto dall’interno contro coloro i quali, con le loro azioni, vanificano e sminuiscono l’operato dell’intera istituzione. Si tratterebbe, di fatto, di un cambiamento fondamentale anche nei confronti dei cittadini ai quali non dovrebbe essere chiesto di prendere parte e assumere posizione tra gli uni e gli altri, ma ai quali dovrebbe essere assicurata sempre la garanzia dei diritti che gli spettano.

ilaria cucchi figlia

La battaglia di Ilaria Cucchi, dunque, non è finita, ma l’impressione è che il vento stia cambiando. “Penso al presente, a questo processo e alla speranza di far emergere semplicemente la verità, portando avanti questa battaglia anche per un futuro migliore. Penso ai miei figli che, in questi otto anni, hanno dovuto rinunciare a una quotidianità normale con la loro madre. Dopo aver provato un dolore così grande, come la morte di mio fratello, loro zio, abbiamo tutti subito quest’ulteriore violenza perché io, una donna sola, mi sono trovata a dover sostituire lo Stato che ci ha voltato le spalle ovunque, comprese le aule dei tribunali. Questo significa esserci sempre e comunque.”

Da questa esperienza è nata anche un”Associazione che porta il nome di Stefano Cucchi e che, negli anni, si è trasformata in un vero punto di riferimento tra le tante altre persone che hanno subìto situazioni simili. “Ci chiedono una mano – spiega Ilaria – o anche semplicemente si rivedono in noi per i piccoli soprusi che ciascuno è costretto a vivere nel proprio quotidiano e rispetto ai quali ci si sente impotenti. Ecco, forse ogni nostro piccolo passo avanti rappresenta una speranza anche per molti altri. Perché di ‘Stefano Cucchi’ di cui nessuno sentirà mai parlare purtroppo ce ne sono tanti”.

Proprio questo è, dunque, il cuore pulsante di un percorso, quello della famiglia Cucchi, che non si esaurirà finché non saranno riconosciute verità e giustizia: “Sono convinta – conclude – che la battaglia per il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano sia qualcosa che va portata avanti senza se e senza ma, per garantire a loro, ai miei e ai nostri figli, un futuro migliore.” 

[Le immagini sono tratte dalla pagina Facebook di Ilaria Cucchi]

Angela Caporale

Giornalista freelance. Credere nei diritti umani, per me, significa dare voce a chi, per mille motivi, è silente. Sogno di scoprire e fotografare ogni angolo del Medio Oriente. Nel frattempo, scrivo per diverse testate, sono nata su The Bottom Up.

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