[Questa recensione è a cura di Elettra Stamboulis che ha curato i testi introduttivi al libro.]
Il nuovo libro di Gianluca Costantini interamente dedicato al Graphic Journalism ci interroga. Si sa, il disegno è sempre un perturbante, ma aldilà degli aspetti connessi alla presenza del soggetto disegnato, la questione che pone davanti ai nostri occhi questa raccolta è più connaturata al tema stesso della definizione del genere, ovvero cos’è il Journalism, il giornalismo, oggi?
La frammentazione dei canali di informazione, la loro delocalizzazione e la polverizzazione della responsabilità giornalistica sono aspetti percepiti da molti osservatori: la fine della “chiesa” dell’informazione e la nascita del brusio della piazza, in cui si può passeggiare, contribuire, interagire, sono aspetti cruciali di questa metamorfosi che si interseca con una crisi degli strumenti classici delle democrazie occidentali, come ad esempio la forma partito, che rende nebbioso l’orizzonte del quarto potere e del suo ruolo.
In questa strada sterrata di fronte al Saloon dei poteri forti, in cui i revolver delle grandi testate armano o disarmano le proprie armi, sudano freddo, chiudono e riaprono, fanno ballare i direttori, insomma c’è una febbricitante attività tesa alla sopravvivenza, il Graphic Journalism si presenta come il messicano con il sombrero dei western classici. Tempi lunghi, storie analitiche, devozione creativa, attenzione a chi ha meno voce.
Costantini non è un giornalista di professione, nasce artista, ma da oltre dieci anni dedica una parte importante della sua linea, nel senso fisico della parola, alla narrazione del reale. Un reale che sta nel tempo breve della notizia: la lunga presenza di Political Comics, un blog autoriale che ogni giorno ridisegnava le brevi del canale di Yahoo, recepiva in parte aspetti delle azioni degli artisti sociali, in parte una necessità di tipo giornalistico: rendere la notizia che sfuggiva veloce e algida sullo schermo, presente agli occhi del lettore. Disegnare i volti i cui nomi spesso suonano talmente esotici da non poter rientrare in nessun cassetto della memoria, serve se non altro a dare sostanza ad una vita, di cui spesso viene comunicata la fine.
E la fine è molto presente in questi articoli, usciti su testate molto diverse tra loro (dagli ormai classici Internazionale e Linus a Le Monde Diplomatique, a siti di informazione) e quindi pensati graficamente e testualmente in modo diverso. Dal 2005 al 2017 la messe di storie, reportage, articoli, comunicazione sociale, copre un range di temi amplissimo, con un’attenzione però particolarmente concentrata sugli esteri. Se pensiamo che dal 2010 tra Regno Unito e Stati Uniti ogni anno si svolge una conferenza di studi su fumetto e medicina, che di fatto si focalizza sulla comunicazione e l’informazione di temi collegati alla salute e l’informazione disegnata, capiamo dalla versatilità invece di Costantini quanto ancora in Italia e larga parte di Europa, sia difficile “specializzarsi” in un’area tematica. In un certo senso questa è la sua forza, ma mostra la debolezza e la timidezza del nostro panorama informativo.
“Fedele alla linea” non è ovviamente un manuale, ma è sicuramente un ottimo compendio di esempi di cosa e come possa contribuire il giornalismo disegnato a ridefinire le linee dell’informazione in questo delicato passaggio di crisi dei media che conoscevamo. In fondo questo almeno non è cambiato, il giornalismo si impara dagli esempi, non dalla teoria.