[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Victoria Breeze e Nathan Moore pubblicato su The Conversation]
In Cina si sta registrando un notevole aumento del numero di studenti provenienti dall’Africa. In meno di 15 anni, infatti, il corpo studentesco africano è cresciuto di 26 volte passando da poco meno di 2.000 allievi nel 2003 a quasi 50.000 nel 2015.
Nei rapporti pubblicati dall’Istituto di Statistica dell’UNESCO (UIS) si legge che sono circa 40.000 gli studenti africani ospitati ogni anno negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La Cina ha superato questa cifra già nel 2014 diventando, così, la seconda destinazione più popolare per gli studenti africani che decidono di studiare all’estero, e posizionandosi al di sotto della sola Francia, Paese che ne ospita poco più di 95.000.
Per anni, le cifre contenute in questi rapporti sono rimaste negli archivi online del ministero dell’Istruzione cinese. Tuttavia, una recente iniziativa della Michigan State University ha permesso ad alcuni ricercatori di interpretarle e renderle note a un pubblico più ampio.
Le analisi non solo hanno rivelato una crescita dei legami tra Cina e Africa ma hanno anche consentito un approfondimento sulle tendenze internazionali cinesi in materia di istruzione all’interno di un contesto globale.
L’obiettivo del Governo cinese
Le Università cinesi sono piene di studenti provenienti da nazioni di quasi tutto il mondo, tra cui l’Asia, le Americhe, l’Europa e l’Oceania. La percentuale di studenti asiatici batte ancora il numero di quelli africani, che costituiscono, a loro volta, il 13% del corpo studentesco. Eppure tale cifra, che è aumentata del 2% nel 2003, sta crescendo ogni anno, e molto più velocemente rispetto ad altre regioni. Infatti, in maniera proporzionale sono sempre di più gli studenti africani che ogni anno si recano in Cina rispetto a quelli provenienti da qualsiasi altra parte del globo.
Questo forte incremento del numero di studenti africani trova una parziale risposta nell’atteggiamento del Governo cinese, che ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo dell’istruzione e delle risorse umane africane. Dal 2000, infatti, nel corso dei summit del Forum di cooperazione Cina-Africa (FOCAC) era stato promesso sostegno finanziario e politico per permettere all’istruzione africana di progredire sia all’interno del continente stesso sia all’estero (in Cina).
Pertanto, a partire dal 2006, la Cina ha stabilito gli obiettivi delle borse di studio messe a disposizione al fine di aiutare gli studenti africani che vi si recano per studiare. Ad esempio, in uno dei più recenti summit del 2015, la Cina aveva annunciato il suo impegno a erogarne 30.000 entro il 2018.
Sebbene nel 2008 la Cina abbia smesso di pubblicare i numeri delle borse di studio regionali, la nostra analisi (che al fine di fornire tali stime ha preso in considerazione le cifre del periodo 2003-2008) rivela come l’obiettivo prefissato sia sulla buona strada per poter essere raggiunto. Sembra, quindi, che la Cina stia mantenendo gli impegni presi nei confronti dell’Africa.
Vantaggi reciproci sia per l’istruzione che per gli affari
Per il Governo cinese, fornire istruzione agli studenti africani è sinonimo di estensione del “soft power” cinese, il che, a sua volta, permette la crescita della futura generazione di élite e studiosi africani. In questo modo, l’esperienza acquisita all’estero potrà tradursi nella buona volontà degli studenti a lavorare con la Cina e a giudicare positivamente in futuro le politiche interne ed estere cinesi.
Ma che cosa ricevono in cambio gli studenti africani? I ricercatori del progetto di conoscenza Cina-Africa hanno constatato che sono diverse le ragioni per le quali gli studenti si dirigono in Cina. Alcuni vi si recano semplicemente per proseguire gli studi, anche senza aver ottenuto una borsa di studio, vista l’accessibilità economica, mentre per altri l’obiettivo principale è la possibilità di sviluppare legami commerciali oppure apprendere la lingua di un Paese considerato da tutti come una potenza emergente.
Stando a diversi studi si può capire come la tendenza generale della maggior parte degli studenti sia quella di iscriversi a corsi di lingua cinese o a facoltà di Ingegneria. In quest’ultimo caso la scelta può essere dettata dal fatto che all’interno delle Università cinesi per studenti internazionali molti insegnamenti del piano di studio vengano erogati in inglese.
Tuttavia, la qualità dell’istruzione cinese è stata oggetto di critiche contrastanti. Alcuni studi hanno rivelato come gli studenti africani, finché riescono a superare le barriere linguistiche, appaiono generalmente soddisfatti della loro formazione. Altri mostrano che, sebbene gli studenti non siano rimasti particolarmente colpiti da essa, hanno comunque apprezzato i vantaggi offerti da un’istruzione di questo tipo, ovvero potenziali opportunità commerciali e imprenditoriali per il loro Paese.
La generazione futura
È difficile riuscire a capire quali siano precisamente i Paesi africani dai quali parte il maggior numero di studenti verso la Cina. Nemmeno il ministero dell’Istruzione cinese conosce questi dettagli. Tuttavia, i dati statistici dell’Università di Tsinghua ci danno una visione d’insieme. Nell’arco dell’anno accademico 2015-2016, la maggior parte dei 111 studenti universitari africani provenivano da Paesi situati prevalentemente nell’Africa orientale oppure da Zimbabwe, Etiopia, Tanzania, Marocco, Eritrea e Camerun.
Invece, la Francia ospita studenti africani che provengono, nella stragrande maggioranza dei casi, da Paesi dell’Africa occidentale francofona. Le statistiche relative all’Università di Tsinghua significano quindi che la nazione sta giocando un ruolo sempre più importante nel campo dello sviluppo dell’istruzione per i Paesi al di fuori dell’Africa occidentale.
A causa delle rigorose norme cinesi sui visti, la maggior parte degli studenti internazionali si vedono costretti a lasciare il Paese una volta completata la propria formazione. Ciò impedisce dunque la diffusione del cosiddetto fenomeno della “fuga di cervelli” e dimostra come la Cina stia formando una generazione di studenti africani che – a differenza dei loro compatrioti francesi, americani o inglesi – hanno più probabilità di ritornare nella propria patria portando con sé, oltre all’istruzione acquisita, nuove competenze lavorative.
Ora come ora è però troppo presto per poter dire con esattezza in che modo queste nuove dinamiche avranno un impatto sulla geopolitica del continente.
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