Rifugiati LGBTI, diritti che oscillano tra norme e pregiudizi

[Questo articolo è a firma di Tobias Pellicciari con la collaborazione di Paola Villano *.]

Fin dai tempi più remoti, l’umanità è in movimento. Alcune persone si spostano alla ricerca di nuove opportunità economiche e di nuovi orizzonti. Altre per sfuggire a conflitti armati, povertà, insicurezza alimentare, persecuzione, terrorismo o violazioni e abusi dei diritti umani. Altre ancora lo fanno in risposta agli effetti negativi del cambiamento climatico, le catastrofi naturali (alcune delle quali possono essere legate al cambiamento climatico) o altri fattori ambientali. Molti si muovono, anche, per una combinazione di questi motivi.

Comincia così la Dichiarazione di New York firmata il 19 settembre 2016 dai leader di 193 Governi riuniti per l’Assemblea delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di far fronte all’attuale crisi migratoria. La dichiarazione contiene una serie di principi e impegni, non vincolanti rispetto a come gestire la questione migranti e le richieste di asilo. Si chiede in particolare ai Paesi UE che ne hanno la possibilità, di incrementare il numero di quote di reinsediamento e ricongiungimento per i rifugiati. Inoltre, si fa appello ai Paesi più ricchi affinché riconoscano le loro responsabilità nel fornire finanziamenti umanitari in maniera tempestiva e affidabile alle comunità che ospitano un maggior numero di rifugiati.

International Support – Human Rights è un’associazione che – dal 2014, anno in cui è stata fondata – opera a favore delle minoranze sessuali in molte parti del mondo, sostiene il reinsediamento nei Paesi europei e il lavoro dell’UNHCR.

Secondo l’ultima relazione (PDF) dell’organizzazione internazionale Ilga World, sull’omofobia in relazione, anche, a specifiche politiche dello Stato, 78 Paesi del mondo criminalizzano ancora le persone con un diverso orientamento sessuale o una diversa identità di genere, in alcuni casi applicando ancora la pena di morte. Di fronte a questa realtà, nel settembre 2016, le Nazioni Unite hanno nominato Vitit Muntarbhorn primo esperto indipendente sulla violenza e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Secondo dati di ricerca i richiedenti asilo gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e intersessuali (LGBTI) devono affrontare molteplici forme di discriminazione, sia da parte delle autorità di Paesi ostili, sia nelle procedure delle richieste d’asilo di Paesi ospitanti non ancora equipaggiati per affrontare questa particolare situazione. L’European Union Agency for Fundamental Rights fornisce ogni mese un accurato report che riguarda il numero di arrivi e la provenienza, le domande di asilo, le condizioni di accoglienza, servizi basilari offerti – per esempio dal punto di vista della salute – oltre a segnalare casi di discriminazione e questioni sociali legate all’inserimento o all’accettazione.

Proteste in Germania a sostegno dei richiedenti asilo LGBTI. Foto dell’utente Flickr culturetastic

Conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, gli individui perseguitati in base al loro orientamento sessuale o alla loro identità di genere, si possono qualificare con lo status di rifugiato. L’art. 18 stabilisce il diritto d’asilo secondo la Convenzione di Ginevra (PDF) e il Protocollo di New York del 1967 sullo status di rifugiato (PDF). L’articolo 21, invece, include un elenco di persone che vengono considerate “vulnerabili” ai sensi della direttiva. Anche se le persone LGBTI non sono menzionate esplicitamente, questa lista non è esaustiva, per cui è possibile sostenere che i richiedenti asilo LGBTI vengano inclusi nella categoria delle persone vulnerabili.

Anche per questo, dal 2014 l’associazione International Support – Human Rights cerca di sensibilizzare a livello internazionale sulle buone pratiche rispetto ai programmi da adottare insieme  con gli addetti ai lavori, promuovendo programmi di sostegno e di sensibilizzazione per i Rifugiati LGBTI in tutta Europa.

Nell’ultimo anno, basandoci sulle informazioni che ci arrivano dalle ONG e anche dai rifugiati del Kenya, possiamo dire che la situazione si è molto aggravata e il lavoro dell’UHNCR e di molte associazioni, che fino ad oggi si erano occupate dei piani di reinsediamento e del sostentamento delle persone LGBTI nei campi, non è più sufficiente e richiede maggior collaborazione per riuscire a portare avanti i programmi.

Un attivista gay africano sventola la bandiera simbolo universale dei gay, lesbiche, transessuali, bisessuali e transgender. Foto dell’utente Flickr/See-ming Lee

Nel 2016 alcuni campi rifugiati in Kenya hanno rischiato di chiudere, i fondi che vengono inviati ai rifugiati LGBTI per gli alloggi, per le loro cure mediche e per il loro mantenimento sono sempre meno e nell’ultimo periodo si sono scatenate numerose proteste. Per questo la nostra associazione crede ci sia bisogno di una maggior informazione e consapevolezza del problema, su un tema che ancora oggi rimane marginale per molti Paesi europei.

Recentemente, grazie all’impegno delle ONG ci sono stati diversi sviluppi sui casi dei richiedenti asilo LGBTI in Europa. Una ricerca Fleeing Homophobia nel 2011 mostrava che le pratiche applicate da 25 Paesi europei hanno generato un’enorme diversità nella gestione delle richieste d’asilo LGBTI.

Nei vari Stati membri dell’UE sono state comunque identificate diverse sfide: le leggi che criminalizzano gli atti omosessuali consensuali o l’espressione di identità di genere diversa da quelle standard; l’obbligo dei candidati LGBTI di nascondere il loro orientamento sessuale al rientro nei loro Paesi di origine per non “provocare” la violenza e la discriminazione; l’obbligo di chiedere protezione alle autorità statali che spesso sono discriminanti verso gay e trans. E ancora: la discriminazione e la violenza subita da parte dei candidati LGBTI nelle strutture di accoglienza; la mancanza di informazioni del tutto affidabili sui diritti umani e sulle persone LGBTI nei Paesi di origine.

Questi sono solo una parte dei problemi che gli Stati membri devono ancora affrontare nelle valutazioni di asilo. Tuttavia, nel corso del tempo si sono registrati progressi e Ilga-Europe ha notato un miglioramento nella legislazione dell’Unione Europea nel quadro delle direttive di asilo.

International Support – Human Rights rinnova quindi il suo impegno e il suo sostegno rivolto alle ONG, alle cooperative, al miglioramento del sistema di accoglienza, di domanda e di richiesta per i rifugiati LGBTI, promuovendo uno sguardo più ampio sul tema e sulle linee da adottare per tutti i Paesi Europei.

Siamo sempre più convinti, inoltre, che per combattere ogni forma di discriminazione, in particolare quella verso le persone LGBTI, occorra decostruire quel pensiero comune ancora presente nella nostra società, ancorato a una cultura e a un pregiudizio omofobo e sessista.

Per fare ciò, tra le altre cose, occorre puntare su una comunicazione attenta e rispettosa verso tutti, capace di attivare quella consapevolezza e apertura verso tutte le forme di diversità.

(*) Tobias Pellicciari – advocacy per i diritti LGBTI, ha collaborato con diverse testate online: Pianeta Queer, Frontiere, MeltingPot, Pianeta gay. Ha realizzato eventi di sensibilizzazione con Amnesty International, Pianeta Viola, la Biblioteca Cabral di Bologna e il Circolo Mario Mieli di Roma. Ha realizzato un progetto per un evento sull’immigrazione presentato al Parlamento Europeo. Ha fondato e dirige l’associazione International Support – Human Rights per i diritti LGBTI.
Paola Villano – Professoressa associata confermata – Dipartimento di Scienze Dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin”. Dal 2000 al 2005 è stata ricercatrice in Psicologia sociale presso la Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Bologna. Dal 2005 è Professore Associato di Psicologia sociale presso la Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione, Università di Bologna
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