Grandi Laghi: l’eau sacrée, ovvero il piacere sessuale femminile
Proviamo a sfatare un altro mito, quello che la sessualità in Africa sia tabù e la soddisfazione femminile qualcosa da evitare ad ogni costo, anche quello delle mutilazioni genitali.
Lo facciamo parlandovi dell’Eau Sacrée, the Sacred Water, il piacere femminile, insomma. Siamo in Rwanda, il Paese delle Mille Colline, noto anche a chi non si interessa granché d’Africa per il terribile genocidio del 1994.
Ma questo piccolo Paese della Regione dei Grandi Laghi, a guardarlo meglio da vicino, non smette di stupire, soprattutto per la condizione femminile. La più alta percentuale di donne in Parlamento al mondo, 64%, e indicatori sulla scolarizzazione che danno le bambine e ragazze leggermente in aumento rispetto ai maschi. E poi c’è la sessualità. Libera, scelta, soddisfatta.
Dell’acqua sacra, quella che nasce dal corpo femminile e sgorga nel mondo attraverso l’orgasmo, ha deciso di parlare un documentarista freelance, Olivier Jourdain, che ne ha realizzato un film (qui un intervista in francese al regista). Una testimonianza attraverso le parole di uomini e donne che non hanno timore di raccontarsi, soprattutto – dice Jourdain – nelle aree rurali dove l’aspetto mistico e ancestrale di certe pratiche sono rimaste pure, diversamente dalle città, dove – racconta ancora l’autore – la colonizzazione, ma anche l’orrore del genocidio, hanno mutato atteggiamenti e mentalità.
Ad “aiutare” il regista a capire è stata soprattutto una donna, Vestine Dusabe, star di trasmissioni notturne radiofoniche su Radio Flash FM, che con umorismo e spontaneità parla senza inibizioni della gioia di essere donna, che passa anche dal piacere sessuale e da quell’eiaculazione misteriosa e fantastica che – secondo antiche tradizioni – ha addirittura origini mitologiche.
Un racconto, la cui origine si è perduta nella notte dei tempi, racconta che è stata l’eiaculazione di una regina rwandese a dar vita al Lago Kivu. Al di là della mitologia, il piacere sessuale femminile in Rwanda pare che non sia qualcosa di cui vergognarsi, al contrario, sia un segno di fertilità, realizzazione e felicità coniugale.
Fondamentale conoscere una pratica a cui l’Eau Sacrée è strettamente legata, si chiama Gukuna, attività supervisionata dalle zie paterne che consiste nel massaggiarsi le piccole labbra per allungarle il più possibile. Attività fatta individualmente o anche in gruppi – di donne, naturalmente – a dimostrazione del carattere socializzante e integrante di questa pratica. Il risultato sarà un piacere maggiore nel momento dell’amplesso e dell’eiaculazione femminile. Nella cultura ancestrale – per fortuna ancora viva – l’uomo ha una sorta di dovere/compito di portare la donna al massimo piacere che, in certi casi, dopo la prima notte, deve essere provato mostrando un panno che racchiude l’Eau Sacrée. Altro che lenzuola con il rosso della verginità!
Ovvio che la pratica di Gukuna e il solo pensiero del piacere femminile – Kunyaza – abbia provocato le ire di certa parte della Chiesa cattolica e di ONG ad essa legata. Ovviamente non c’è solo la questione del piacere derivato dall’atto sessuale, ma si contesta una pratica vista come una sorta di masturbazione e la complicità femminile nel compierla.
Uno studio della ricercatrice italiana Michela Fusaschi ha spiegato, grazie ad un lungo e interessante lavoro sul campo, i valori culturali, ancestrali e attuali della pratica e cosa davvero rappresentino certe espressioni e certi usi. Espressioni del corpo e della cultura che il colonialismo ha tentato a tutti i costi di cancellare, sopprimere, condannare.
Va anche ricordato, come spiegato in questo articolo di Jeune Afrique, che oggi Kunyaza è simbolo di appartenenza per le donne, legame profondo con il loro corpo e con la loro energia. E pare che nella regione dei Grandi Laghi ci sia un ritorno alle origini. Alle proprie origini.