[Questo articolo è a firma di James Caunt. James – di nazionalità australiana e britannica – sta frequentando un Master in Studi Africani all’Università di Copenaghen. Il passaggio finale dei suoi studi prevede una tesi e un Internship che James sta svolgendo con Voci Globali. Al momento sta effettuando una serie di ricerche a Keta, nella Regione del Volta in Ghana. Si sposterà poi in altre aree del Paese. La traduzione dall’originale in inglese è a cura di Benedetta Monti]
“La sabbia c’è sempre stata, e non è l’estrazione che causa l’erosione,” dice Ebenezer Hukportsi, 25 anni. Non è facile dire a qualcuno di smettere un’attività che fornisce sostentamento e cibo per le proprie famiglie perché stanno causando danni ambientali. Sono discorsi che sembrano astratti, eppure è proprio questo che il Governo ghanese e molti attivisti ambientali stanno cercando di fare.
L’estrazione della sabbia è un’attività praticata da tempo lungo le coste del Ghana, ed è stata identificata come la causa principale della rapida erosione della costa – provocata dall’uomo – che affligge questa nazione. Sono state fatte molte campagne contro quest’attività, perché fosse considerata inaccettabile a livello sociale, ma molti, come Ebenezer, sono ancora scettici riguardo al fatto che raccogliere anche grosse quantità di sabbia possa causare problemi.
Adesso tale attività è illegale, cosa che ha aiutato a bloccare questa pratica, eseguita su larga scala tramite macchinari e camion ribaltabili. Tuttavia, è noto che l’estrazione della sabbia su scala minore si verifica ancora, soprattutto durante la notte, e che i sacchetti di sabbia vengono venduti per realizzare blocchi di cemento utilizzati per costruire le abitazioni. “La sabbia non appartiene a nessuno, solo a Dio, quindi perché non posso prenderne un po’ e venderla per guadagnare qualcosa per la mia famiglia?”. È questa la giustificazione di Ebenzer. Considerata la mancanza di alternative economiche per le persone che vivono in quest’area è difficile controbattere.
Anche la raccolta del legname delle mangrovie attorno al villaggio di Dzita, nell’area di Keta sulla costa della Regione del Vota, ha una storia simile. Questo villaggio ha perso centinaia di metri di spiaggia che faceva da protezione e, di recente, parte della scuola elementare, durante un improvviso aumento della marea che ha inondato la cittadina.
Il legname delle mangrovie viene utilizzato come legna da ardere per cucinare, ma la sua raccolta indebolisce la fascia costiera. Questo accade perché le radici dense di questi alberi aiutano a bloccare i sedimenti e a stabilizzare il terreno sabbioso e senza le foreste di mangrovie l’erosione durante le tempeste si verifica più rapidamente.
Molti abitanti del posto, specialmente le donne, dipendono dalla vendita di questo legname per guadagnarsi da vivere. Quando ho chiesto ad alcuni venditori di legno di mangrovia di Dzita se fossero a conoscenza dell’effetto della raccolta, mi hanno risposto di non avere idea che questo potesse contribuire all’erosione della costa. “È un’attività che pratichiamo da anni, non possiamo permetterci di acquistare il gas per cucinare e riusciamo a guadagnare qualche soldo vendendo questo legname. Come può questo essere il motivo per la sparizione della costa?” afferma Evelyn Nutakor, 58 anni.
Il discorso è sempre lo stesso, senza un’adeguata educazione sugli effetti della raccolta delle mangrovie e di valide alternative economiche non è possibile incolpare la popolazione del luogo per l’impatto ambientale che causano con le loro attività. Dopotutto, cercano solo di sopravvivere.
Anche gli agricoltori nell’area di Dzita sono colpiti dall’avanzamento del mare. Ho parlato con uno di loro, Joseph, 46 anni, che ha perso il proprio raccolto di okra quando il mare ha allagato l’entroterra durante un altro aumento della marea all’inizio di quest’anno, episodio che ha distrutto la sua piccola fattoria. “Non posso andare da nessun’altra parte per piantare i miei raccolti. Questo è stato un anno particolarmente duro. Prego il Signore che il mare stia lontano ancora un po’ per darmi il tempo di avere un buon raccolto. Non so quando verranno a costruire un’opera di difesa della costa, spero presto.” Secondo notizie ufficiali del Governo, presto sarà proprio l’area di Dzita a beneficiare di un nuovo progetto per un’opera di difesa della costa, ma visitando la zona è evidente che i lavori non sono ancora iniziati.
Nonostante le dichiarazioni del Governo riguardo all’estrazione della sabbia come la causa principale della rapida erosione della costa ghanese, la situazione in realtà è ancora più complicata. Nel processo di erosione è coinvolta una combinazione di cause naturali, come l’innalzamento del livello del mare e le tempeste più violente e frequenti, e di effetti causati dall’uomo, come l’estrazione della sabbia, la costruzione di case vicino alla costa e la raccolta di legname delle mangrovie.
Tuttavia questi fattori hanno un’importanza minore rispetto agli errori di strategia del Governo sulla fascia costiera. Ad esempio il Governo è intervenuto nel corso degli anni, con progetti di ingegneria non ecocompatibili e miranti solo a frenare i problemi. Senza dubbio, l’elemento che contribuisce in modo sostanziale all’erosione della costa nella zona orientale è rappresentato dalla diga di Akosombo, costruita sul fiume Volta negli anni ’60 con la quale è stato creato il lago artificiale più grande del mondo, il lago Volta.
In questa zona dell’Oceano Atlantico è presente una corrente di marea naturale, che giunge da Sud-Ovest e spinge la sabbia in modo continuo verso Est lungo le coste del Ghana. Le acque del possente fiume Volta rifornivano le spiagge protettive di sedimenti portati a valle dal cuore della nazione, più di 70 milioni di tonnellate all’anno che sostituivano costantemente la sabbia spinta ad Est verso il Togo e il Benin. La costruzione della diga ha bloccato questa importante fonte di ripristino delle spiagge riducendo il flusso di sedimenti a 7 milioni di tonnellate, una quantità insufficiente per garantire un volume di sabbia adeguato alle spiagge.
Questo ha avuto come conseguenza il rapido aumento dell’erosione, in particolare nella zona a Est della foce del fiume, l’area dove attualmente sto svolgendo le mie ricerche. Per mitigare le conseguenze disastrose della diga sono stati attuati sistemi di difesa della costa, frangiflutti e lunghe barriere in mare per bloccare il flusso verso Est. Questo è positivo per le aree in cui tali opere di difesa della costa sono state costruite, ad esempio a Keta, dove adesso le spiagge si stanno lentamente espandendo e reintegrando. Più ad Est invece, sul lato opposto dei frangiflutti, il problema si è aggravato poiché le spiagge sono più indebolite con un tasso di erosione in aumento. La mancanza di previsioni riguardo alle conseguenze provoca danni e comporta spese costose perché un numero crescente di comunità sta richiedendo le opere di difesa e il problema affligge tutta la costa.
Arriviamo a Blekusu, a Est dell’opera di difesa della costa di Keta, dove il tasso di erosione sta davvero aumentando rapidamente. Simon Koti, pescatore di 72 anni, è furioso ma anche rassegnato al proprio destino. “Non so quanto ci vorrà prima che il mare si prenda la mia casa, forse 6 mesi, forse un anno, se qui non verrà costruita una difesa della costa, ma qualsiasi cosa accada non me ne andrò da Blekusu, ormai sono vecchio e morirò qui.”
Ci sono enormi mucchi di pietre pronte per formare una barriera a protezione del villaggio, ma nessuna traccia di operai o di macchinari per posizionarle in mare. “Sono lì da molto tempo, non sappiamo quando verranno a terminare il lavoro”, lamenta Simon. Ritiene che questo problema sia sfruttato dai partiti politici all’avvicinarsi delle elezioni del 7 dicembre. “Sappiamo che la costruzione della difesa è costosa e il governo ha promesso di costruirla se diamo il nostro voto,” afferma Simon. “Ma nel villaggio abbiamo deciso di non andare votare fino a quando non abbiamo le prove che inizieranno i lavori.”
Per molti abitanti ormai è già tardi, poiché alcune case stanno crollando inghiottite dal mare, non lasciando loro altro posto dove andare se non negli alloggi di fortuna, come le tende, oppure nelle case di amici. La costa sta perdendo da 8 a 10 metri all’anno in questa zona e la striscia di sabbia tra il mare e la laguna dove è situato il villaggio è ampia circa 100 metri, agli abitanti di Blekusu è rimasto poco tempo. Si parla anche di recuperare terreno dalla laguna poco profonda e di trasferire lì i residenti del villaggio, ma sono solo discorsi in quanto ci sono scarse indicazioni di progetti per pompare l’acqua dalla laguna per trovare un nuovo territorio che gli abitanti di Blekusu potranno reclamare.
Nei villaggi il problema è anche, naturalmente, di ordine economico, dato che la pesca è l’attività più importante in queste aree. “Qui abbiamo solo il pesce, non terreni per le coltivazioni. I negozi sono pochi e ci sono alcuni che guidano i taxi, ma tutti noi dipendiamo dalla pesca,” afferma un altro pescatore, Yao Gabara, 32 anni. La rapida diminuzione della spiaggia rende impossibile praticare la pesca tradizionale con la rete dalla costa, dove una volta alcuni uomini trascinavano le corde delle reti dalla spiaggia. “Non c’è spazio per pescare con le reti, saremo di nuovo a casa tanto è poco lo spazio dal mare al villaggio! Solamente chi ha una barca può pescare e qui non ce ne sono molti. L’unica alternativa sono i piccoli pesci della laguna. L’erosione della costa è un danno anche per la nostra economia.”
Ci sono problemi anche chi possiede una barca però, poiché l’erosione ha formato una ripida pendenza dalla riva al mare, compromettendo i punti di attracco naturali per le barche. Adesso ci vogliono molti uomini per trascinare una barca a riva, per questo aumenta il numero di persone a bordo e diminuiscono i profitti per chi possiede la barca. Una delle attività che sembra non avere problemi è il bar del villaggio, che qui chiamano “spot”. Un posto rifornito di bottiglie di gin fatto in casa dall’aspetto dubbio e di birra tiepida, in cui mi sono fermato un pomeriggio verso le 17 per una chiacchierata con la proprietaria. “Vendiamo molto gin. Credo che di recente le persone bevano di più perché hanno paura e nessun potere sul proprio destino.” La perdita dei mezzi di sostentamento, la disoccupazione e l’aumento del consumo di alcolici stanno creando maggiori tensioni e problemi sociali in un villaggio che è già assediato dal mare.
Camminando per Blekusu, tra le rovine delle case distrutte dal mare, ho notato la presenza di molti blocchi di cemento nuovi in attesa di essere utilizzati per la ricostruzione delle abitazioni. Simon mi ha riferito che sono blocchi realizzati con la sabbia estratta dalle spiagge. Gli abitanti del villaggio sono come intrappolati in un circolo vizioso, contribuendo all’erosione della costa per ricostruire le proprie case distrutte dall’erosione stessa.
Sì, l’estrazione della sabbia è un problema che deve essere affrontato, ma piuttosto che descrivere la popolazione vulnerabile come la causa dei problemi attraverso le proprie azioni, forse è giunto il momento che il Governo crei una strategia sostenibile e ecocompatibile per proteggere la preziosa costa del Ghana, in cui vive un quarto della popolazione. Temo però che potrebbe essere troppo tardi comunque per Simon e per gli abitanti di Blekusu, in balia del mare e delle trattative politiche e nessun altro aiuto in arrivo.
[Tutte le foto sono di James Caunt]