Land grabbing, crimine contro l’umanità sotto giurisdizione CPI
[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di Richard J. Rogers pubblicato su openDemocracy]
Con il fenomeno del “land-grabbing” (compravendita di terra a scapito dei più poveri, NdT) che sta rapidamente diventando una delle questioni sui diritti umani più urgenti dei nostri tempi, la Corte Penale Internazionale ha iniziato a riconoscere che spesso lo sviluppo economico è utilizzato per celare molti crimini contro l’umanità. Infatti la distruzione dell’ambiente, la confisca illegittima dei terreni e lo sfruttamento illegale delle risorse naturali possono avere effetti devastanti sui diritti delle persone ad avere una vita sana, sicura e dignitosa.
Il 7 ottobre del 2014, in qualità di partner di Global Diligence LPP, ho presentato una Comunicazione (simile ad un ricorso) per conto delle vittime cambogiane al Pubblico Ministero della Corte Penale Internazionale all’Aja. In tale Comunicazione, al Pubblico Ministero veniva richiesto di indagare sui crimini di massa associati al “land-grabbing” che affliggono la Cambogia negli ultimi vent’anni. Nel documento si afferma che circa 850.000 persone hanno subito conseguenze negative a causa dei conflitti relativi alla terra, di queste 300-400.000 sono già state sfrattate a Phnom Penh e ne sono state sfollate 145.000. Le persone che hanno fatto resistenza allo sfratto sono state cacciate con gas lacrimogeni e manganelli, mentre altre sono state uccise, stuprate, picchiate brutalmente o incarcerate in base a false accuse. La minoranza indigena della popolazione, a causa della loro particolare dipendenza e dell’importanza culturale della propria terra, ne sono state influenzate in modo sproporzionato.
Il “land-grabbing” è stato anche la causa della deforestazione in Cambogia, si tratterebbe della quinta maggiore deforestazione al mondo. Adesso gli sfollati vivono in condizioni squallide e alcuni sono vittime del traffico di esseri umani, del lavoro minorile e della prostituzione. Gli attivisti a favore dei cambogiani hanno subito intimidazioni, sono stati perseguiti e incarcerati sulla base di false accuse e uccisi.
Nella Comunicazione, sosteniamo che alcuni membri dell’élite del Governo cambogiano sono stati coinvolti in un ampio attacco contro la popolazione, seguendo la politica attuata dallo Stato e commettendo reati di trasferimento forzato, omicidi, arresti, persecuzioni e altre azioni disumane. La situazione è stata quindi spinta oltre i limiti dei diritti umani, facendola arrivare nella sfera del diritto penale internazionale – tali eventi rientrano infatti nei requisiti stabiliti per i “crimini contro l’umanità” e, pertanto, nell’ambito della giurisdizione della Corte Penale Internazionale.
Presentando questo ricorso, abbiamo ottenuto molta attenzione e supporto internazionale: 40 organizzazioni mondiali in favore dei diritti fondiari hanno firmato una lettera in cui esortano il Pubblico Ministero ad agire; migliaia di cambogiani hanno inviato una petizione per supportare questo caso, e anche organizzazioni per i diritti umani come Global Witness e la FIDH (Federazione Internazionale per i Diritti Umani) hanno contribuito con il loro sostegno. Il 21 agosto del 2015 ho testimoniato riguardo alla questione davanti al Comitato degli Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. Vi hanno partecipato anche circa 600 cambogiani americani. Dopo aver discusso sulla Comunicazione, la Sottocommissione del Parlamento Europeo per i Diritti Umani, il 26 novembre del 2015, ha approvato una risoluzione in cui sono condannate le violazioni dei diritti umani in Cambogia.
Di recente, il 15 settembre del 2016, il Pubblico Ministero della Corte Penale Internazionale ha annunciato una modifica ai criteri per la selezione dei casi e alla politica per la definizione della priorità. Adesso saranno i reati commessi, o che comportano “la distruzione dell’ambiente, lo sfruttamento illegale delle risorse naturali, oppure l’espropriazione illegittima dei terreni” ad avere la priorità.
Sembra che il Pubblico Ministero abbia accettato l’argomentazione fornita da Global Diligence, secondo cui i reati sistemici commessi con il pretesto di “sviluppo economico” per le vittime non comportano effetti meno negativi di altre atrocità commesse durante i periodi di guerra. Questo annuncio riguardo alla politica della Corte Penale Internazionale è arrivato in un momento particolarmente importante in cui il “land-grabbing” sta diventando uno dei problemi maggiori per i diritti umani. Con l’aumento della popolazione mondiale e i maggiori livelli dei consumi, le risorse naturali sono poste sotto pressione. Nelle nazioni in cui manca una buona governance, la vendita dei terreni è diventata causa di trasferimenti forzati della popolazione, di perdita dei mezzi di sussistenza per i più deboli e del degrado dell’ambiente.
La politica della Corte Penale Internazionale non apporta modifiche alle leggi o alle definizioni legali esistenti, ma segnala una nuova “attenzione interna” per dare la priorità a casi che riguardano alcuni tipi di crimini (o cause e conseguenze) che si trovano nella sfera della propria giurisdizione.
Secondo lo Statuto di Roma, il trasferimento forzato della popolazione, che spesso ha origine dal “land-grabbing”, è elencato tra i crimini contro l’umanità. Perciò se i trasferimenti forzati di massa della popolazione civile sono compiuti come parte di un attacco diffuso e sistematico seguendo la politica dello Stato, allora possono essere considerati come crimini contro l’umanità. Anche la distruzione dell’ambiente e lo sfruttamento illegale delle risorse naturali che hanno origine dal “land-grabbing” possono diventare elementi importanti che influenzano le priorità del Pubblico Ministero della Corte Penale Internazionale.
La nuova attenzione data dal Pubblico Ministero potrebbe avere un’influenza positiva su questo problema. Innanzitutto, mentre è improbabile che la maggior parte dei criminali di guerra sia dissuasa da un’incriminazione, le persone coinvolte nel “land-grabbing” hanno molto da perdere, dato che per la maggior parte sono ufficiali governativi e dirigenti di aziende che tengono alla propria reputazione, alla propria legalità, alla propria ricchezza e alla propria libertà ed è più probabile che cambino il proprio comportamento. In secondo luogo, è probabile che i dirigenti delle aziende eseguano procedure di “due-diligence” prima di investire in nazioni che soffrono di conflitti fondiari, altrimenti rischierebbero di essere complici di crimini contro l’umanità. E in terzo luogo, se la Corte Penale Internazionale si occuperà del caso della Cambogia, permetterà alle vittime e ai gruppi che sostengono i diritti fondiari nel mondo di aiutare a prevenire ulteriori violazioni.
Il cambio di prospettiva del Pubblico Ministero della Corte Penale Internazionale segna uno sviluppo significativo del diritto penale internazionale: è la prima volta che una corte costituzionale internazionale segnala che i crimini di massa commessi in tempi di pace e nel nome del profitto saranno considerati come gli altri crimini di guerra. In questo modo, il Pubblico Ministero ha dimostrato di ascoltare con attenzione i problemi delle vittime e di essere disposta a utilizzare le proprie risorse per affrontare le questioni dei diritti umani più impellenti.