Agenzia umanitaria africana, sfide e opportunità

[Traduzione a cura di Manuela Beccati dall’articolo originale di Romola Adeola, pubblicato su The Conversation]

L’Unione africana (UA) ha riconosciuto la necessità di una risposta urgente alla crisi umanitaria provocata da milioni di sfollati nel continente.

La sfida per l’Africa è enorme. Quasi il 30% dei 41 milioni di sfollati e circa il 20% dei rifugiati di tutto il mondo sono in Africa. La causa principale delle migrazioni in tutto il continente sono i conflitti e l’impatto si fa sentire sia all’interno che fuori dai confini africani.

Il Quartier Generale dell'Unione africana, l'organizzazione degli Stati africani che ha sede ad Addis Abeba, Etiopia. Foto hiroo yamagata CC Flikr
Il Quartier Generale dell’Unione africana, l’organizzazione degli Stati africani che ha sede ad Addis Abeba, Etiopia. Foto Hiroo Yamagata CC Flikr

Ma sempre più persone sono destinate a emigrare considerata la minaccia del cambiamento climatico e la crescente ondata di catastrofi naturali.

Nella prima riunione del comitato tecnico di specialisti, istituito per esaminare i temi della migrazione, sono state avanzate diverse proposte riguardanti i rifugiati e gli sfollati interni. La più significativa è stata la possibile creazione di un’Agenzia umanitaria africana.

L’idea non è nuova: era stata già discussa nel 2015, nella riunione della Consulta regionale africana sull’efficienza umanitaria ad Arusha, in Tanzania. E l’UA ha ripresentato il progetto al Vertice mondiale umanitario del 2016 a Istanbul in Turchia.

Ma funzionerà?

Quello che in teoria l’agenzia dovrebbe fare

L’Africa ha bisogno realmente di un pilastro istituzionale per dare risposte efficaci alle crisi umanitarie di tutto il continente.

L’idea è che il nuovo organismo diventi l’agenzia di riferimento nella gestione dello sfollamento forzato nei vari Paesi africani. Il suo mandato dovrebbe includere la collaborazione tra gli Stati membri su come affrontare i fattori scatenanti le crisi umanitarie nel continente tra cui i conflitti, i disastri naturali, i progetti di sviluppo e il cambiamento climatico.

Alcune di questa capacità esistono già. All’interno della Commissione dell’UA, la Divisione che si occupa degli sfollati, degli affari umanitari dei rifugiati sta realizzando la formulazione di una politica strategica sul trasferimento forzato. Attraverso la commissione sono stati sviluppati strumenti umanitari chiave: includono la Convenzione di Kampala e la Politica umanitaria africana.

È previsto poi che l’agenzia coordini il lavoro sul campo per quanto riguarda le azioni umanitarie, in collaborazione con gli Stati membri dell’UA e le comunità economiche regionali. Tuttavia, anche se questa iniziativa è lodevole, la sua struttura è ancora tutta da decidere.

Prima che venga creata l’agenzia, c’è bisogno di affrontare alcune criticità.

Vediamo le cinque principali.

Le insidie da evitare

Proliferazione istituzionale: il continente è ricco di norme e istituzioni. Ma le norme sono spesso ignorate e le istituzioni devono combattere per svolgere le loro funzioni.

L’UA deve effettuare una valutazione globale del mandato nei riguardi delle istituzioni esistenti coinvolte in attività umanitarie. Questo permetterà di mettere in luce le lacune istituzionali che dovranno essere colmate. Se lo scopo dell’agenzia è quello di guidare, supervisionare e fornire supporto tecnico alle istituzioni UA già esistenti con mandato umanitario, questo strumento permetterebbe di mappare l’ambito da gestire.

Selezione del personale: dovranno far parte dell’agenzia individui competenti. Le persone dovrebbero essere nominate per la loro capacità di gestire questioni umanitarie complesse piuttosto che per le loro connessioni politiche. Dovrebbe essere redatto un piano accurato prima della sua messa in funzione. L’UA deve sviluppare una strategia chiara su come raggiungere quest’obiettivo.

Una donna tiene in braccio suo figlio nel Campo rifugiati provenienti dal Burundi a Lusenda, nel territorio di Fizi, a Sud di Kivu, in Congo. Foto di Abel Kavanagh, MONUSCO CC su Flickr.
Una donna tiene in braccio suo figlio nel Campo rifugiati provenienti dal Burundi a Lusenda, nel territorio di Fizi, a Sud di Kivu, in Congo. Foto di Abel Kavanagh, MONUSCO CC su Flickr.

Collaborazione: stabilire obiettivi chiari e realizzabili. Un obiettivo chiaro potrebbe essere che nei primi cinque anni l’agenzia deve lavorare con gli Stati e rivedere le leggi che criminalizzano i migranti, i rifugiati e altre popolazioni sfollate con la forza. Gli eventuali obiettivi devono riflettere le esigenze umanitarie a breve e lungo termine, e servire come punto di riferimento per valutare l’efficacia dell’agenzia.

Consapevolezza e Percezione: L’UA deve sviluppare una strategia efficace per rendere popolare l’agenzia. Una delle critiche sollevate nei riguardi dell’UA, è che fa ben poco per promuovere la pace e la sicurezza nel continente. Un parere che si basa in parte su eventi passati, ma è anche il risultato di altrettanto bassi livelli di conoscenza delle attività dell’UA.

La percezione è che l’UA sia una cosa lontana dalla gente comune. E queste critiche vanno affrontate se si vuole che l’opera umanitaria risulti efficace. È importante capire come l’agenzia prevista viene percepita dalle principali parti coinvolte: le agenzie nazionali umanitarie, le organizzazioni della società civile, le agenzie esterne e la gente comune. A tale proposito è necessaria una campagna di comunicazione efficace per diffondere le proprie attività attraverso i media, che sono partner chiave in tale contesto.

Finanziamento: l’agenzia deve essere adeguatamente finanziata. Questo problema, è emerso nel corso di una consultazione regionale dell’Africa occidentale tenutosi ad Abuja, in Nigeria. In quell’occasione gli Stati hanno sottolineato la necessità di esplorare soluzioni di finanziamento all’Africa, dato un calo dell’assistenza umanitaria e l’indebolimento dei donatori esterni tradizionali. Attualmente, l’80% del bilancio della Commissione dell’Unione Africana proviene dalla cooperazione della regione con l’Unione europea e i suoi Stati membri. Questo percorso di finanziamento deve essere rivisto.

Un nuovo modello di finanziamento per favorire la titolarità africana dei programmi e delle attività UA è stato proposto al vertice dell’Unione africana nel luglio 2016. E prevede l’imposizione di una tassa dello 0,2% su “tutte le merci ammissibili” importate in Africa. Un dazio che andrebbe a generare un reddito annuo di circa 1.2 miliardi di dollari Usa.

Tuttavia, la proposta è piena di sfide. Chi dovrà stabilire quali siano le “merci ammissibili” è tutto da chiarire. Ed è tutto da vedere se il prelievo sarà in grado di soddisfare le esigenze finanziarie dell’UA.

L’Agenzia umanitaria africana è un’iniziativa apprezzabile. Ma il sostegno politico, tecnico e finanziario sono un’incognita. Questo richiede all’UA di adottare un approccio pragmatico. L’unica domanda è: ce la farà?

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