Asoriba, l’app per chiese e fedeli. E per pagare la “decima”

Fede e tecnologia. O, sarebbe meglio dire, chiese e tecnologia. In Africa le chiese nascono come i funghi, chiese cristiane di ogni tipo. Nelle grandi città o nei villaggi più remoti. Basta avere un po’ di denaro, lo spazio non è un gran problema e poi una gran dose di retorica, che non manca mai. I pastori non hanno bisogno di nessun abito talare o lasciapassare, basta che ci sappiano fare ad animare la folla, agitare il vangelo e convincere della venuta – ovviamente prossima – di Cristo sulla terra.

Dal numero dei fedeli che si riesce a raccogliere intorno a sé, dipende lo status del pastore in questione e, naturalmente, la sua ricchezza. E sì, perché nell’Africa Sub-sahariana, il pagamento della “decima” (decima parte del proprio reddito) è praticamente obbligatorio. E chi non ha soldi, piuttosto non frequenta le chiese. È così che funziona. Un mestiere come gli altri, quello del pastore, un vero e proprio business, assicurato anche dalla voglia intrinseca di far parte di una comunità da un lato e dal timore dell’aldilà dall’altro. Insomma, modello americano.

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Folla oceanica ad un evento della Justice Revival in Ohio (USA). Foto dell’utente Flikr Sameh (Sam) Fahmi, rilasciata con licenza CC BY-NC 2.0

Chi vive in un Paese africano o comunque conosce bene l’Africa sa quanto malvisto sia chi non appartiene a nessuna congregazione. Non importa quale, l’importante è farne parte. E si chiude un occhio, e anche due, se uno stesso fedele frequenta contemporaneamente una chiesa, una moschea e un witchdoctor.

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Incontro domenicale in un chiesa di un piccolo villaggio rurale in Ghana. Sullo sfondo una bacinella blu per raccogliere le offerte, metodo ormai superato. Foto di Antonella Sinopoli

Ma l’Africa è in crescita costante anche in un altro ambito, l’uso della telefonia mobile. Secondo i dati della GSMA, il 46%, della popolazione africana – oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone – possiede un cellulare, entro il 2020 altri 168 milioni ne possiederanno uno, facendo salire il numero a 725 milioni. La maggior parte ha uno smartphone o sta sostituendo il vecchio cellulare con quelli più performanti. In questo panorama si inserisce la creatività degli sviluppatori di app, comprese quelle per le chiese.

Una delle più note è Asoriba, che quest’anno si è aggiudicata il premio per la migliore start up africana. A progettarla un team di 4 ragazzi ghanesi – Nana, Jesse, Patrick e Saviour – che il loro Paese lo conoscono bene e, a giudicare dai download e dagli accessi, sono riusciti a immettere sul mercato delle app proprio quello che i fedeli cercavano. I 4 ragazzi arrivano dal MEST, Meltwater Enterpreneurial School of Technology, formidabile incubatore che – nato solo nel 2008 – sta cominciando a dare ottimi risultati.

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Panoramica del prodotto Asoriba sul computer e sullo smartphone. Foto tratta dalla pagina Facebook di Asoriba

Va da sé che due di loro sono figli di pastori e uno – l’amministratore delegato della società – sta studiando per diventarlo a sua volta. Al momento sono circa 400 le chiese associate con prezzo stabilito perlopiù in base ai numeri dei propri fedeli.

Non è un caso che tale applicazione sia nata e abbia avuto tanto successo in Ghana (con sviluppo ora anche in Nigeria e Sud Africa), Paese dove – secondo il World Christian Database – si contano 700 sette cristiane e almeno 71.000 congregazioni individuali.

In Twi, una delle lingue locali più diffuse in Ghana, Asoriba significa “membro di una chiesa” ed è a loro, oltre che alle chiese associate, che si rivolge la app. Attraverso questa i fedeli possono ascoltare l’ultima predica – in caso non siano riusciti ad andare in chiesa – prenotare preghiere, restare aggiornato sugli appuntamenti organizzati dal proprio pastore, scambiarsi commenti con gli altri membri e, naturalmente, pagare la decima. Va da sé che Asoriba ha anche una pagina facebook, è su twitter e su tutti i principali social.

Più l’Africa è connessa alla Rete dunque, più il culto diventa pubblico e condiviso e la domenica – l’incontro ufficiale e collettivo – è solo una minima parte, ormai, della ritualità e degli eventi a cui la congregazione prende parte. E sono le modalità, soprattutto, ad essere cambiate, con una chiesa – e i suoi pastori – che ora girano lo sguardo verso la tecnologia, semplice, intuitiva ed efficace come una app, per moltiplicare il numero degli aderenti.

La vision è chiara – e anche questa efficace nel suo messaggio: “conquistare il maggior numero di anime usando la tecnologia come mezzo per ottenere tale risultato”.

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Schermata che mostra come un pastore può tracciare i pagamenti dei fedeli che frequentano la sua chiesa. Immagine tratta dalla pagina facebook di Asoriba

Che Asoriba sia utile e in crescita lo dimostra anche la richiesta di personale da assumere, alla sezione Employment. Del resto – sempre secondo le analisi di GSMA – nel 2015 la tecnologia mobile ha generato in Africa il 6.7% del PIL e creato 3.8 milioni di posti di lavoro.

Ma attenzione, la crescita delle chiese non è un fenomeno solo africano, anzi. Secondo l’Hartford Institute for Religion Research, solo negli Stati Uniti esistono 1600 megachiese (di congregazioni protestanti), in un numero compreso tra 250 e 500 sugli altri continenti, 25 di queste solo in Nigeria.

E a proposito di Nigeria – che con il Ghana condivide l’alto numero di chiese, pastori e congregazioni, superiore in Nigeria solo per numero di abitanti e ampiezza del territorio – i ragazzi ghanesi dovranno vedersela con ChurchPlus, la similare app nigeriana, immessa sul mercato qualche anno fa.

Un’Africa al passo con i tempi, e anche oltre, dunque. Più che le folle oceaniche nelle megastrutture, in futuro conteranno i numeri dei download e, ovviamente, la consistenza delle offerte. Che oggi vengono lasciate sempre meno nella scodella o nel panierino e sempre più alla transazione online.

Antonella Sinopoli

Giornalista professionista. Per anni redattore e responsabile di sede all'AdnKronos. Scrive di Africa anche su Nigrizia, Valigia Blu, Ghanaway, e all'occasione su altre riviste specializzate. Si interessa e scrive di questioni che riguardano il continente africano, di diritti umani, questioni sociali, letteratura e poesia africana. Ha viaggiato molto prima di fermarsi in Ghana e decidere di ripartire da lì. Ma continua ad esplorare, in uno stato di celata, perenne inquietudine. Direttore responsabile di Voci Globali. Fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Co-fondatrice e coordinatrice del progetto OneGlobalVoice, Uniti e Unici nel valore della diversità.

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