Integrazione digitale, iniziative per migranti e rifugiati
Integrazione digitale come strumento di effettiva inclusione partecipativa ad una nuova comunità oppure ancora un orizzonte verso cui tendere?
Di esperienze di alfabetizzazione digitale in giro per l’Europa ce ne sono diverse. Ma quante sono quelle che garantiscono effettivamente allo straniero un trampolino di lancio verso il mondo del lavoro o verso un inserimento più agevole in un nuovo contesto abitativo?
In Italia – va detto – non ci sono cifre esatte sull’uso di moderne tecnologie da parte degli stranieri e l’Istat – che ogni anno pubblica il rapporto “Cittadini e nuove tecnologie” non fa distinzioni in base alle nazionalità.
Eppure, esperienze virtuose ce ne sono diverse, alcune particolarmente degne di nota.
Quella portata avanti da Fondazione Mondo Digitale, per esempio, è una di queste: una realtà che da oltre dieci anni ha introdotto con successo l’uso integrato delle nuove tecnologie nei programmi di alfabetizzazione per i cittadini stranieri, codificando l’esperienza anche in un vero e proprio manuale ad uso e consumo di una categoria particolare di stranieri, i rifugiati.
Si chiama “Doppio Codice” il nome del progetto che la Fondazione ha rivolto invece ai minori non accompagnati accolti in un centro di pronto intervento minori. Tra gli strumenti usati per l’integrazione c’è anche un “vocabolario multilingue multimediale”.
“I ragazzi afgani in particolare – racconta a Voci Globali il direttore generale della Fondazione, Marta Michilli – hanno contribuito alla traduzione di tutte le voci in lingua farsi. Una bellissima esperienza messa a disposizione, in rete, da tutte le scuole“.
Da allora – anno 2006 – sono oltre 20 i progetti che la Fondazione ha realizzato con destinatari diversi – minori, donne, famiglie, analfabeti nella lingua di origine, rifugiati, giovani in cerca di lavoro. Oltre a due esperienze pilota nei centri di seconda e terza accoglienza. Tutto, sotto il segno di quella che può essere definita una vera e propria “tecnologia solidale“.
“Fra i giovani tutor che insegnano le nuove tecnologie, ai nostri anziani per un progetto come ‘Nonni su Internet’ – aggiunge la Michilli – Ci sono anche ragazze e ragazzi di origine straniera che frequentano la scuola italiana. E possiamo dire che sono straordinari mediatori digitali e interculturali, in grado di accelerare la diffusione delle competenze funzionali, quelle che permettono di fare le cose, per sentirsi parte di una comunità, cittadini a tutti gli effetti“.
Mediatori digitali, dunque. Come quelli che si sono resi protagonisti dei “Laboratori dell’inclusione” che la Fondazione, insieme a Microsoft, Comunità di Sant’Egidio e Techsoup Italia, ha organizzato a Catania in occasione della recente Giornata mondiale del rifugiato: studenti delle scuole insegnano agli ospiti dei centri di accoglienza le basi dell’informatica e la navigazione tra i servizi della pubblica amministrazione. “Un modo innovativo – conclude il direttore generale della Fondazione – per diffondere le competenze digitali e accelerare il processo di inserimento e di integrazione degli stranieri nel Paese di accoglienza“.
Fra i corsi per l’alfabetizzazione digitale in giro per l’Italia spicca anche quello organizzato dall’Associazione femminile Soroptimist International che ha dato il via al progetto “Una cultura informatica per i minori migranti”, destinato ai minori migranti presenti nel Belpaese, con particolare riferimento ai minori non accompagnati individuati grazie alla collaborazione con diversi centri di accoglienza. E che ha come obiettivo l’integrazione sociale e la diffusione delle cultura digitale grazie alla garanzia di un titolo riconosciuto a livello europeo, che funziona da vero e proprio passaporto per il mondo del lavoro.
Eppure, per uno straniero il passaggio più difficile e delicato è e rimane proprio quello iniziale. “La diffusione della cultura digitale nei confronti degli stranieri è già un passo successivo rispetto a ciò che serve nell’immediato“, dice a Voci Globali Bashkim Sejdiu, ideatore dell’applicazione InfoStranieri, un’app per Android e IOS che si propone come “un sistema di ausilio dinamico al sistema burocratico con cui gli stranieri si imbattono durante la permanenza sul territorio italiano“. “Il primo scoglio da superare – continua Sejdiu – è quello rappresentato dalla burocrazia italiana”.
Ed ecco che l’aiuto dato dalla app – aiuto diretto e gratuito – riguarda cose di immediata utilità come il permesso di soggiorno, la carta di soggiorno, la coesione familiare, il ricongiungimento familiare, la cittadinanza.
“Quando a dieci anni sono venuto in Italia dall’Albania – racconta Sejdiu – mi sono subito imbattuto in una serie di difficoltà prima di riuscire a integrarmi. Sono molti gli ostacoli che uno straniero deve affrontare quando viene in contatto con la burocrazia italiana. Per questo, nell’ideare l’applicazione InfoStranieri, in dieci lingue diverse, ho pensato di dover trasformare un ostacolo in un’opportunità, fruibile da tutti e facilmente“.
Lanciata nel marzo 2015, InfoStranieri ha già collezionato 12.000 download, e ha una media di 30/50 richieste di informazioni al giorno. Cifre che sono in crescita, visto l’ampio bacino di utenza a cui si rivolge: 5 milioni di immigrati presenti ad oggi in Italia.
“L’integrazione digitale – afferma il suo ideatore – parte senza dubbio dalla facilitazione burocratica. Gli enti pubblici hanno difficoltà a parlare con gli immigrati. E in Italia raramente un immigrato riesce a trovare un interlocutore che conosca la sua lingua. La difficoltà che devo affrontare ora è quella di mostrare come un immigrato di seconda generazione sia riuscito ad essere un mediatore informatico e linguistico attraverso la creazione di un team, impegnato in un progetto condiviso. Siamo una start up innovativa a vocazione sociale, e la nostra app al momento è la prima e unica in Europa che offre questo tipo di servizio in più lingue. In questo progetto cerchiamo anche di coinvolgere associazioni e consolati”.
L’ostacolo che diventa un’opportunità di lavoro, per chi ha iniziativa e voglia di mettersi in gioco, è ancora un’eccezione, ma che può fare scuola, vista la carenza istituzionale nel fornire certi tipi di servizi.
Il paradosso è l’ampia diffusione di smartphone fra gli immigrati ma registrare, nel contempo, un diffuso analfabetismo digitale, non soltanto fra stranieri e rifugiati.