E se il prossimo Einstein fosse africano? E se fosse già lì, riflettendo e sperimentando?
Abituati come siamo a pensare al continente come luogo di bisogni e carenze viene difficile immaginarlo nel suo potenziale di creatività e ingegno. E non parliamo dell’ingegno legato ai piccoli adattamenti quotidiani per cui, certo, gli africani sono maestri. Parliamo di un ingegno che cambia e cambierà il modo di fare le cose, di affrontare problemi, di migliorare la vita di tutti. Anche altrove, non solo in Africa.
Dalla realizzazione di biciclette in bamboo a ricerche sull’effetto dell’alluminio di cui è composta buona parte degli utensili usati in Africa; dalle piattaforme il cui scopo è ridurre la mortalità infantile all’uso della tecnologia solare e di biomasse per trasporti alternativi. Questi e molti altri ancora sono gli esempi e il risultato di ricerche e applicazione dell’ingegno che si stanno sviluppando – e da tempo – sul continente.
Al Maker Faire, che dal 2009 al 2014 ha acceso i riflettori sui giovani talenti africani, si affiancano altri eventi che mirano a conoscere e a far conoscere nuove scoperte e idee in ogni settore: dalla medicina alla tecnologia, dalle ICT all’arte del riciclo. Il Maker Faire è stato una sorta di trampolino di lancio, un appuntamento offerto a chi aveva bisogno di una vetrina per far conoscere la propria creatività.
Ma ora sta accadendo molto di più. Si è da poco concluso a Dakar il primo Next Einstein Forum. Obiettivo: portare fuori dall’ombra i giovani scienziati africani. Circa 1.000 i partecipanti, di cui il 50% con un’età al di sotto dei 42 anni. L’iniziativa – a cura dell’African Institute for Mathematical Sciences (AIMS) in partnership con la Robert Bosch Stiftung, sarà una sorta di campo di lavoro che mobiliterà le menti più brillanti per affrontare e risolvere i problemi più pressanti del continente (ma non solo del continente africano) attraverso la tecnologia, l’ingegneristica, la matematica e le scienze sociali.
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Come altrove nel mondo, la carenza di fondi e investimenti, è una delle difficoltà che giovani talenti – lavorino in gruppo o da soli – si trovano ad affrontare. E il NEF, a questo proposito, vuole rappresentare anche una voce collettiva per spingere all’impegno governi e privati per stimolare e tenere in piedi la ricerca.
I punti essenziali del progetto NEF sono stati riassunti nella Dichiarazione di Dakar, sottoscritta anche dai capi di Stato africani presenti all’incontro. Alla voce “Investimenti” c’è l’impegno ad aumentarli, nel settore della scienza e della tecnologia con lo scopo di raggiungere lo 0.7% del Prodotto Interno Lordo entro il 2020 e l’1% entro il 2025.
La Dichiarazione si concentra anche sul ruolo dei giovani e delle donne riconoscendo la difficoltà per queste ultime di accedere o terminare l’educazione, soprattutto nell’ambito dei programmi STEM, Scienza, Tecnologia, Ingegneristica e Matematica. L’impegno, in questo caso, è di assicurare l’accesso e l’incremento delle donne a tali programmi di studi e l’inserimento nel mondo del lavoro.
Per fortuna, una volta tanto, non si tratta solo di promesse. L’AIMS non solo propone workshop, conferenze, tutoraggio e training, ma ha già a disposizione fondi per scolarship che mette a disposizione, ovviamente, per gli studenti più dotati. Finanziamenti spesso derivati da donazioni che non arrivano dall’estero ma da filantropi africani o di origine africana, spesso essi stessi scienziati.
E da oggi ogni Paese africano ha il suo ambasciatore per la scienza, 54 ambasciatori per 54 Paesi. Nominati durante le giornate di Dakar, avranno il compito di sostenere non solo le attività del Next Einstein Forum, ma di rappresentare la crescita e la diffusione della filosofia che sta dietro lo sviluppo della ricerca nel continente africano. Qualcosa che è molto più di un riscatto, presenze reali per progetti veri e già in corso. A Dakar ne sono stati presentati di innovativi, originali e, soprattutto, utili.
Nel frattempo appuntamento già fissato al 2018, stavolta a Kigali.
Prima di quello, però, di innovazione in Africa si parlerà di nuovo molto presto. Il prossimo giugno è in programma a Gaborone, capitale del Botswana, l’Innovation Prize for Africa.
Arrivato alla sua quinta edizione, il tema di quest’anno è inequivocabile, Made in Africa. Un vero evento pan-africano catalizzatore di idee che mirano a dare contributi concreti allo sviluppo del continente. Contributi africani. Finora l’IPA ha attratto 6.000 innovatori provenienti da 50 Paesi africani.
Basta sfogliare la pagina delle nomination e dei vincitori degli anni scorsi per rendersi conto della misura dei partecipanti (e dei vincitori) delle precedenti edizioni.
Di scienziati e innovatori l’Africa è piena, insomma. Basta guardarsi in giro. E se magari volete saperne di più, basta seguire l’hashtag #africaseinsteins.
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