In America Latina il più alto tasso al mondo di femminicidi

[Traduzione a cura di Nicoletta de Vita, dall‘articolo originale di Mimi Yagoub  pubblicato su openDemocracy]
La maggior parte degli omicidi di donne nel mondo si verificano in America Latina, un fenomeno dovuto anche alle attività della criminalità organizzata, come il traffico di esseri umani e la violenza delle gang, come racconta InSight Crime.

 

Campagna di qualche anno fa contro il femminicidio in America Latina e il massacro di Ciudad Juárez. Foto dell'utente Flickr jrsnchzhrs. Rilasciata in licenza CC

 

Un recente rapporto elaborato da numerose organizzazioni internazionali, ha rivelato che sette dei dieci Paesi con il più alto numero nel mondo di omicidi di donne sono in America Latina. San Salvador è in testa alla lista con un tasso di 8.9 omicidi ogni 100.000 donne nel 2012, seguita dalla Colombia con 6.3, il Guatemala con 6.2, la Russia con 6.2 e il Brasile con 4.8. Il Messico e Suriname sono anche tra i primi dieci.

Mentre in generale i livelli di violenza e gli abusi domestici sono considerati le principali cause che contribuiscono agli alti tassi di femminicidio, la criminalità organizzata riveste un ruolo importante nella vittimizzazione delle donne in quest’area del mondo. Ruolo che viene però trascurato. Come ha detto ad InSight Crime il Procuratore generale del Guatemala Thelma Aldana, il 50 per cento delle 854 donne assassinate in Guatemala nel 2015 sono il risultato diretto della criminalità organizzata.

Traffico di esseri umani e femminicidi

Il traffico di esseri umani in America Latina è una vasta economia illegale che colpisce in modo sproporzionato le donne e le ragazze.

L’unico caso in cui è possibile dire che il femminicidio è in aumento a causa della criminalità organizzata transnazionale è il caso del traffico di esseri umani … in America Centrale e nei Caraibi”. Lo ha detto il rappresentante dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) Ufficio Regionale per l’America Centrale e nei Caraibi, Amado Philip de Andrés.

Le vittime del traffico di esseri umani da e per queste regioni – la maggioranza dei quali sono donne di età compresa tra 18 e 28 – sono in aumento, e così il numero delle persone che rimangono uccise.
Il tasso di omicidi nei casi di traffico di esseri umani per le vittime è molto, molto alto“, ha affermato de Andrés. “Soprattutto a fini dello sfruttamento sessuale, che … potrebbe spiegare 91 o 92 per cento dei casi.”

Le donne vittime, che provengono da tutta la regione, ma anche altre aree, come l’Europa orientale, sono indotte a lavorare nel mercato del sesso dove vengono torturate, stuprate, e spesso uccise.

Uno degli aspetti più preoccupanti di questa forma di crimine è che, come sottolinea de Andrés, “la vittimizzazione delle donne non finisce mai.” Anche se le vittime riescono a fuggire o riescono a salvarsi, possono essere uccise per ritorsione o addirittura possono cadere nuovamente nel commercio, se non c’è sufficiente attenzione al problema o non vengono offerte opportunità di lavoro alternative. Cose che avvengono raramente.

La diffusa impunità nei casi di traffici di esseri umani, la paura di denunciare i crimini e l’enorme redditività del mercato – fino a $ 320 milioni all’anno soltanto in una regione, secondo il funzionario UNODC – fa sì che la vittimizzazione delle donne diventi una realtà in atto. Le donne e le ragazze sono sempre più vittime di altre varianti del crimine, come il traffico illegale degli organi – vera e propria industria redditizia spesso mortale – e la tratta di migranti.

 

Donne vittime di femminicidio. Una lunghissima serie. Sul petto una placca per ricordarne il nome. Alcune sono persino sconosciute. Foto dell'utente Flickr Emanuele. Rilasciata in licenza CC.

Violenza tra gang

Un altro fenomeno latino-americano che può aiutare a spiegare l’alto tasso di omicidi femminili è la presenza di gang.

Mentre la maggior parte delle morti legate alle attività delle gang sono di sesso maschile, una delle minacce principali per le donne è di essere considerate di proprietà dei membri della gang.

Ciò è senza dubbio il risultato delle origini delle gang stesse. Secondo de Andrés del UNODC, gli omicidi legati alle gang Maras si possono far risalire alla Los Angeles degli anni ’80, luogo in cui le Maras sono nate.
E mentre le Maras si sviluppavano è sorta una nuova forma di coesione sociale – che continua ad essere un tratto essenziale di questi gruppi – in cui le Maras sono diventate la vera “famiglia” dei membri della gang, mentre i parenti degli affiliati ne sono diventati “proprietà“, come ha affermato de Andrés a InSight Crime.

Di conseguenza, durante i litigi tra bande, le donne sono spesso vittime di un fuoco incrociato, con amiche, sorelle e madri che diventano gli obiettivi di bande rivali. In molti casi, i familiari dei membri della Maras imprigionati diventano un facile bersaglio per omicidi di vendetta, poiché l’uomo non è in grado di proteggerli.

Inoltre, secondo il “codice d’onore” dei Maras se un membro tradisce o abbandona la propria gang, quelli che vengono attaccati sono i più vulnerabili – che di solito significa lo stupro o l’omicidio di sua sorella o moglie – ha spiegato de Andrés.

Le fidanzate sono i soggetti più vulnerabili. Mentre gli uomini sono raramente puniti per infedeltà, le donne possono essere uccise per tale comportamento.

Il caso molto spesso studiato di Juárez in Messico, che ha visto 400 femminicidi tra il 1990 e il 2005, è esemplificativo di come i femminicidi spesso siano “simbolici. Infatti molte donne assassinate a Juárez sono state ritrovate con segni di torture, stupri, mutilazione – in particolare degli organi sessuali e dei seni – e decapitate.

Ma quei segni di tortura rappresentano, nel modello, più anomalie che la regola. Dei 400 casi documentati a Juárez, 100 sono stati risolti, e nella maggior parte di quei casi erano coinvolti conviventi o persone che la vittima conosceva.

Nonostante tutto ciò, le brutali tattiche evidenziate sui corpi di alcune vittime possono sembrare un mezzo per trasmettere un messaggio e ancora oggi sono molto comuni, soprattutto nel Triangolo del Nord. Secondo Aldana, queste pratiche brutali non solo portano i chiari marchi della criminalità organizzata, ma sono anche espressione di misoginia.

La differenza in Guatemala tra la morte di una donna e quella di un uomo è che la donna viene violentata prima di essere uccisa e poi mutilata. Questo non accade per gli uomini. È facile vedere come la misoginia sia presente fino al momento della morte di una donna” ha ribadito Adana ad Insight Crime.

Donne che lavorano per il crimine

I femminicidi possono essere ancora più diffusi tra le donne che lavorano e diventano membri di organizzazioni criminali.

All’interno del crimine organizzato, le strutture patriarcali e ruoli di genere tradizionali continuano ad essere riprodotti” ha riferito l’Unità della Polizia Criminale del Ministero della Giustizia della Colombia ad InSight Crime. Infatti, le donne occupano raramente posizioni più elevate in un’organizzazione, e sono piuttosto utilizzate per lavori modesti, ma spesso pericolosi.

Forse il più alto profilo di questi ruoli femminili all’interno delle organizzazioni criminali è quello della “mula” o mula per droga, ovvero trasportare la droga all’interno del corpo. Molto spesso questo ruolo può portare alla morte se i farmaci entrano nel sangue della donna, e lei se viene scoperta rischia anche di essere uccisa come forma di punizione.

In altre strutture criminali, le donne possono essere utilizzate nella filiera della droga, lavorando come esattori di estorsione o come spacciatrici.

Mettere fine al ciclo

Il femminicidio e la maggioranza delle impunità che lo circonda è un tema caldo per le forze dell’ordine in tutta la regione dell’America Latina.
Un problema fondamentale che ostacola il progresso è che “la legge non protegge le donne che sono coinvolte nel crimine organizzato“, come sottolinea il procuratore generale del Guatemala Aldana.

Tutto ciò nonostante il fatto che molte donne sono costrette a unirsi ai sistemi criminali. Secondo il procuratore generale, i pubblici ministeri hanno bisogno di impegnarsi a capire la differenza tra le donne che sono coinvolte nelle organizzazioni criminali di spontanea volontà e quelle che invece sono costrette ad aderire a causa della dipendenza economica, o per altri motivi.

 De Andrés concorda sul fatto che, anche se la normativa che definisce e criminalizza i femminicidi è forte in molti paesi dell’America Latina, quello che manca è il procidemento penale e la prevenzione. La persecuzione continua delle donne è una questione molto critica che può essere risolta aumentando l’attenzione e la tutela per le vittime, oltre a proteggere coloro che sono a rischio quando diventano testimoni di giustizia.

Data la natura del crimine organizzato, l’azione internazionale è essenziale nella prevenzione degli omicidi e femminicidi. Una risposta a questo problema è una nuova campagna sostenuta e promossa dall’UNODC dal titolo “Blue Heart” che mira a sensibilizzare sul traffico di essere umani utilizzando voli transnazionali.

In Guatemala, nel 2008 il Governo ha istituito una legge specifica in materia di femminicidio; ha lanciato una task force, creando un tribunale speciale in grado di accogliere questi casi, e ha istituito un centro dove le vittime possono testimoniare e ricevere un supporto psicologico. Recentemente Adana ha annunciato l’istituzione di una Procura speciale per femminicidi nell’Ufficio per Omicidi che dovrebbe essere inaugurata nel marzo 2016. E tuttavia, ammette che nel suo Paese continua ad esserci una resistenza molto scoraggiante sul tema.

È incredibilmente difficile per la legge esprimersi a favore delle donne – ha affermato Adana – introdurre una legge che richiede alla magistratura di adottare un approccio di genere nei casi in cui una donna sia coinvolta nel crimine. Penso che siamo molto lontani da questo metodo di lavoro.

 

Nicoletta de Vita

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione, appassionata di viaggi e laureata in management turistico. Lavora per una radio che si occupa di antimafia a Napoli.

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