Fiabe africane in (quasi) tutte le lingue del mondo
Leggere una favola, leggerla nella propria lingua madre, apprendere la propria cultura e nello stesso tempo aprire la mente ad altre culture e ad altre lingue. È questo, in sostanza, lo scopo del progetto African Storybook. L’iniziativa fa capo al SAIDE (Istituto sudafricano per l’educazione a distanza) ed è già diventata una piattaforma di riferimento per insegnanti, studenti, lettori.
Avviato in Sud Africa, Lesotho, Kenya e Uganda, il progetto si è poi allargato e ora coinvolge anche il Ghana, Ruanda, Niger, Mozambico, Etiopia, Tanzania. Un contenitore che raccoglie favole classiche provenienti anche dai più piccoli villaggi dei singoli Paesi, ma anche un luogo in cui si può sperimentare la creatività e la scrittura proponendo nuove fiabe e racconti.
Alcune storie nascono infatti nell’ambito di workshop in cui collaborano studenti, insegnanti, e anche librai e genitori. Ma la cosa ancora più interessante è l’opera di traduzione dei testi. Quarantotto le lingue in cui sono – al momento – tradotte le favole, 348 le storie illustrate e 1.025 le traduzioni.
In Africa sono circa 2.000 le lingue parlate, un patrimonio enorme di culture e tradizioni di cui le fiabe rappresentano una significativa realtà che trasmette usi, costumi, credenze. Ma anche miti e leggende. Per dare il proprio contributo nella traduzione o adattamento delle storie, basta registrarsi – ognuno può scegliere la lingua che preferisce e anzi più si tratta di lingue poco parlate più si aiuta la diffusione della conoscenza e la protezione della cultura dal rischio di estinzione. Naturalmente l’intero progetto è in licenza Creative Commons.
L’opera di traduzione non riguarda solo le lingue parlate nel continente africano. La diffusione del progetto – con Global African Storybook Project – sta permettendo di acquisire sempre nuovi spazi e volontari e sono finora 16 le lingue europee in cui sono tradotte le favole. Favole che fanno così da ponte tra continenti, culture, persone, bambini… African Storybook ha anche il merito di rendere disponibile uno strumento di intrattenimento e insegnamento – la fiaba appunto – laddove la circolazione di testi scritti è assai limitata. Basta avere una connessione Internet e scaricare le favole nella lingua scelta. E per facilitarne la distribuzione i documenti sul sito sono in audio, word, pdf, immagini. Le storie possono anche essere lette su tablet e cellulari.
Naturalmente le sfide non sono poche: dai problemi di elettricità e di connessione nelle aree rurali, a quelli legati alle dinamiche di acquisizione e insegnamento di una lingua diversa da quella madre, a – finanche – il recupero, in alcuni casi, della propria lingua madre. Al primo problema il centro sudafricano di educazione a distanza sta ovviando sia attraverso, come si diceva, l’utilizzo di applicazioni su smartphone e la possibilità di utilizzare liberamente i materiali scaricati, sia attraverso lo sviluppo di un programma Intranet.
Per quanto riguarda le questioni legate alla “cultura del linguaggio”, nel continente africano si vive in modo alternato un doppio standard che si manifesta nei diversi approcci con cui ci si identifica con la lingua parlata: volontà degli ex colonizzatori di piegare le popolazioni alla cultura dominante e quindi conservazione strenua del proprio linguaggio o – dall’altro lato – l’abbandono totale della propria lingua madre nella convinzione che solo adottando la lingua ufficiale si può trovare un buon lavoro e un posto nella società. Ma, come dimostrato da diversi studi e ricerche, imparare la lingua ufficiale senza dimenticare, ma anzi coltivando la propria, allarga la mente e la possibilità di esperienze. Un arricchimento che – fin da bambini – le favole e i racconti del proprio villaggio, città, Paese e di quelle di altri villaggi, città e Paesi africani, possono contribuire a rendere ancora più profondo. E, perché no, anche divertente.