5 Novembre 2024

Arabia Saudita: poeta condannato a morte, in pericolo chi critica

[Traduzione a cura di Giorgio Guzzetta, dall’articolo originale di Amira Al Hussaini pubblicato su Global Voices Advocacy]


Ashraf Fayadh via Instagram.
Ashraf Fayadh via Instagram.

L’Arabia Saudita minaccia di citare in giudizio quanti sui social media paragonano il sistema penale del Regno a quello dell’ISIS. L’annuncio è arrivato dopo che un tribunale ha condannato a morte il poeta e artista palestinese Ashraf Fayadh per apostasia e altri reati connessi alla blasfemia. Lui si dichiara del tutto innocente.

Fayadh, che è nato e vive in Arabia Saudita, ha curato mostre d’arte a Jeddah e alla Biennale di Venezia ed è stato uno dei leader di Edge of Arabia, organizzazione culturale anglo-saudita che opera in campo artistico. Fayadh venne arrestato per la prima volta nell’agosto del 2013, ad Abha, nel Sud-Ovest del Paese dalla polizia religiosa, nota anche come Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio.

Il trentacinquenne fu poi rilasciato su cauzione solo per essere arrestato di nuovo a capodanno del 2014. La condanna: quattro anni di prigione e 800 frustate. I suoi avvocati a quel punto presentarono appello e le autorità giudiziarie decisero di fare un secondo processo davanti ad un nuovo collegio giudicante. La sentenza è arrivata lo scorso aprile: i giudici hanno condannato a morte Fayadh con l’accusa di promuovere l’ateismo nella sua raccolta di poesie del 2008, Instructions Within.

Scrive Human Rights Watch:

Il Pubblico Ministero lo ha accusato di una serie di reati legati alla blasfemia, tra cui: oltraggiare Dio e il Profeta Maometto ; diffondere l’ateismo e promuoverlo tra i giovani in luoghi pubblici; deridere i versetti su Dio e sui profeti; rifiutare il Corano; negare l’esistenza del giorno della risurrezione; contestare il destino e il decreto divino; avere relazioni illecite con donne, memorizzando le loro foto sul suo telefonino.


Screenshot dell'articolo di Al Riyadh, dove si sostiene che chiunque paragoni il codice penale dell'Arabia Saudita a quello dell'ISIS sarà citato in giudizio.
Screenshot dell'articolo di Al Riyadh, dove si sostiene che chiunque paragoni il codice penale dell'Arabia Saudita a quello dell'ISIS sarà citato in giudizio.

La sentenza è stata ampiamente criticata nei social media. Molti hanno confrontato il codice penale e le punizioni eseguite in Arabia Saudita con quelle dell’ISIS nel cosiddetto Califfato islamico, creato occupando brutalmente fasce di territorio in Siria e in Iraq.

Citando una fonte anonima del ministero della Giustizia saudita, il quotidiano arabo Al Riyadh (filo-governativo) ha riferito che chiunque avesse criticato il sistema giudiziario saudita e le sue sentenze sarebbe stato a sua volta citato in giudizio. Nel rapporto si legge:

علمت «الرياض» بأن وزارة العدل تتجه لمحاكمة أحد الأشخاص وصف عبر «تويتر» أحد
الأحكام الصادرة عن محاكم المملكة بالحكم «الداعشي»، وذلك إثر حكم ابتدائي صدر من
المحكمة العامة بأبها يقضي بالحكم على أحد الأشخاص بالقتل حداً للردة.

Secondo fonti di Al Riyadh, il Ministero della Giustizia è in procinto di denunciare un utente Twitter che ha affermato che una sentenza emessa da uno dei tribunali del Regno somigliasse a quelle dell’ISIS. La sentenza del tribunale di primo grado di Abha prevede l’esecuzione capitale per apostasia.

Gli utenti di Twitter confrontano il sistema penale saudita con quello dell’ ISIS.

Su Twitter, i netizen si sono scagliati contro la notizia sotto l’hashtag #sosuemesaudi, continuando a paragonare l’Arabia Saudita con l’ISIS.

Molti hanno condiviso questa infografica, creata da Middle East Eye, in cui si elencano le somiglianze tra pene comminate dall’Arabia Saudita e dall’ISIS:


Delitto e castigo: confronto tra i sistemi penali sauditi e quelli dell’ISIS. Infografica da Middle East Eye.
Delitto e castigo: confronto tra i sistemi penali sauditi e quelli dell’ISIS. Infografica da Middle East Eye.

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Come riporta l’infografica, sia l’Arabia Saudita che l’ISIS puniscono la bestemmia, l’omosessualità, il tradimento e l’omicidio con la pena di morte. Mentre l’ISIS punisce calunnia e uso di alcolici con 80 frustate, le punizioni del Regno variano “a discrezione del giudice“.

La punizione per scippo comprende l’amputazione della mano destra in Arabia Saudita e l’amputazione di una mano (non specificata) nei territori dell’ISIS. Sia l’Arabia Saudita che l’ISIS prevedono l’amputazione di mani e piedi come punizione per il banditismo (furto). Invece, mentre in Arabia Saudita i colpevoli di banditismo (omicidio e furto) sono condannati a morte, l’ISIS li crocifigge.

Molti altri hanno denunciato l’Arabia Saudita per le punizioni simili a quelle dell’ISIS. L’egiziano Bahaa Awwad scrive:

Secondo Amnesty International, più di 150 persone sono state giustiziate quest’anno in Arabia Saudita, ovvero una media di una persona ogni due giorni, il numero più alto registrato dal 1995.

Giorgio Guzzetta

Accademico errante, residente a Roma dopo vari periodi di studio e lavoro all'estero (Stati Uniti, Inghilterra e Sudafrica). Si è occupato di letteratura italiana e comparata, globalizzazione culturale, Internet e nuovi media. Occasionalmente fa traduzioni dall'inglese e dal francese.

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