I giovani burkinabé ce l’hanno fatta. Domenica si vota
Ce l’hanno fatta! I giovani burkinabè domenica 29 novembre andranno a votare per scegliere il nuovo presidente. In modo democratico e civile. Come democratica e civile è stata la loro battaglia per non cadere nel solito vizio antico della dittatura mascherata da promesse di sicurezza e mantenimento di certi standard.
I giovani e la società civile burkinabé hanno dato una grande lezione nell’ultimo anno, di saper riconoscere i propri diritti e lottare per questi senza ricorrere alla violenza.
Prima si sono ribellati al regime di Blaise Compaoré, sostenuto dalla Francia, che dopo 27 anni al potere avrebbe voluto cambiare la Costituzione per assicurarsi nuovamente la presidenza, di fatto a vita. Nei giorni dell’insurrezione – avviata il 31 ottobre 2014 – una trentina di persone sono rimaste uccise e oltre 600 i feriti. Poteva trasformarsi in una carneficina. Non lo è stato. Un po’ per il carattere fermo ma pacato dei burkinabé scesi in piazza, un po’ per le paure dei leader oltreoceano che proprio un altro punto caldo in quell’area del West Africa a pochi chilometri dal Sahel non possono permetterselo.
Le dimissioni forzate del vecchio presidente ha dato vita a un governo di transizione che aveva assicurato e fissato elezioni all’11 ottobre 2015, ma in settembre, il colpo di scena: il tentativo di colpo di Stato del generale Gilbert Diendéré braccio destro di Compaoré. Niente da fare. La società civile, composta da molti, moltissimi giovani, non glielo ha permesso. Colpo di Stato fallito. E anche in questo caso, nel modo più indolore possibile.
Tra i principali leader della protesta sono emersi alcuni giovani musicisti rap come Smockey o Sams’K Le Jah che, attraverso l’utilizzo pedagogico della musica e una serie di azioni non-violente nelle scuole e sulle strade, organizzate attraverso il movimento (divenuto internazionale) Le balai citoyen, hanno guidato questo processo.
Ora si attendono le elezioni, che avranno luogo domenica 29 novembre. Quattordici i candidati. Due i favoriti: Roch Marc Christian Kaboré, Movimento del Popolo per il Progresso (MPP) e Zéphirin Diabré, Unione per il Progresso e Cambiamento (UPC).
Comunque vada la terra degli uomini integri (questo vuol dire Burkina Faso), ribattezzata così da Thomas Sankara, ha dato una lezione di civiltà e partecipazione non violenta. “Non siate cinici al riguardo: si tratta di un vero progresso”.