Etiopia, liberi gli attivisti del blog collettivo Zone9
[Traduzione a cura di Davide Galati, dall’articolo originale pubblicato da Global Voices Advocacy]
È notizia di pochi giorni fa l’assoluzione di quattro membri del blog collettivo in lingua amarica Zone9, rimasti in carcere per 18 mesi sotto l’accusa di terrorismo. Il nome del gruppo prende spunto dalla principale prigione etiope, Kaliti, suddivisa in otto zone: considerando l’Etiopia come una sorta di più ampia prigione, i fondatori del collettivo si diedero il nome di “Zone9ers“.
È noto, e confermato dalle classifiche Freedom House del 2015, come l’Etiopia sia uno dei Paesi meno liberi al mondo per quanto riguarda la libertà di stampa o la libertà di parola online.
Il caso del collettivo Zone9 è stato seguito sin dall’inizio con molta attenzione dal network Global Voices: alcuni dei blogger di Zone9 sono in effetti anche fondatori del gruppo Global Voices in Amarico, uno dei 43 gruppi/lingua che compongono la realtà del network. Nel seguito la traduzione dell’ultimo comunicato di Global Voices Advocacy relativo alla vicenda.
La comunità di Global Voices è felicissima di sapere che i membri del blog collettivo etiope Zone9 sono stati oggi [16 ottobre, NdT] assolti da un tribunale di Addis Abeba. I blogger hanno trascorso 18 mesi in carcere, perlopiù in attesa di processo in base ad accuse infondate di terrorismo.
I quattro blogger avevano tutti contribuito a Zone9, un blog collettivo che copriva le questioni sociali e politiche in Etiopia e promuoveva i diritti umani e la responsabilità di governo. Erano stati arrestati nell’aprile del 2014, insieme ad altri cinque colleghi, e alla fine accusati in base al famigerato Proclama antiterrorismo del 2009, che è stato utilizzato per incarcerare alcuni importanti giornalisti e blogger che avevano espresso critiche nei confronti del partito di governo EPRDF.
Nel 2012, il collettivo Zone9 aveva iniziato a lavorare con Global Voices per costituire la comunità Global Voices in Amarico, la lingua più comunemente parlata in Etiopia. Endalk Chala, uno dei membri fondatori del gruppo che aveva iniziato un programma di dottorato negli Stati Uniti diversi mesi prima, risparmiandosi quindi l’arresto, si è dichiarato sopraffatto dalla notizia:
Sono entusiasta dalla notizia, ma la lotta non è ancora finita. Sto cercando di ricompormi per capire ciò che è successo durante l’intero periodo del processo… è un sollievo per me, per i miei colleghi e per tutti noi, ma ancora c’è molto lavoro da fare.
Il co-fondatore di Global Voices Ethan Zuckerman ha affermato:
Tutti i membri di Global Voices sono entusiasti per la notizia dell’assoluzione dei nostri colleghi, che sono stati ingiustamente detenuti per un anno e mezzo. Se siamo entusiasti per loro e le loro famiglie, restiamo però profondamente preoccupati per il clima politico vigente in Etiopia rispetto alla libertà di parola online.
Cinque membri del gruppo originale erano stati assolti da ogni accusa e rilasciati l’8 luglio 2015. Il destino dei restanti quattro era rimasto oscuro fino ad oggi, 16 ottobre. Dei quattro blogger assolti, per Befeqadu Hailu – tra le altre cose un autore di Global Voices -, c’è ancora da chiarire una residua accusa ai sensi dell’articolo 257 del codice penale etiope [presunto reato di incitamento alla violenza, NdT]. Fonti vicine a Befeqadu ritengono comunque improbabile che questo renda necessario trascorrere ulteriore tempo in carcere.
Il direttore di Global Voices Advocacy Ellery Roberts Biddle ha accolto positivamente la notizia, ma ha fatto eco alle preoccupazioni di Chala e di Zuckerman:
Pare davvero strano gioire per questa assoluzione da accuse che non avrebbe dovuto essere presentate, soprattutto pensando che molti altri blogger e giornalisti rimangono dietro le sbarre in Etiopia.
Esempio lampante di giustizia spezzata in Etiopia e totale disprezzo per la libertà di espressione, il caso ha unito gli etiopi sui social media intorno all’hashtag #FreeZone9Bloggers, che è rimasto molto attivo su Twitter sin dal giorno del loro arresto. Global Voices ha pubblicato molteplici testimonianze scritte dai blogger e portate fuori dalla prigione di Kilinto di nascosto, ha dato al caso continua copertura giornalistica, e ha contribuito a condurre maratone sui social media e a una campagna di selfie su Tumblr.
L’ONG Media Legal Defence Initiative, il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), Article 19, Human Rights Watch e molti altri gruppi per i diritti umani hanno sostenuto il caso attraverso appelli pubblici e interventi legali a favore dei blogger. Il direttore di GV Advocacy Ellery Roberts Biddle ha visto la notizia come fonte di ispirazione per continuare a impegnarsi per i diritti umani online:
Sono così orgogliosa di quanto la comunità di Global Voices si sia impegnata per sostenere e gettare luce su questo caso… Gli attivisti hanno spinto con slancio incredibile la campagna e l’hashtag #FreeZone9Bloggers. Sfruttiamo tutto questo per continuare a lavorare, spingendo per la protezione dei diritti umani in Etiopia e in tutto il mondo.