Letteratura gender, propaganda o questione scientifica?

In primo piano sulla piattaforma di petizioni Change.org (che ospita più di 8.000 petizioni attive), un argomento che ha tenuto banco in questo rovente luglio 2015: la messa al bando, da parte del nuovo sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, di numerosi testi per bambini, in particolare “tutti i libri che parlano di gender o di genitore 1 e genitore 2″.

La vittoria della petizione – con più di 30.000 sostenitori – contro l’Indice dei “libri proibiti” ha contribuito ad alimentare un dibattito delicato che tocca la formazione dei più piccoli, prendendo spunto dai 49 “controversi” testi , alcuni dei quali veri e propri classici della letteratura d’infanzia. Il tema continua a far discutere, perché il diritto alla lettura – quando si tratta di minori – è sempre stato un terreno molto scivoloso.

La questione è questa: possono testi come “Piccolo blu e piccolo giallo“, “Orecchie di farfalla“, “Di Mamma ce n’è una sola“, “Piccolo Uovo“, “Il pentolino di Antonino essere “diseducativi”?

Screenshot della petizione online sulla piattaforma Change.org

La scrittrice per l’infanzia e storica autrice televisiva Luisa Mattia, a cui abbiamo chiesto un parere sul tema, sembra non avere dubbi: “La risposta è no – dice – Lo è in assoluto. La letteratura per l’infanzia ha una lunga storia e proporre ai bambini letture di eccellenza – ‘Piccolo blu e piccolo giallo’ ne è un esempio eclatante e indiscutibile – è opera meritoria, un atto di civiltà e un’occasione intelligente per i bambini. Quando si legge una buona storia, nulla è diseducativo. Credo che il sindaco di Venezia e i suoi collaboratori abbiano letto molto poco, purtroppo per loro. E certamente, non hanno alcuna conoscenza della narrativa per l’infanzia“.

Fuori dalle polemiche strettamente legate alla cronaca, il problema è però molto sentito da insegnanti e genitori, specie quando si comincia a parlare di “pericolosità” di un testo destinato a bambini piccoli.

Ma cosa vuol dire ‘pericoloso’? La fiaba è ‘pericolosa’? Topolino è pericoloso? Pinocchio spinge alla disobbedienza? E che dire di Tom Sawyer? L’Antico testamento che racconta la storia tragica dell’uccisione di Abele da parte di Caino è pericoloso? Insomma, parliamo di storie, di narrazioni, non del manuale di istruzioni del microonde“.

La domanda che viene da fare ad una scrittrice per l’infanzia è quali siano i problemi etici che ci si pone quando ci si rivolge ad un pubblico di lettori in età evolutiva.

L’etica non è un problema, per definizione. Quando si scrive una storia, inevitabilmente, si propone una propria visione del mondo. Da sempre, quando si racconta una storia a un bambino, l’imperativo è essere sinceri nel costruire una buona storia, chiari ed esigenti nella qualità del linguaggio, attenti a mantenere un livello della narrazione che sia problematico, critico, ma lasci spazio alla riflessione e alla speranza. E alla levità, se si può. Altri obblighi non ne vedo“.

Ma cosa si intende esattamente per “letteratura gender”?

La letteratura ‘gender’ non so cosa sia, francamente. Certe catalogazioni sono manichee, retoriche e finte, capaci di generare reazioni propagandistiche come quella del Comune di Venezia”.

Eppure, studi sulla letteratura gender cominciano ad affacciarsi sugli scaffali delle librerie: per esempio c’è quello di Marguerite Peeters “Il gender. Una questione politica e culturale“.  “La distinzione biologica dei sessi e la famiglia tradizionale – si legge nella presentazione – sono messe in discussione da assunti filosofici, da analisi sociologiche e da iniziative politiche che riflettono l’esigenza di garantire uguaglianza di diritti fra i sessi e interscambiabilità dei ruoli famigliari e personali. Il tutto nel quadro di un’ideologia di marca universitaria che esercita una forte influenza sull’etica collettiva e che trova la sua amplificazione negli organi della comunicazione di massa”.

Aristide Fumagalli, nel suo saggio “La questione gender – Una sfida antropologica” cerca di fare chiarezza sui termini della questione, partendo prima di tutto dalle parole.

“In italiano il termine genere, può essere inteso sia in senso specificamente sessuale, sia in senso genericamente umano – maschio e femmina sono due generi sessuali, ma appartengono all’unico genere umano –, l’inglese gender si riferisce alla sola differenza specifica che connota gli esseri umani, senza significare la loro comune appartenenza alla medesima umanità. Tuttavia, a differenza dell’italiano genere, che può anche essere inteso come sinonimo di sesso – si parla di sesso maschile e femminile, ma anche di genere maschile e femminile – l’inglese gender non risulta sinonimo di sex, rispetto al quale, anzi, si sottolinea la distinzione”.

La confusione semantica che riguarda il termine gender “è ulteriormente complicata dall’indeterminatezza del concetto, che rassomiglia a un attaccapanni cui vengono appesi e sovrapposti modi diversi d’intenderlo. Il concetto di gender è infatti variamente inteso come: sessualità, maschile o femminile; oppure come personalità, sia maschile che femminile; è altrimenti compreso come condizione sociale o posizione in ambito politico, subordinata o privilegiata. In termini più formali, il concetto di gender è assimilato a una categoria oggettiva, o socio-culturale o performativa”.

Il problema è dunque davvero quello dei libri gender? Perché il punto è che il sindaco veneziano li ha messi al bando perché sono “temi da trattare a casa”.

Molta attenzione ha suscitato l’appello di Andrea Valente e Matteo Corradini sul loro sito, appello diretto al sindaco di Venezia, in cui si legge “Signor sindaco, cortesemente bandisca anche i nostri libri. Non vogliamo stare in una città dove vengono banditi quelli di altri”.

Seguono le firme di tanti scrittori italiani (fra cui Francesco Tullio Altan, Massimo Carlotto, Tito Faraci, Michele Serra, Bruno Tognolini) che hanno aderito a questa provocatoria petizione.

Il problema non è quello dell’argomento gender – ha dichiarato Valente –. Il problema è proprio quello della censura: nella scuola ideale i libri dovrebbero entrare tutti. Sappiamo che non è possibile, ma la soluzione non è certo toglierli o nasconderli. La fantasia non può essere bandita“.

La copertina di "Piccolo uovo" di Francesca Pardi

Di fronte alla levata di scudi contro l’indice dei libri proibiti, il sindaco di Venezia ha fatto un cauto passo indietro, sempre però mantenendo ferma la sua posizione:“Denunciamo la polemica inerente quelli che sono stati definiti i libri sulla teoria gender. – ha dichiarato – Ne è nata una speculazione culturale che non ci intimorisce. Non potendo avere una visione completa ed esaustiva della questione, si è preferito ritirare tutti i libri distribuiti dalla precedente Amministrazione in modo da poter verificare serenamente e con piena cognizione di causa quali siano, e soprattutto quali non siano adatti a bambini in età prescolare. Il vizio di fondo è stata l’arroganza culturale con cui una visione personalistica della società è stata introdotta nei nidi e nelle scuole per l’infanzia unilateralmente, in forma scritta e senza chiedere niente a nessuno, in particolar modo alle famiglie. I genitori dei piccoli devono, invece, avere voce in capitolo su aspetti determinanti che riguardano l’educazione dei loro figli e non esserne aprioristicamente esclusi.

È quindi nostra intenzione esaminare con cura e obiettività i testi, non distribuendo quelli inopportuni per i più piccoli, che pure restano liberamente consultabili da parte degli adulti nelle biblioteche. Molti libri, che trattano i temi legati alla discriminazione fisica, religiosa e razziale, sono notoriamente straordinari e verranno certamente ridistribuiti, come ad esempio le opere di Leo Lionni ‘Piccolo blu e piccolo giallo’ e ‘Guizzino’. Le riserve riguardano, invece, alcuni testi come ‘Piccolo uovo’ di Francesca Pardi o ‘Jean a deux mamans’ di Ophelie Texier. Sarà un lavoro di analisi fatto con cura e attenzione, anche approfittando del periodo estivo e delle vacanze scolastiche, valutando quali siano le persone più adatte a questa selezione ed evitando così ulteriori diatribe e strumentalizzazioni di un argomento che, ad oggi, ha fatto anche troppo parlare di sé”.

Viene in mente un proverbio cinese che recita che un libro è un giardino che puoi custodire in tasca. Forse è per questo che non ha bisogno di giardinieri.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

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