Sud Africa, violenza cieca per le strade contro gli stranieri neri

Persone bruciate vive. Altre che si sono chiuse in casa e non ne escono da giorni. Altre ancora che cercano di scappare e tornare nel  proprio Paese o di raggiungere improvvisati campi per rifugiati. E squadre della morte armate di machete e taniche di benzina, alla ricerca dello “straniero”. Sta accadendo in Sud Africa, dove praticamente senza alcun intervento – per giorni – delle forze dell’ordine si è scatenata la caccia all’uomo. E questo sotto gli occhi di folle che incitano alla violenza e che riprendono con i loro smartphone scene raccapriccianti di esecuzioni sommarie. Sul web ne circolano già alcune, ma polizia ed esperti ne stanno verificando l’autenticità. Tale propaganda, in ogni caso, non è stata sufficiente per  sollecitare un intervento immediato dello Stato o la tempestiva riprovazione della comunità internazionale. Se non dopo giorni di attacchi e grazie proprio alle immagini diffuse sui social, i media internazionali hanno cominciato a seguire l’evento.

Secondo alcuni osservatori la furia si sarebbe scatenata alle parole del re Zulu, Goodwill Zwelithini, che in un recente discorso aveva “esortato gli stranieri” a lasciare il Paese. “Non starò zitto mentre i nostri leader guidano il Paese senza alcuna strategia. È tempo di parlare… Chiediamo agli stranieri presenti in questo Paese di fare le valigie e tornare a casa propria

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E così, molti hanno imbracciato armi rudimentali per affrettare la soluzione proposta dal re. In quello comincia ad essere definito un vero e proprio pogrom. Le violenze si stanno verificando soprattutto nelle grandi città, Durban e Johannesburg. Non si sa ancora quanti siano i morti. Nel 2008 – in un altro attacco di violenza omicida contro gli “stranieri” – furono almeno 62 le persone rimaste uccise.

Ma quali sono le motivazioni di tale odio? Le più becere e comuni: ci rubano le nostre donne, il nostro lavoro, sono sporchi. Attacchi xenofobi, se non fosse che gli stranieri in questione non sono bianchi, ma africani, neri come loro. Un atteggiamento che spinge a domandarsi se non si possa invece parlare di afrofobia, razzismo del nero sul nero. Achille Mbembe, filosofo e intellettuale sudafricano, prova ad analizzare più nel profondo i motivi sociali e storici che stanno dietro a questi attacchi di barbara violenza. Mbembe parla di “catene di complicità” che coinvolgono le scelte dei Governi, l’alto tasso di disoccupazione, le “ideologie”  inculcate nei ghetti, l’isolamento del Sud Africa fino al 1994, anno in cui il regime dell’Apartheid fu cancellato. Cancellato nella forma ma resistente in molte situazioni sociali e nella mente degli individui.

In realtà, prova a spiegare l’intellettuale sudafricano, il Paese non è stato solo isolato a livello commerciale ai tempi delle sanzioni, ma è rimasto soprattutto fuori dalla “realtà africana”, come se fosse un continente a parte. In sostanza, è come se i neri sudafricani non sentissero alcuna “fraternità” nei confronti degli africani degli altri Paesi e nulla in comune con essi. Considerazioni difficili da fare e difficili da accettare mentre il pericolo della generalizzazione per spiegare una situazione così complessa è sempre in agguato.

 

Scontri xenofobi a Johannesburg, la vittima era un immigrato mozambicano, maggio 2008. STRINGER/AFP/Getty Images
Scontri xenofobi a Johannesburg, la vittima era un immigrato mozambicano, maggio 2008. STRINGER/AFP/Getty Images

Una riflessione prova a farla anche Sibusiso Tshabalala in un articolo da titolo: perché i neri del Sud Africa stanno prendendo di mira solo gli stranieri di pelle nera e non i bianchi. E anche lui finisce per arrivare alla stessa questione: è davvero xenofobia o possiamo chiamarla afrofobia?

Quello che sta accadendo nel nostro Paese non è accettabile”  ha detto intanto il presidente Jacob Zuma nel corso di un’intervista rilasciata alla SABC. Troppo tardi – dicono in molti -. La violenza è cominciato settimane fa in Durban per poi estendersi a Johannesburg dove finalmente è stata inviata la polizia a disperdere uno dei tanti assembramenti improvvisati in questi giorni per urlare agli immigrati di andar via.

Si stima che siano 5 milioni gli immigrati in Sud Africa che, allo stesso modo dei sudafricani, devono fare i conti con l’altissimo tasso di disoccupazione del Paese. I dati ufficiali parlano del 25% , ma pare che la situazione sia ancora più grave.

Una ricerca pubblicata un paio di anni fa ha però sfatato il luogo comune che gli immigrati tolgano lavoro ai sudafricani neri. Dall’analisi risulta che l’82% della popolazione tra i 15 e i 64 anni con un posto di lavoro sono “non immigrati”, il 14% “migranti dalle diverse province del Sud Africa” e solo il 4% “migranti provenienti da altri Paesi”. Con un totale di persone occupate pari a 33.017.579 significa che solo circa 1 milione e 200 mila sono migranti stranieri.

Intanto, molti di loro hanno chiuso i propri negozi per paura di essere presi di mira dalla violenza che – nonostante le parole di Zuma – pare non accenni a diminuire.

Anzi, alcuni osservatori sul campo riportano le dichiarazioni di persone che affermano che la caccia all’uomo continuerà finché l’ultimo immigrato nero non avrà lasciato il Paese.

Antonella Sinopoli

Giornalista professionista. Per anni redattore e responsabile di sede all'AdnKronos. Scrive di Africa anche su Nigrizia, Valigia Blu, Ghanaway, e all'occasione su altre riviste specializzate. Si interessa e scrive di questioni che riguardano il continente africano, di diritti umani, questioni sociali, letteratura e poesia africana. Ha viaggiato molto prima di fermarsi in Ghana e decidere di ripartire da lì. Ma continua ad esplorare, in uno stato di celata, perenne inquietudine. Direttore responsabile di Voci Globali. Fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Co-fondatrice e coordinatrice del progetto OneGlobalVoice, Uniti e Unici nel valore della diversità.

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