Costi del Non Fare, ecco i numeri del mancato sviluppo
La crescita dei Paesi in via di Sviluppo e BRICS passa certamente attraverso l’investimento in infrastrutture. E il non fare ha dei costi esattamente come il fare. Anzi, spesso, non puntare su strade, autostrade, ferrovie, reti elettriche, acquedotti ecc. per favorire la crescita di Paesi emergenti sulla scena internazionale ha costi di gran lunga più ingenti, con ricadute pesanti nel prossimo futuro.
Secondo l’ Africa Infrastructure Diagnostic Report, la mancanza di infrastrutture di livello adeguato sta frenando la crescita economica del continente africano di almeno un 2% all’anno.
Eppure, di progetti di opere pubbliche in partenariato pubblico-privato che a livello globale potrebbero costituire una promettente opportunità anche per le imprese italiane del settore ce ne sono tante. Il corridoio ferroviario Gauteng-Mpumalanga, in Sud Africa, è certamente uno di questi. Come ci racconta Stefano Clerici, coordinatore dell’Osservatorio “I Costi del Non Fare”. Che ci parla anche della direzione di marcia che dovrebbe prendere il Belpaese per crescere da qui al 2030.
Ci può spiegare perché è interessante e quali sono le caratteristiche del corridoio ferroviario Gauteng-Mpumalanga, in Sud Africa?
Il corridoio Gauteng-Mpumalanga rappresenta solo uno degli innumerevoli progetti attualmente in fase di pianificazione o in fase di bando a livello mondiale (600 progetti da noi monitorati). Il corridoio citato è sicuramente importante per l’entità del progetto e dell’investimento (circa $0,9 mld) e per la rappresentatività delle tendenze attuali nel mercato infrastrutturale. Si stima che tale mercato nel 2030 dovrebbe raggiungere i 57.000 miliardi di dollari e interesserà soprattutto i Paesi in Via di Sviluppo e BRICS dove il processo di urbanizzazione e l’alto tasso di natalità generano elevati fabbisogni. Ciò rappresenta un’opportunità imperdibile per le imprese italiane del settore che devono fare i conti con un mercato interno stagnante, ma che nel corso degli anni hanno sviluppato elevate competenze nei vari settori infrastrutturali.
Quali altri progetti a livello internazionale sono di particolare interesse per le ricadute sociali e ambientali che potrebbero avere?
Sono moltissimi i progetti a livello internazionale che avranno ricadute socio-economiche-ambientali positive sul territorio. La crescita che interessa le economie emergenti dovrà necessariamente sostenersi su un adeguata dotazione infrastrutturale. Oltre al già citato corridoio Gauteng-Mpumalanga, alcuni dei principali progetti da noi monitorati nell’attività di studio del 2014 sono il progetto acquedottistico di Monterrey ($1,2 mld), il progetto di edilizia sociale di Sao Paolo ($2,2 mld), la linea ferroviaria Mosca-Kazan ($27,5 mld).
Guardiamo più da vicino i dati. Secondo il vostro studio, 810 mld di euro è quanto costa al Paese non realizzare le infrastrutture. Ci può commentare questo dato?
Dalla nostra analisi emerge che €810 miliardi sono i Costi del Non Fare (CNF) stimati nel periodo 2014-2030, cioè i costi che la mancata realizzazione di infrastrutture strategiche prioritarie nei settori energia (elettricità e gas), rifiuti (termovalorizzatori), viabilità stradale (autostrade e tangenziali a pedaggio) e ferroviaria (ferrovie convenzionali e AV/AC), logistica (porti e interporti), idrico (acquedotti e depuratori) e telecomunicazioni (reti BUL), potrebbe comportare dal punto di vista non solo economico, ma anche sociale e ambientale, nei prossimi 17 anni, a danno di tutto il sistema Paese. Il CNF complessivo (di sistema) è dato dalla somma dei CNF dei singoli settori considerati. Il settore energia evidenzia un CNF di €69,3 miliardi, quello dei rifiuti di oltre €4 miliardi. Il CNF del settore autostrade è stimato in €74,7 miliardi mentre quello ferroviario è di circa €114 miliardi. La logistica ha un CNF di €72 miliardi. Infine, idrico e telecomunicazioni mostrano rispettivamente CNF di €49 e €425 miliardi.
Prioritario dunque risulterebbe ampliare la dotazione infrastrutturale nel periodo 2014-2030. Quali sono gli interventi che hanno l’assoluta priorità?
Al fine di evitare costi del non fare così ingenti sono stati individuati opere e interventi sulla base di normative vigenti e di programmi e documenti nazionali ed europei. In generale ciò si traduce in diverse cose: maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili; potenziamento della rete di trasmissione; adeguata capacità di rigassificazione; sufficiente capacità di termovalorizzatori per uno smaltimento efficiente dei rifiuti; sviluppo delle infrastrutture logistiche e di trasporto per un efficiente e rapido spostamento di persone e merci; qualità e modernizzazione delle reti idriche e degli impianti di depurazione; diffusione delle reti a banda Ultralarga con relativo miglioramento dei servizi ad esse connessi. Entrando nello specifico dei singoli settori, tali interventi riguardano l’energia ( 24.000 MW di impianti di generazione, 5.430 km di reti di trasmissione, 162 stazioni elettriche e di un rigassificatore da 8 G(m3); i rifiuti ( circa 28 impianti di termovalorizzazione, le autostrade e tangenziali a pedaggio (1.300 km di nuove autostrade e ampliamenti); le ferrovie (937 km di linee ad Alta Velocità e 435 km di linee convenzionali, nuove tratte e ampliamenti); la logistica ( utilizzo efficiente degli interporti attraverso lo spostamento di 23 milioni di tonnellate da gomma a ferro e il rilancio della competitività dei porti recuperando 2 milioni di TEU); l’Idrico (sostituzione di 113.000 km di reti di acquedotto e costruzione/potenziamento di depuratori che consenta la copertura di ulteriori 16 milioni di Abitanti Equivalenti); e le telecomunicazioni (copertura del 100% della popolazione con rete a Banda Ultralarga).
Quali interventi contribuirebbero di più alla salvaguardia dell’ambiente?
Gli interventi in questione sono opere di ammodernamento e upgrade delle infrastrutture esistenti che permettono di migliorare la qualità dei servizi erogati. Essi assumono importanza strategica in un contesto di risorse scarse (quale l’attuale) e di diminuzione della domanda di determinati servizi a causa del difficile contesto economico. Con investimenti relativamente contenuti, è possibile ottenere anche ottimi ritorni in termini di razionalizzazione e ottimizzazione, evitando di ricorrere ad interventi infrastrutturali pesanti e costosi. Dal punto di vista ambientale quindi si può avere un duplice vantaggio, da un lato la mancata realizzazione di opere invasive per il territorio, dall’altra la riduzione degli impatti legata alla realizzazione di una serie di interventi migliorativi. In questo senso, i casi analizzati hanno tutti un impatto ambientale positivo. Fare un confronto e una classifica risulta arduo perché si tratta di interventi diversi fatti in contesti diversi. Gli interventi energetici (smart grid, smart meter, riqualificazione della RTN e efficientamento energetico) permettono di ridurre anche significativamente i consumi e le dispersioni di energia elettrica, riducendo quindi la necessità di produrla, con importanti ricadute in termini di emissioni nocive. Lo sfruttamento del biometano permette di riutilizzare materia che altrimenti sarebbe diventata rifiuto, con tutti i problemi e gli impatti ambientali connessi al suo smaltimento. Infine, le opere ferroviarie promettono da un lato di velocizzare ed efficientare lo spostamento ferroviario di persone e merci, con minori consumi a parità di servizio; inoltre, una ferrovia più efficiente toglie traffico (soprattutto merci) dalla strada, con impatti positivi dal punto di vista delle emissioni (il treno emette meno dell’auto o dei camion a parità di merci spostate).
Ci può parlare dell’attività di Intergruppo Parlamentare?
L’Intergruppo dedicato ai “Costi del Non Fare” costituisce un luogo privilegiato e permanente di osservazione, di valutazione e di proposta politica sui temi dello sviluppo infrastrutturale del Paese. E’ un organismo associativo spontaneo costituito su base volontaria da parlamentari appartenenti a gruppi politici diversi con lo scopo di sviluppare iniziative, studi e attività sul tema delle opere. L’intergruppo si è ri-costituito a giugno dello scorso anno, ne fanno parte circa 25 deputati. È un soggetto politico col quel collaboriamo ma totalmente autonomo e indipendente rispetto alle nostre iniziative. Uno dei temi di maggiore interesse dell’intergurppo è la definizione di uno strumento efficace di dialogo tra istituzioni, imprese e popolazioni locali in tema di realizzazione delle infrastrutture, sulla falsariga del Debat Public francese.
Quali sono i prossimi progetti a cui state lavorando?
L’osservatorio, che quest’anno compie 10 anni, sta riavviando i lavori per il 2015. Il prossimo 28 aprile a Milano presenteremo il nuovo piano di attività in un incontro/seminario dal titolo “Piano Juncker e infrastrutture: strategie del Governo e opportunità per le imprese”. L’evento sarà un’ occasione per discutere con importanti esponenti delle utilities, dell’industria, della logistica e della finanza le implicazioni del Piano Juncker e per avanzare proposte in una fase cruciale di definizione delle priorità di investimento e degli strumenti di finanziamento.