“Bollenti Spiriti”, l’imprenditoria giovanile sostenuta dal Web
Il Web al servizio delle iniziative imprenditoriali dei giovani. Anche dei cosiddetti NEET – i giovani che non studiano e non cercano lavoro. Perché, se il locale riesce a “valorizzare” tutte le sue potenzialità, diventa più facile varcare i confini e affermare il valore di un’idea.
Dalla Puglia il programma “Bollenti Spiriti” è un esempio di come “un’altra idea di Mezzogiorno” si sta affermando, circolando anche grazie alle nuove tecnologie. Tanti sono i progetti realizzati e altrettanti quelli in cantiere. Ne abbiamo parlato con l’assessore alle Politiche Giovanili della Regione Puglia, Guglielmo Minervini.
È un bilancio più che positivo. Bollenti Spiriti in questi anni ha rappresentato agli occhi dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale, un’altra idea di Mezzogiorno.
Un Mezzogiorno che non si sente vittima della sua condizione, ma che rialza la testa e che non lascia andare via i suoi giovani perché li ritiene la risorsa più preziosa per la crescita e il futuro del territorio.
A dirlo sono gli importanti riconoscimenti che le nostre politiche hanno avuto: nel 2009, ad esempio, Laboratori Urbani è stata selezionata come best practice dalla Commissione Europea nell’ambito dell’Anno Europeo per la Creatività e l’Innovazione. E nel 2013 è stata selezionata tra i 100 migliori interventi in Europa nell’ambito di 100EUrban solutions, iniziativa della Commissione dedicata alle buone pratiche comunitarie di trasformazione urbana e territoriale.
Per tutte queste ragioni è difficile stilare una classifica dei progetti più virtuosi perché ce ne sono davvero tantissimi, che operano in ambiti e settori completamente diversi ma tutti accomunati dallo stesso spirito che è quello di una crescita del territorio che passa attraverso l’innovazione: dalla Blackshape di Monopoli, punta d’eccellenza assoluta sul fronte ingegneristico, ai ragazzi che hanno dato vita alla prima coltivazione in Puglia di spirulina, un’alga che può essere adoperata dai prodotti per la cura del corpo alla nutrizione, agli start-up, alle tantissime esperienze che operano sul fronte della promozione turistica e del territorio più in generale.
Nel 2009 è nato il sito Bollenti Spirito 2.0. Quanto il web è riuscito a incrementare l’attenzione e la diffusione del progetto? BarCamp, piattaforme wiki, strumenti del web 2.0: potete darci qualche dato sul feedback rispetto ai progetti portati avanti?
Bollenti Spiriti è un progetto di partecipazione. Il nostro obiettivo è rimuovere tutte le cause che escludono i giovani dalla vita attiva, a partire dall’ostacolo più grande e che riguarda quella convinzione – quasi atavica – secondo la quale un giovane del Sud se non ha le conoscenze giuste ma vuole far leva solo sulle proprie capacità, è meglio che vada via.
Per questo non ci siamo limitati a finanziare progetti giovanili ma vogliamo che gli stessi progetti costituiscano degli esempi vitali per tutti gli altri giovani che non sono coinvolti nelle azioni del programma. Noi la chiamiamo strategia del contagio virtuoso, per quale è stata di fondamentale importanza l’uso della Rete e dove la nostra piattaforma gioca un ruolo centrale.
Ad oggi sono più di diecimila gli utenti registrati, sedicimila le discussioni nei forum e 622 i progetti inseriti: questa piattaforma è una delle esperienze più vitali in Italia di uso del web 2.0 da parte di un’istituzione, con una piattaforma interamente sviluppata in house da parte degli uffici regionali.
E dal 2007 facciamo ricorso al Barcamp, in questo prima istituzione in Italia, sempre per favorire l’incontro e lo scambio d’esperienze.
In pratica con Bollenti Spiriti l’istituzione ha ribaltato la prospettiva. Non più soggetto che dall’alto impone un punto di vista, eroga una politica, ma la Regione come una piattaforma per far incontrare persone e progetti, vero e proprio server che aiuta i giovani a muovere i primi passi nella vita attiva.
Oltre 600 sono le associazioni, cooperative e imprese giovanili nate in Puglia con le prime due edizioni di Principi Attivi. Quante di queste realtà hanno resistito nel tempo?
Rispetto alla prima edizione, a 3 anni dalla fine del finanziamento, le organizzazioni che camminano saldamente sulle loro gambe sono l’80%. Poi vi è un 14% di organizzazioni che sono in una fase d’inattività ma che comunque stanno pensando a una qualche forma di riorganizzazione. E infine vi è un 6% che – ahimé – ha gettato la spugna. Risultati positivi, se si pensa che molti di questi soggetti hanno dovuto fronteggiare le intemperie della crisi, in una fase nella quale il tasso di mortalità a livello nazionale delle nuove imprese – soprattutto quelle giovanili – è piuttosto alto.
Sulla seconda edizione abbiamo stipulato una convenzione con l’Università di Bari che sta per effettuare la valutazione, ma la sensazione che ho è che i dati saranno sostanzialmente in linea, se non leggermente migliori.
Nel 2013 sono partiti 173 nuovi progetti di Principi Attivi. Come stanno andando?
I progetti sono quasi tutti in corso, la maggior parte dovrebbe terminare entro la fine del 2014. Molti vengono spesso citati dalla stampa locale e nazionale per evidenziare la loro capacità di impattare positivamente sul territorio nel quale operano.
Come il progetto di Street Art per ricolorare i palazzi del quartiere San Pio di Bari, quello di design urbano a Gioia del Colle. E poi start-up come ZenFeed di Bari e Eggplant di Polignano a Mare che stanno ottenendo importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, le giovani chef di Nobili Pasticci, i ragazzi di ECO2MPENSIAMO che stanno dando vita a un prezioso progetto di compensazione ambientale che prevede un tot di nuovi alberi e nuove piante per ogni nuovo metro cubo in più di cemento nel Comune di Adelfia.
In ogni caso, le cose più interessanti accadono dopo la fine dei progetti finanziati, quando assistiamo all’evoluzione delle attività, anche in direzioni inattese. E questo crediamo sia il vero valore aggiunto rispetto ai consueti programmi di sostegno all’imprenditorialità giovanile.
Ad esempio, il progetto in assoluto più famoso di Principi Attivi, Blackshape, oggi è una S.P.A., con oltre 100 dipendenti che realizza l’ultraleggero con le migliori performance del mondo. Ma non tutti sanno che il progetto originario prevedeva la creazione di elementi di design in carbonio e che l’idea degli aerei è venuta successivamente.
A che punto sta la rete per i laboratori urbani 2014?
Laboratori Urbani è la prima iniziativa nata con Bollenti Spiriti e oggi è ad un punto di svolta. Per un verso, l’azione di recupero degli spazi è stata un successo. Tranne una piccola percentuale di Comuni che non è riuscita a completare i cantieri, e oggi rischia il definanziamento, la quasi totalità dei 151 spazi sono stati recuperati e restituiti alle comunità.
In questo ha giocato un ruolo anche la crisi che ha colpito duramente sia gli enti locali proprietari degli spazi, che le imprese sociali e culturali impegnate nella gestione.
Questo ha portato molti gestori a ripensare completamente lo schema tradizionale dei Centri per i Giovani interamente sostenuti da risorse pubbliche e degli spazi basati sulla erogazione di servizi a pagamento. Proprio per reagire alla crisi, nei laboratori urbani sono nate nuove esperienze di impresa sociale e nuove modalità di gestione basate sullo scambio, la condivisione, l’economia collaborativa. La stessa cosa sta accadendo in molte altre parti d’Italia e un po’ in tutta Europa. Mentre Stato e Mercato arrancano, nascono cioè nuove forme di economia basate sulla comunità. È quel che sta accadendo nel laboratorio ex Fadda di San Vito dei Normanni, o al Luc di Manfredonia o in posti più piccoli come Rigenera di Palo del Colle, ma anche a Francavilla Fontana, Palagiano, Poggiardo, Locorotondo.
In tutti questi contesti, i giovani e le comunità non sono clienti ma protagonisti attivi della vita di un laboratorio urbano. Solo così si riesce a coniugare sostenibilità economica e impatto sociale sul territorio. E in questi casi, i giovani sono protagonisti e non spettatori.
Il nostro obiettivo, ora più che mai, è disseminare queste pratiche in tutta la Rete.
Proprio per questo con il nuovo piano d’azione Bollenti Spiriti, stiamo lanciando una nuova iniziativa che si chiamerà “Laboratori Urbani Mettici Le Mani” e sarà dedicata proprio a questo.
Come sta andando il progetto di mappatura partecipata attraverso la piattaforma Liberailbene.regione.puglia.it sul fronte del riuso sociale dei beni confiscati alle mafie? È stato inserito il tema della riconversione dei beni sottratti al crimine organizzato nella nuova programmazione operativa 2014-2020?
Anche su questo siamo stati un po’ precursori. Il bando “Libera il Bene”, nel 2009, è stato il primo esempio in Italia di uso dei fondi strutturali 2007-2013 per il recupero di beni confiscati alle mafie. Oggi il tema è al centro del dibattito e stiamo inserendo nella nuova programmazione sia interventi per il recupero fisico degli spazi che azioni di partecipazione e animazione territoriale, per fare in modo che i prossimi interventi siano realizzati con il pieno coinvolgimento delle comunità.
Anche sul tema dell’informazione sui beni effettivamente disponibili inizia finalmente a diradarsi la nebbia. Dal sito dell’Agenzia Nazionale apprendiamo che sono circa 600 le unità immobiliari affidate agli enti locali per progetti di riuso sociale, ma ancora oggi non sappiamo esattamente quali siano e dove si trovino.
Per questo abbiamo avviato il progetto di mappatura partecipata, che oggi conta circa 70 beni censiti dal basso in tutta la regione, e stiamo partecipando ad un gruppo di lavoro nazionale, con Libera e Unioncamere per raccogliere e diffondere le informazioni in possesso dell’Agenzia Nazionale.
Tutte queste riflessioni stanno confluendo in un progetto di legge regionale su legalità, memoria e impegno che contiamo di portare in Consiglio regionale entro la fine dell’estate.
L’Italia è uno dei Paesi europei con il maggiore tasso di NEET. Quali i dati della Regione Puglia dopo il progetto Bollenti Spiriti?
È difficile quantificare in termini numerici il contributo che Bollenti Spiriti ha saputo dare, anche perché a questo dato andrebbe sommato un capitale difficile da soppesare ma di straordinaria importanza, quale la capacità di invertire un senso comune. Detto in altri termini, credo che Bollenti Spiriti abbia invertito una rotta, rotto uno stereotipo sulla Puglia come terra dalla quale un giovane non poteva far altro che andare via. Per questo i suoi benefici vanno ben al di là delle persone che sono state direttamente coinvolte in un progetto. Certo, tutto questo non ci ha risparmiato dalla violenza della crisi, ma ha rappresentato una forma di ammortizzazione e di reazione allo stesso tempo: mentre in altre regioni si faceva fatica a capire cosa stava accadendo, noi ci eravamo già rimboccati le maniche e stavamo già risalendo la corrente.
Oggi per noi la grande sfida sono proprio i NEET. Che, statistiche alla mano, in Puglia sono circa 300mila. Per questo abbiamo messo in campo nuovi progetti, come la scuola di Bollenti Spiriti, che hanno come obiettivo quello di formare figure che possano sviluppare progetti in grado di coinvolgere, riaccendere una speranza tra quei ragazzi che hanno gettato la spugna.
Alla scuola, che non a caso abbiamo voluto a Taranto, s’aggiunge la sperimentazione del servizio civile regionale con il quale contiamo di coinvolgere un numero più ampio di giovani che possano dedicarsi ad attività per la crescita e la salvaguardia del bene comune.
Quella sui NEET è una sfida ambiziosa e da tutta Italia viene guardata con grande interesse, perché ancora nessuno ha capito come affrontare efficacemente il tema.
Noi ci vogliamo riuscire. Perché – come dice il titolo del nostro piano di attività 2014-2015 – tutti i giovani sono una risorsa. Tutti, nessuno escluso.
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