A luglio di sei anni fa l’informatico Randy Pausch, cofondatore dell’Entertainment Technology Center, moriva per un cancro al pancreas.
Può sembrare spiazzante, ma il 18 settembre 2007 un esperto di realtà virtuale come il prof. Pausch portava in scena, nella sua ultima lezione universitaria diventata poi un libro tradotto in Italia da Bur – “Last Lecture – Really Achieving Your Childhood Dreams” – il suo corpo, inequivocabilmente segnato dalla malattia.
Assieme al corpo, le parole e la sua presenza di spirito. E non per parlare di malattia, ma per discutere di infanzia e di sogni, di fronte a una platea di 400 persone, fra colleghi e studenti.
Randy Pausch – 46 anni quando i medici gli comunicarono che aveva solo qualche mese di vita ancora da vivere – ha avuto molte fortune: una robusta famiglia alle spalle (una di quelle che sanno coniugare il rigore dei principi con la trasmissione della curiosità sul mondo e sulle cose); la possibilità, quando era piccolo, di disegnare a piacimento le pareti della sua cameretta; diversi sogni da realizzare; la capacità e la volontà di perseguirli.
Ed è proprio sogno la parola che Randy – che non a caso ha trascorso un periodo della sua carriera fra la Walt Disney Imagineering e la Electrionic Arts – pone al centro della sua ultima lezione alla Carnegie Mellon University. Rielaborata come pubblicazione cartacea grazie alla collaborazione del giornalista del Wall Street Journal Jeffrey Zaslow, e messa su Internet in versione integrale, con milioni di visualizzazioni registrate.
Randy è un professore molto spiritoso e dotato di ottime doti comunicative. Con un approccio tipicamente americano – molto diretto e pragmatico – si avvale di una serie di slide che gli scorrono dietro mentre è intento a trasmettere – con la gestualità disinvolta e una mimica facciale molto espressiva – l’importanza di realizzare i propri desideri d’infanzia.
Ma quale è la prima immagine a cui affida l’apertura del suo appassionato quanto effervescente discorso?
La foto del suo pancreas con le metastasi, evidenziate da indiscrete frecce rosse. Qualcuno potrebbe pensare che la cosa sia stata un po’ azzardata. Ma Randy trova il modo giusto per allentare la tensione prodotta dall’immagine, accompagnandola con una fantasiosa metafora: “l’elefante in salotto” – queste le parole del prof. – è impossibile non notarlo, dunque tanto vale presentarlo subito.
“L’ultima lezione di Randy” – un “astuto” stratagemma per consegnare ai suoi figli il suo “messaggio in bottiglia” su ciò che conta davvero, reso più incisivo da una cornice “ufficiale” e pubblica – è una lezione di comunicazione e di vita, costruita sulla falsariga di una lezione universitaria ma con al centro la propria esperienza autobiografica.
La domanda è: come ci si racconta, quando ci si rende conto improvvisamente che il tempo che avevamo a disposizione è cortissimo?
Le doti di sintesi sono essenziali, ma altrettanto importante è mettere tutto se stessi nella comunicazione in presenza, lasciandosi andare al piacere di donarsi agli altri.
L’infanzia e i sogni: il rischio della retorica, quando si tiene “l’ultima lezione”, è molto alto.
Randy però emoziona descrivendo semplici immagini, e dando qualche buon insegnamento. Perché in fondo “l’importante è avere sogni precisi“. Sapersi valutare obiettivamente. Avere “l’onestà intellettuale che forgia il carattere“.
E bastano poche immagini per raccontare intere stagioni della propria vita.
Come la foto di lui bambino, in pigiama, appoggiato sul gomito. “In quell’immagine ho tutta l’aria di essere un bambino che amava fare grandi sogni. (…) Il sorriso sul volto di quel bambino, l’asse di legno, lo sguardo: quella foto mi ricorda che ho vinto il primo premio alla lotteria dei genitori“.
L’entusiasmo coltivato nell’infanzia e incoraggiato dal padre con un semplice sorriso che diventa poi anche il suo, è l’anticorpo più efficace per contrastare l’avanzare della malattia, affrontata ora con l’abito dello scienziato che vuole avere tutto sotto controllo per capire e ora con l’incoscienza del fanciullo che trova il modo di regalarsi momenti di divertimento e distrazione. Ricorda cose da niente, Randy, che invece sono importanti: gli insegnamenti appresi dal football; l’abilità di leadership consegnatagli dal capitano James T. Kirk della inflazionatissima nave Enterprise (siamo dalle parti di Star Trek); il sogno di un pelouche gigante da spartire con la sorella, quando i sogni si coltivano ancora in tandem.
Niente ci viene regalato. Eppure “i muri – dice Randy, supportato da una slide più che didascalica – esistono per una ragione. Non certo per allontanarci, ma per darci la possibilità di dimostrare quanto davvero desideriamo qualcosa“.
Randy di sogni ne aveva molti, altrettanti ne ha realizzati. Fino a scoprire che realizzare sogni altrui è ancora più bello. E i tuoi sogni possono anche intrecciarsi con quelli degli altri.
Alice, il software di insegnamento della Carnegie Mellon che consente ai novelli studenti di informatica di costruire animazioni per narrare storie, è uno dei quelli condivisi.
Nel parlare, Randy oscilla fra uno sguardo da “modalità scienziato” ed uno da estroso showman che si trova più a suo agio in maglietta da ragazzo del fast food che in giacca e cravatta. Ma la comunicazione avvince senza consegnarci l’ansia che allontana.
E non mancano le trovate simpatiche: “Siate il primo pinguino” è una delle sue idee didattiche, che ricorda. Il “primo pinguino” è appunto il premio che il prof. Randy si è inventato come ricompensa per chi “ha rischiato di più nella ricerca di nuove idee o nuove tecnologie, senza però aver raggiunto gli obiettivi finali“.
E la spiegazione è presto detta: “l’idea del pinguino come premio deriva dal fatto che quando questi uccelli stanno per saltare in acqua, con il rischio di essere catturati da un predatore, c’è sempre un primo pinguino che fa da apripista“.
Come dire, il fallimento è necessario per tentare nuove strade, per rischiare e puntare al nuovo. Gli insegnamenti continuano, cose di buon senso che però hanno il calore di una presenza.
Le testimonianza di Randy – che di cultura digitale se ne intendeva assai- filmata e messa in rete, è a distanza di anni ancora molto efficace. Virtuale e concretissima.
E leggere il suo sito web stimola con meno ansia e più combattività a sostenere la ricerca sul cancro al pancreas e a godere della nostra vita, conservando l’audacia di non mollare la presa sui nostri sogni così precisi.
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=hgk9ksoyjWw[/youtube]