Togo, le fortezze di “coloro che modellano la terra”

[ Antonella Sinopoli, coordinatrice editoriale di Voci Globali, risiede attualmente in Ghana, nella Regione del Volta, per una permanenza di alcuni mesi. Oltre che partecipare da lì alla vita della nostra redazione, contribuisce alla pagina con articoli e aggiornamenti sulla realtà del Paese in cui vive e sul continente africano.]

Tipica fortezza a Koutammakou nei pressi di Kantè. Foto di Antonella Sinopoli ©

Nel Nord-Est del Togo, nella terra dei Batammariba (coloro che modellano la terra) la vita è regolata dalla relazione con l’ambiente e anche le case rivestono questo scopo. Si chiamano takienta, strutture formate dal fango e poco altro materiale locale. In tempi lontani sono state vere e proprie fortezze, concentrate in poco spazio ma ricche di fessure, cunicoli, anfratti, utili a difendersi dalle razzie dei cacciatori di schiavi e dagli invasori tedeschi. Oggi rimangono a testimoniare la struttura sociale di questa popolazione, il loro rapporto con la natura, la conservazione di tradizioni ancora vivissime. Come le danze, le cerimonie di guarigione affidate al fetish doctor locale, i riti animisti. Ma per quanto ancora?

Nel 2004 l’Unesco ha inserito Koutammakou, questo territorio della Regione del Kara, nella lista dei Patrimoni mondiali dell’Umanità. È un luogo magico, quasi surreale, lontano dai villaggi “moderni” e ci si arriva incontrando fiumi, giganteschi baobab, palme, vegetazione e panorami che tolgono il respiro. Sì, si rimane senza fiato in questo percorso che porta al passato, l’uso degli stessi manufatti, degli stessi suoni, dello stesso modo di coltivare la terra o invocare gli spiriti, delle stesse rocce dove celebrare i riti voodoo. Ma rimane il senso di perdita che sta per arrivare, un giorno o l’altro. Lo senti quando incroci quella donna che parla al telefonino mentre pesta nel mortaio, quando tra le bottiglie vecchie di liquore locale fermentato spunta il gin di marca, quando il chief – Antoine, 7 mogli, 19 figli – ti racconta che a caccia non ci vanno più da tanto, perché non c’è più nulla da cacciare. Quando si aspettano da te soldi, soldi, soldi.

E poi, in questo paradiso surreale, tra queste strutture magnifiche dove entri e tutto è buio e non ti accorgi che ci sono persone e animali che ci vivono e ti osservano, ti colpisce come un improvviso mal di testa la vista di nuove abitazioni con tetti in alluminio o zinco.

Arrivarci non è stato facile, se chiedi a Lomé, la capitale, molti non sanno che questo luogo meraviglioso esiste. Devi viaggiare al confine con il Benin per arrivarci e poi, in stile africano, contrattare anche l’ingresso perché le regole quaggiù non sono quelle scritte sulla carta. Un territorio di 500 km quadrati, 50.000 abitanti, 36 villaggi nascosti nella foresta. Un luogo dove fermarsi se non fosse che appartiene a loro, i Batammariba. Sebbene patrimonio del mondo, alla fin fine saranno loro a decidere se abbandonare il passato o tenerselo stretto.

 

Esempio di "takienta", Nord-Est del Togo. Foto di Antonella Sinopoli ©
Donna Batammariba nello spaccio del villaggio. Foto di Antonella Sinopoli ©
Abitare in una "takienta". Foto di Antonella Sinopoli ©

Antonella Sinopoli

Giornalista professionista. Per anni redattore e responsabile di sede all'AdnKronos. Scrive di Africa anche su Nigrizia, Valigia Blu, Ghanaway, e all'occasione su altre riviste specializzate. Si interessa e scrive di questioni che riguardano il continente africano, di diritti umani, questioni sociali, letteratura e poesia africana. Ha viaggiato molto prima di fermarsi in Ghana e decidere di ripartire da lì. Ma continua ad esplorare, in uno stato di celata, perenne inquietudine. Direttore responsabile di Voci Globali. Fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Co-fondatrice e coordinatrice del progetto OneGlobalVoice, Uniti e Unici nel valore della diversità.

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