Morire d’amianto, e la Rete comincia a mappare il fenomeno

Amianto-killer: 20.000-30.000 casi di malattie all’anno legate all’amianto nell’Unione Europea; solo in Italia 34.000 i siti contaminati censiti ad oggi dal Ministero dell’Ambiente (si parla di circa 32 milioni di tonnellate di amianto in tutto il Belpaese, pari a 500 kg per ogni cittadino). Ed un’alta esportazione (pari a circa il 75%) dei rifiuti con presenza di amianto, con rotte privilegiate l’Austria e la Germania. Se questo è il quadro, le stime sui malati – soltanto in Italia – presentano un conto salatissimo: 5000 circa i decessi all’anno. E – secondo gli studi epidemiologici contenuti nel dossier dell’ISPEL – l’anno più critico è previsto per il 2020.

Allargando lo sguardo, la situazione è ancora più preoccupante: nel mondo – sono dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) -, i decessi a causa dell’amianto sono più di 100.000 all’anno. Tradotto: una persona ogni 5 minuti. Senza contare che ci sono Paesi – come Russia, India, Ucraina, Kazakistan, Vietnam, Zimbabwe e Kirghizistan -, che dell’amianto non sembrano affatto farne un problema.

Esposizione all'amianto, Bangladesh, foto di Adam Cohn su Flickr, licenza CC.
Esposizione all'amianto, Bangladesh, foto di Adam Cohn su Flickr, licenza CC.

La Giornata Mondiale Vittime dell’Amianto – 28 aprile – non è soltanto una data per ricordare chi non c’è più, ma anche un’occasione per far sentire alta la voce di chi chiede risposte concrete ad un problema che riguarda la salute di tutti, e non soltanto di quanti, per lavoro, sono purtroppo costretti ad esporsi alla sostanza killer.

Sono all’ordine del giorno, infatti, i casi in cui l’amianto sale alla ribalta della cronaca. Fra gli ultimi, eclatanti episodi di rischio ambientale, spicca la chiusura del polmone verde di Palermo, il parco Cassarà, dopo indagini ad hoc effettuate dal NOPA, che ha rilevato fibre di amianto in tutta la zona. O la situazione disperante di Borgo Nuovo, dove c’è una delle più preoccupanti discariche di eternit della città.

Parchi frequentati dai bambini, discariche a cielo aperto. Ma anche piazze attraversate da cittadini ignari del rischio: è il caso di Piazza dei Miracoli, a Napoli, dove sono stati segnalati, vicino ai cassonetti o lungo i marciapiedi, presunti rifiuti contenenti amianto.

Per non parlare di Carpi, dove il problema dell’amianto riguarda addirittura l’acqua: sotto accusa le vecchie tubature in cemento-amianto che cedono sotto i colpi dell’usura e del tempo, contaminando l’acqua.

Soltanto una manciata di esempi che ci ricordano come la malattia per amianto – che ha una latenza decennale – sia sempre dietro l’angolo.

E non si tratta di allarmismo giornalistico. Evitare qualsiasi forma di esposizione è l’unica strada sicura per non ammalarsi: è per questo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato di non esporsi ad alcuna fibra di amianto.

Ma bonifica e smaltimento sono due parole d’ordine che continuano in molti, troppi casi, ad essere disattese. Anche perché il Piano Nazionale Amianto predisposto dal Governo Monti  nel marzo 2013 è stato messo poi in stand-by per assenza di finanziamenti. Lasciando una situazione ambientale che – come denuncia anche da tempo Legambiente – non accenna a migliorare, con discariche abusive in aumento e censimenti non effettuati.

Se il Piano deve essere approvato, siamo già in colpevole ritardo: è del 1992 la legge che metteva al bando l’estrazione, la lavorazione e la commercializzazione della sostanza killer, utilizzata in particolare negli anni del boom edilizio del dopoguerra.

E ritardo si accumula a ritardo. “In Italia il Piano Nazionale Amianto, peraltro insufficiente sotto molti aspetti – sono parole del presidente Comitato Esposti Amianto Lazio Anna Maria Virgili – non trova mai adeguato finanziamento; nel Lazio stiamo aspettando da circa vent’anni la definizione completa e l’attuazione di un Piano Regionale: è il tema del lavoro, della tutela della salute, dell’ambiente, del nostro futuro“.

Dove non arrivano le istituzioni, i cittadini si rimboccano le maniche. Ed Ezio Bonanni, una delle voci più autorevoli in materia di amianto, autore del libro “Lo Stato dimentica l’amianto killer“, come presidente dell’Organizzazione Nazionale Amianto presenta la prima piattaforma nazionale georeferenziata disponibile a raccogliere le denunce dei cittadini, attiva dal 1 maggio all’indirizzo www.guardianazionaleamianto.it.

E la tecnologia informatica si rivela un’utile alleata per un altro aspetto: dopo gli abusi edilizi, ecco che è ancora Google Maps ad essere tirata in ballo come lente d’ingrandimento per identificare i tetti coperti di amianto, che sono risultati più di 200. È accaduto nel comune di Arcore, e l’unico limite di questo monitoraggio virtuale messo in campo dall’amministrazione, è consistito nel fatto che spesso le immagini delle mappe risultano non aggiornate. Ma al momento l’esperimento sembra dare i suoi frutti.

Anche per promuovere le tante iniziative programmate per il 28 aprile in tutto lo Stivale, la rete torna utile.

Dal Museo Archeologico di Ferrara, a Salerno, da Casale Monferrato a Cagliari fino a Bologna: tanti i momenti di incontro previsti per ribadire la necessità di porre i temi sanitari, ambientali e previdenziali come priorità nell’agenda politica italiana. A cominciare dal tema della bonifica della sostanza-killer.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

2 thoughts on “Morire d’amianto, e la Rete comincia a mappare il fenomeno

  • Sembrava un articolo serio.
    Poi avete definito qualcuno come “una fra le voci più autorevoli”, mah…

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  • Salve Marco, Bonanni e’ un professionista che da anni si occupa con serietà del tema. Mi può motivare la sua perplessità? Elena

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