Leggi anti-gay, bisogna fermare la caccia alle streghe

[Traduzione a cura di Benedetta Monti dell’articolo originale di Henry Makori pubblicato su Pambazuka News]

Il presidente Yoweri Museveni ce l’ha fatta. Contro tutte le aspettative sollevate dalla sua precedente promessa, il leader ugandese ha fatto dietrofront e ha firmato la legge Anti-Omosessualità che lo scorso dicembre è stata approvata in Parlamento dal suo partito, il Movimento di Resistenza Nazionale (NRM). Per ben quattro anni dalla sua introduzione nella legislatura, nel 2009, sono state presentate opposizioni a questa legge, sia a livello locale che internazionale.

È una strana coincidenza che l’azione di Museveni sia avvenuta proprio durante la settimana in cui Pambazuka News ha dedicato un’edizione speciale alle lotte in Africa dei gay, lesbiche, bisessuali, transgeder e intersex (abbreviati nell’acronimo LBGTI). La nostra decisione di dedicare un’edizione speciale a questo tema è stata presa a seguito di una realtà allarmante: in Africa, le leggi dell’era coloniale che criminalizzavano gli “atti contro natura” sono adesso corroborati da Governi indipendenti e sottostanno a pressioni da parte delle lobby del potere, con il pretesto che l’omosessualità non fa parte della realtà africana ed è dannosa. Questo nonostante il fatto che l’esistenza di persone LBGTI in Africa sia ben documentata da tempo immemorabile. I legislatori coloniali non avrebbero avuto nessun motivo di criminalizzare l’omosessualità se fossero stati proprio gli Europei ad introdurla nel continente.


La lotta contro leggi omofobiche e la criminalizzazione dei gay avrà una lunga strada da fare. Foto dell'utente Flickr See-ming-Lee, pubblicata con licenza CC

Al di là della repressione attraverso leggi severe, nel continente africano bisogna fare i conti con l’intolleranza verso i LBGTI. Anche in Paesi in cui la Costituzione proclama la non-discriminazione – di nessun genere – i politici, il clero e altre sedicenti politiche e gruppi basati sulla morale, proseguono imperturbati ad incitare i propri seguaci contro i gay. Omosessuali sono stati assaliti, feriti, assassinati. Molti sono stati costretti a nascondersi, messi al bando dalle famiglie, si sono visti negare un impiego, non sono riusciti ad affittare una casa. In Sud Africa c’è un  fenomeno orrendo, lo ‘stupro correttivo’ perpetrato sulle lesbiche come “cura” per il loro orientamento sessuale, prima di ammazzarle.  È impossibile rimanere impassibili davanti a questa epidemia di odio e violenza contro persone innocenti.

E adesso, con un solo tratto di penna, durante una cerimonia a cui hanno preso parte dirigenti del governo e  giornalisti, il presidente Museveni non ha lasciato dubbi sulla sua approvazione all’odio e alla violenza eccessiva rivolti ai LBGTI in Uganda e in Africa. E pensare che proprio l’Uganda di Museveni è la patria di David Kato, difensore dei diritti degli omosessuali brutalmente assassinato il 26 gennaio del 2011. Possiamo soltanto immaginare il sorriso di soddisfazione  sui volti dei suoi assassini e degli omofobi. Questa nuova legge li ha sicuramente incoraggiati.

L’Atto Anti-Omosessualità del 2014 in Uganda è senza alcun dubbio una legge draconiana. Tra i provvedimenti previsti  il carcere a vita anche se tra i due non si è consumato l’atto sessuale completo. Anche i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono puniti con l’ergastolo e per “tentata omosessualità” la pena è di sette anni dietro le sbarre.

Un ugandese che occupa un’abitazione in cui avviene una relazione omosessuale può essere incarcerato per cinque anni. I direttori di mass media e organizzazioni, proprietari di case o blogger rischiano la condanna fino a sette anni se si ritiene che agiscono per promuovere l’omosessualità e anche gli ugandesi che si trovano all’estero possono essere accusati e estradati per affrontare la pena in patria.

Leggendo attentamente questa legge, non si può non avere l’impressione che un disastro di proporzioni apocalittiche si stia abbattendo sull’Uganda e quindi esiste la necessità di un’azione legale severa per salvare la nazione. Perché diciamo questo?

UN ATTEGGIAMENTO PURITANO

Spiegando la decisione che lo ha portato all’approvazione del disegno di legge, il presidente Museveni non ha parlato di una catastrofe nazionale, ma al contrario si è lanciato sul paragone tra la cultura africana e l’anti-imperialismo. Una linea di ragionamento ormai debole. “A me sembra che la questione sull’omosessualità sia stata suscitata da gruppi occidentali arroganti e incuranti, orgogliosi di venire nelle nostre scuole a convertire i bambini all’omosessualità, allo stesso modo in cui trattano in modo incurante altre problematiche riguardanti la nostra Africa,” ha affermato Museveni, che ha continuato ad accusare le organizzazioni occidentali di “convertire le persone normali per procurarsi denaro.”

Molto bene, signor presidente. “Le persone normali” sono convertite all’omosessualità per denaro. Ci sono state lamentele al riguardo? Quali problemi tale situazione causa all’Uganda? Precedentemente alla nuova legge, in Uganda essere gay era già considerato un crimine condannato con sette anni di prigione. Le prigioni ugandesi quindi brulicano di omosessuali e di persuasori stranieri? Quanti occidentali ha perseguito lo Stato ugandese per aver convinto i bambini all’omosessualità?

Gli scienziati nazionali e internazionali “dopo studi approfonditi” hanno concluso che nessuno può essere omosessuale “solamente per natura”, ha affermato Museveni. Tuttavia, il presidente ha citato uno studio eseguito su gemelli omozigoti in Svezia (la Svezia non fa parte dell’Occidente, vero?) che ha mostrato che il 5-39% sono omosessuali per natura e il 66% per educazione.

La Dichiarazione scientifica del Ministero della Salute sull’omosessualità, datata 10 febbraio, su cui Museveni afferma di aver basato la sua decisione, è una lettura interessante che merita di essere citata.

Il comportamento omosessuale esiste in tutta la storia dell’umanità, inclusa in quella dell’Africa“, si afferma in questa dichiarazione firmata da 11 scienziati ugandesi nominati dal Governo. “L’omosessualità esiste in Africa da molto tempo prima dell’arrivo dell’uomo bianco. Tuttavia, la maggior parte delle culture africane hanno controllato le pratiche sessuali, sia etero che omosessuali, e non hanno mai permesso l’esibizione di comportamenti sessuali di alcun genere.

Gli studi di sessuologia hanno dimostrato che le manifestazioni sessuali sono distribuite su scala normale come altri attributi degli esseri umani, per esempio l’altezza – la maggior parte delle persone sono nella media, ma altre possono essere più alte o più basse. Quindi, anche per quanto riguarda la sessualità esiste una gamma di comportamenti. Alcune persone sono meno fissate in un’unica forma di sessualità piuttosto di altre. La sessualità, quindi, è una caratteristica umana più flessibile di quanto si credeva in passato e questo dimostra la variabilità biologica della razza umana.

Gli esperti affermano che: “L’omosessualità è un comportamento sessuale (non una malattia) che implica l’attrazione fisica tra persone dello stesso sesso. Non è chiaro se questa risposta psicologica diversa esiste dalla nascita o [viene] sviluppata dopo una esperienza omosessuale nel tempo. La conclusione ricavata dall’attuale quantità di prove scientifiche è che non esiste un gene responsabile per l’omosessualità e nemmeno dei dati anatomici o fisiologici che possono spiegarne la manifestazione… Riassumendo, l’omosessualità non ha una causa chiara, ma sono coinvolti alcuni fattori diversi da persona a persona. Non si tratta di una malattia e quindi non esiste una cura.

Eppure Museveni  si oppone all’omosessualità e non solo a quella. Durante la cerimonia per la firma della legge, si è scagliato contro il sesso orale e le manifestazioni di affetto in pubblico, pontificando che “gli Africani rimangono esterrefatti davanti all’esibizione di atti sessuali.” Poi ha consigliato alla nazione il modo “ugandese” appropriato per essere intimi con una persona, ecc.ecc. Si potrebbe semplicemente affermare che il presidente ugandese è ossessionato dal sesso! Con l’eccezione che le sue vedute adesso hanno anche implicazioni per i gay, che non possono più godere dei diritti fondamentali della dignità personale e della libertà di espressione, di credo e di associazione presenti nella Costituzione ugandese e nelle convenzioni internazionali di cui l’Uganda è stato membro.

L’atteggiamento puritano e anti-imperialista di Museveni non prende in giro nessuno. La verità è che ci sono – e ci sono sempre state – persone omosessuali in Uganda e in Africa e in qualsiasi altra parte de mondo, indipendentemente dalle influenze occidentali o di altro tipo – una minoranza che gli stessi esperti di Museveni affermano. Il motivo perché il presidente e la sua cricca si rifiutino di accettare questa realtà è al di là della ragione.

E se anche l’omosessualità fosse un’influenza occidentale? Che cosa autorizza Museveni e l’élite africana a determinare quali adozioni culturali siano giuste o sbagliate, quando la questione riguarda scelte private individuali che non recano danni a nessuno?

Non è sorprendente che in un continente che sta sperimentando tanti spargimenti di sangue causati da gruppi fondamentalisti, come il gruppo Boko Haram (fondamentalisti islamici nigeriani, NdT) e Al Shabaab (fondamentalisti islamici somali, NdT) che affermano di opporsi alle influenze occidentali, i parlamenti e i presidenti acconsentano di approvare leggi draconiane sulle stesse basi?

Ma gli LGBTI non rappresentano una minaccia solo per il fatto di essere gay. L’orientamento sessuale di una persona non può costituire un crimine. Le leggi punitive mirate verso le persone LGBTI quindi sono ingiuste. Quale situazione dovrebbe risanare nella società una legge anti-gay? Per esempio, in che modo gli Ugandesi possono trarre benefici dall’incarcerazione a vita o dalla morte violenta di centinaia di omosessuali?

COSA STANNO TRAMANDO GLI OMOFOBI

Se l’omosessualità non rappresenta una minaccia ed è un fenomeno naturale, perché i gay sono perseguitati ovunque in Africa? Il primo aspetto è la paura della diversità che nasce dall’ignoranza. Molte persone hanno trascorso la propria vita credendo esclusivamente nell’eterosessualità, e non sono a conoscenza dell’esistenza di altri orientamenti sessuali. La loro veduta limitata della sessualità, spesso influenzata dalla religione, non può tollerare la diversità. Il secondo aspetto, come scrive il veterano giornalista ugandese Charles Oynango-Obbo è l’utilizzo da parte dei politici dell’omofobia come strumento per distogliere l’attenzione del pubblico dalle questioni nazionali oppure per garantirsi il supporto delle società conservatrici. La guerra all’omosessualità, inoltre, mira a mantenere la supremazia maschile nella società.

Terzo aspetto è l’imperialismo che gli omofobi affermano di combattere. Dietro la crociata anti-gay in Uganda – e in molti altri Stati africani – si nasconde una potente lobby evangelica americana che vuole proteggere i valori cristiani e la vita familiare tradizionale in Africa – altra prova a sostegno del concetto coloniale del peso dell’uomo bianco. La moglie di Museveni, Janet, ministro di Gabinetto e membro del parlamento NRM, è un’ardente evangelica. Nel XXI secolo i “benefattori” occidentali devono continuare a dipingere l’Africa come il continente nero per giustificare il continuo intervento imperialista, in questo caso travestito da opere missionarie.

Un mese prima della stesura della legge Anti-Omosessualità in Uganda, tre evangelici Americani, hanno tenuto una conferenza sull’omosessualità. Centinaia di ugandesi, incluso ufficiali di polizia, insegnati e politici, hanno ascoltato estasiati gli americani, che sono stati presentati come esperti del tema omosessualità. Gli “esperti” hanno discusso su come far diventare etero i gay, su quanto spesso i gay sodomizzano i ragazzini e quanto “il movimento gay sia un’istituzione malvagia“, con l’obbiettivo di sconfiggere “la società basata sul matrimonio e sostituirla con una cultura di promiscuità sessuale”.

La recente legge anti-gay ugandese segue una similare firmata dal presidente della Nigeria Jonathan Goodluck, che ha suscitato il giubilo dei vescovi cattolici. Questi due sviluppi hanno sicuramente gettato benzina sul fuoco dell’omofobia che infuria in tutto il continente. Sicuramente ci saranno nuovi attacchi contro i gay e violazioni spropositate dei loro diritti, a cui seguirà l’assoluta impunità. Saranno richieste legislazioni più severe e imposizioni più aggressive in quelle nazioni in cui le cosiddette leggi anti-sodomia esistono già dai tempi del colonialismo. In Kenya, un gruppo di membri del Parlamento hanno lanciato un caucus (Il caucus è in senso generico un incontro che si svolge tra i sostenitori di un partito politico o di un movimento, vedi articolo relativo su Wikipedia NdT) contro l’omosessualità, promettendo solennemente un’imposizione rigorosa delle leggi già esistenti.

UNIAMOCI ALLA LOTTA

Ci sono però alcune luci in questo buio. Nonostante la repressione diffusa, la lotta per riconoscere i diritti degli LGBTI come diritti umani sta raccogliendo consensi in Africa, perché gli omosessuali si rifiutano di essere messi a tacere. Una folla di Africani “illuminati” di ogni villaggio e città potrebbe uscire allo scoperto mostrando così solidarietà. Non è necessario essere gay per difendere i diritti dei gay di vivere come persone libere, così come non lo è essere figlio o genitore per difendere i diritti dei bambini, oppure disabile per combattere contro lo stigma e la discriminazione delle persone affette da disabilità. Inoltre, molti eterosessuali in Africa stanno subendo persecuzioni per le leggi anti-gay, come ha sperimentato lo stesso studioso keniota prof. Calestous Juma.

In Sud Africa, l’Arcivescovo Desmond Tutu ha aiutato a lanciare a gennaio il partito politico gay africano chiamato Alleanza Religiosa Democratica contro l’Antagonismo verso le Minoranze (DRAAMA). Questo nuovo partito si batterà per le questioni sui diritti delle minoranze che il partito dirigente attuale, l’ANC, non è riuscito a trattare dalla sua ascesa al governo avvenuta 20 anni fa. L’Arcivescovo Tutu, instancabile sostenitore degli LGBTI, ha anche affermato che non andrebbe in paradiso se Dio fosse omofobico. “Mi rifiuterei di andare in Paradiso. No, direi, mi dispiace. Andrei piuttosto all’Inferno. Non pregherei mai un Dio che è omofobico, ecco come la penso“, ha detto.

L’Arcivescovo Tutu non è solo. Alcune settimane fa la Southern Cross, settimanale della Chiesa Cattolica del Sud Africa, ha pubblicato un editoriale condannando le leggi omofobe e invitando la Chiesa a parlare in difesa dei diritti degli LGBTI. Il giornale deplora il fatto che “la Chiesa sia rimasta in silenzio, in alcuni casi anche complice, durante i dibattiti emersi a seguito delle nuove leggi omofobiche“.

La Chiesa non può supportare la criminalizzazione di questioni di moralità privata, ancor meno non difendere i diritti umani. I pregiudizi e le persecuzioni degli omosessuali sono una sfida nei confronti della dottrina cattolica“, si afferma nell’editoriale. “Mentre la  Chiesa è impedita dai suoi stessi insegnamenti di stare dalla parte dei gay riguardo a molte questioni, specialmente le unioni tra persone dello stesso sesso, essa ha l’obbligo, imposto da Cristo stesso, di essere solidale con tutti coloro che sono emarginati e perseguitati ingiustamente.

I vescovi africani, in special modo, devono esprimersi contro le legislazioni discriminatorie e la violenza verso gli omosessuali, molti dei quali sono cattolici, con un tono di voce più alto di quello che utilizzano solitamente per condannare le unioni tra persone dello stesso sesso. Dov’è il tono profetico della Chiesa quando c’è da condannare l’omofobia presente nella società?”

In Kenya, il Rev. John Makokha ha risposto a questa sfida dieci anni fa costituendo Other Sheep-Africa, un’organizzazione per combattere l’omofobia religiosa. L’anno scorso, l’organizzazione ha vinto nella Categoria “Dini” (Religione/Fede) del Kenya l’Upinde Awards, per avere promosso il dialogo sulla fede, sui generi, sul sesso e sulla sessualità. Gli Unpinde Awards sono organizzati ogni anno dalla Commissione Nazionale per i Diritti Umani dei Gay e delle Lesbiche.

La virulenta campagna omofobica in atto in Africa deve essere fermata. È inaccettabile che cittadini innocenti di nazioni indipendenti che dovrebbero godere di uguali diritti e protezioni secondo la legge sono invece bersaglio della legge o di arbitrarie violenze, semplicemente a causa del loro orientamento sessuale. Gli africani devono capire che gli omosessuali sono come tutti gli altri esseri umani che vivono la loro sessualità in modo differente. Qualunque legge, politica, attitudine o pratica che criminalizza o alimenta l’odio contro persone adulte che hanno rapporti sono assolutamente ingiuste. Ogni persona ragionale dovrebbe fare  resistenza contro queste leggi. In maniera vigorosa.

 

Benedetta Monti

Traduttrice freelance dal 2008 (dall'inglese e dal tedesco) soprattutto di testi legali, ama mettere a disposizione le sue competenze anche per fini umanitari e traduzioni volontarie.