La Rete e i diritti umani, un rapporto complesso

[Nota della Redazione: Oggi riusciamo a difendere i diritti umani, più che nel passato, perché abbiamo più accesso alle informazioni? È uno dei temi toccati durante la seconda lezione del Corso in Diritti Umani e Giornalismo Partecipativo a cura di Voci Globali, a cui stanno prendendo parte studenti del liceo scientifico Fermi di Bologna. Seconda parte degli interventi dei ragazzi. La prima è a questo link.]

 

Activism e Slacktivims: cosa ci ha portato Internet e cosa ci porterà?

Capita, in questo mondo carico di nuove tecnologie, di chiedersi cosa cambino effettivamente tutte queste novità nella nostra società e nella nostra vita. In questa “ricerca esistenziale”, l’elemento che troviamo (o meglio, portiamo) più spesso sotto i riflettori è Internet.

Il numero degli utenti che ne fanno uso aumenta di anno in anno: secondo una stima riportata sul sito italiano Youtrend.it, solo tra il 2010 e il 2011 l’incremento degli italiani connessi a Internet è stato del 9,4%. E visto che il fondamento di Internet è la diffusione condivisione di informazione sempre più persone hanno accesso a tali informazioni.

In quanta parte, però, ciò rappresenta un beneficio per la società?

La diffusione rapida dell’informazione porta certamente un limite all’insabbiamento di scandali e atti inumani al fine di preservare il buon nome di una nazione o di una azienda, ma dall’altro lato genera processi negativi di altro genere, tra cui lo slacktivism o il clicktivism. Di cosa si tratta?

Per spiegarlo, è necessario fare un passo indietro. Prima che Internet diventasse un consumo di massa, esistevano già associazioni volte alla difesa dei diritti umani o ad azioni di volontariato, come Medicins Sans Frontiéres, Save the Children o la stessa Chiesa Cattolica, attraverso la Caritas, dotate di finanziamenti e di nutriti gruppi di volontari. Chi era interessato aveva dunque la possibilità di offrire il proprio aiuto tangibile alla causa che gli stava a cuore. Lo slacktivism e il clicktivism sono stati invece fenomeni generati dalla presenza di siti on-line che svolgono attività analoghe e altre che lavorano, nello specifico, per la difesa dei diritti umani. Questi due termini descrivono il tipo di comportamento di coloro che a volte sostituiscono un supporto utile e concreto con un semplice “click”, una firma digitale che mostra la loro approvazione per azioni umanitarie. Questo comportamento, oramai sempre più diffuso, può rendere gli utenti del web indifferenti e pigri di fronte a problemi di grande rilevanza.

D’altra parte però esiste anche l’hacktivism, l’uso del computer per diffondere campagne, petizioni, idee. Ma l’hacktivism è anche legato alle azioni di hackeraggio che se a volte può avere finalità positive, almeno nelle intenzioni, può anche sconfinare nel cyberterrorism.

Questa è però solo una faccia del grande fenomeno chiamato Internet. Molte delle associazioni on-line di attivisti o volontari offrono effettivamente un servizio utile alla società e alla difesa dei diritti umani, in piccolo o in grande, a seconda della forza e del seguito che hanno le organizzazioni e i loro siti o blog.
Si può dunque affermare che Internet ha un forte potenziale che ha portato grandi benefici alla società, ma è necessario farne un uso maturo. (Leonardo Maresca e Anna Mingarelli con la collaborazione di Elena Rainone, Enea Turra, Valentin Lentini e Andrea Corazza 4^P).

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Chi ha vissuto tra il XX e il XI secolo ha assistito a una progressiva evoluzione dei sistemi di comunicazione.

Le tecnologie ormai sono alla portata di tutti: con l’avvento di Internet e dei dispositivi elettronici, di cui oggi tutti siamo in possesso, abbiamo la possibilità di informarci in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo a proposito – più o  meno – di qualsiasi cosa. Al giorno d’oggi, digitando una sola parola, è possibile trovare migliaia di pagine web dedicate all’argomento cercato. Solo per fermarci al nostro Paese, la popolazione online tra gli 11 e i 74 anni è oggi il 79,6% e il 38,4% accede a Internet da qualsiasi luogo e strumento.

Da un lato la grande varietà di fonti disponibili è positiva, poiché permette di formarsi un’opinione basata su più punti di vista, e se le opinioni sono contrastanti questo può stimolare il senso critico e il desiderio di confronto.

Dall’altro potrebbe confondere chi cerca di documentarsi, che trovandosi in difficoltà nello stabilire l’attendibilità di una fonte, rischia di interpretare in maniera imprecisa quanto scritto.

Non sempre, infatti, ciò che possiamo trovare nel web, è in grado di offrirci un resoconto obiettivo e imparziale di ciò che realmente accade: alcune notizie possono risultare di parte o infondate.

Informarsi è necessario ma non sufficiente per la tutela dei diritti umani: è indispensabile crearsi un ampio bagaglio di conoscenze a riguardo, ma anche questo non basta. Il lavoro di sensibilizzazione deve proseguire off-line, con azioni e iniziative concrete che richiedano più di un “click”, come partecipare a una raccolta firme, a manifestazioni o anche a un flash mob.

Pensiamo che chi oggi difende concretamente i diritti umani, chi vuole farlo davvero, sarebbe stato in grado di portare avanti la sua lotta anche in passato, nonostante le difficoltà relative alla scarsità di mezzi di comunicazione e alla minore accessibilità all’informazione.

Perché quello che conta, come più volte diciamo in classe durante il Corso, sono le persone e non i mezzi che usano. (Rebecca Torre 3^E, Laura Pozzetti 3^G)

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