[Nota della Redazione: questo non è un articolo tipico di Voci Globali. Ma ci sono alcuni motivi per cui abbiamo voluto pubblicarlo. Primo: è stato scritto da una nostra lettrice esperta e molto addentro nelle questioni oggetto del post. Secondo: l’uso dei social media – blog dedicati e quant’altro – sta rimediando alla carenza di informazioni su determinate questioni. Detto questo non crediamo che tutti i mali del mondo siano imputabili alle banche ma che l’avidità delle singole persone (compresa la ricerca ossessiva di finanziamenti), accompagnata da un’insufficiente cultura finanziaria o forse anche solo un’insufficiente attenzione, abbiano molto contribuito alla situazione in cui si trovano tanti risparmiatori. L’autrice dell’articolo è Mariapia Alloggio, consulente aziendale]
In questa fase di gravissima crisi economica, caratterizzata da difficoltà e problemi di liquidità per ditte ed Enti Pubblici, gli imprenditori sono tartassati sia dall’alto costo dei crediti sia dalle repentine richieste di rientro da parte degli Istituti bancari.
In tale situazione è senza dubbio fonte di una certa soddisfazione per i bistrattati imprenditori ottenere la restituzione delle somme (anche importanti) che la banca nel corso del rapporto ha illegittimamente addebitato alle aziende.
“Ma allora le banche non rispettano la normativa vigente?” a questa domanda la risposta è positiva; l’incertezza può riguardare solo in che misura non la rispettano, per scoprirlo vanno eseguite opportune analisi bancarie.
Il fatto è che il sistema bancario è percepito come una istituzione al di sopra di ogni sospetto, e questa concezione comune ha determinato una area di impunità, che nel corso del tempo il sistema bancario si è creato.
In passato nessuno è mai andato a controllare l’operato delle banche.
Il nostro è l’unico paese in Europa ad avere una banca centrale, la Banca d’Italia, organismo di controllo delle banche private, le cui quote di capitale sono in mano alle stesse banche private. La Banca d’Italia nacque in questo modo: doveva essere un organismo a partecipazione maggioritaria pubblica, in realtà, per oltre il 90% è partecipata dalle banche che deve controllare. Cioè, il controllore sono le stesse controllate. Questo aspetto molto significativo ha consentito al sistema bancario italiano di crearsi un cono d’ombra dove, non guardato da nessuno e controllato solo da sé stesso, si è costruito strumenti e artifici per trarre dal sistema creditizio il maggior profitto possibile.
E’ tutt’altro che semplice portare alla luce gli illeciti bancari. Non emergono osservando attentamente i documenti, ma è necessaria un’analisi specifica.
Il fatto che sia un argomento complesso è ancora uno dei punti di forza del sistema bancario. Per rilevare gli illeciti occorre fare un’analisi bancaria, che si compone di una parte puramente tecnico-contabile e di una parte giuridica. È solo tramite supporti informatici adeguati che è possibile controllare l’operato della banca. Svolgendo dunque un’operatività che non è controllabile a vista, la banca sa che l’altro non può accorgersi di quello che sta facendo.
La non corretta applicazione delle regole riguarda tutti: vale a dire, tutte le aziende indebitate con le banche hanno subito lo stesso trattamento. Ovviamente non è conveniente procedere per tutti i casi. Più sono elevate le spese che il correntista ha pagato negli anni, maggiori e più alte saranno le somme che è possibile recuperare. È evidente che al di sotto di certi importi il gioco non vale la candela, bisogna giustificare lo sforzo economico e la competenza messa in campo per tutta l’operazione.
La breccia nella diga del nostro sistema bancario fu aperta dalla Cassazione nel 1999, sulla questione dell’anatocismo (in sostanza il calcolo degli interessi sugli interessi) con una sentenza che attribuì valore retroattivo all’inesistenza dell’uso normativo della capitalizzazione trimestrale degli interessi. Da quel momento il sistema bancario si apprestava a venire travolto da migliaia di richieste di rimborso, così ha trovato un argine di fatto molto efficace: decidere di non rimborsare nessuno se non a fronte di una sentenza del tribunale. Essere obbligati a fare causa alla banca per ottenere il risarcimento è stato un forte deterrente e ha ridotto di fatto a un decimo i potenziali aventi diritto a un risarcimento.
Ma oggi la gente è esasperata e quando la gente è esasperata trova il coraggio di fare quello che in uno stato di calma non farebbe.
Questo tema esiste da molti anni (dal 1999, dicevamo) ma è diventato di grande attualità solo di recente, perché trainato dall’effetto della crisi, dalla recessione e dai suicidi degli imprenditori e non perché sia stato diffuso dalla stampa. Non è un caso che su tale argomento si trovino così poche tracce sui giornali e sui media mainstream. La presenza delle banche nel capitale delle imprese editoriali è una reale minaccia all’autonomia dei mass media e lede il diritto dei cittadini a un’informazione onesta e completa.
Solo recentemente un certo giornalismo di inchiesta ha realizzato interviste e servizi televisivi sull’argomento, che sono poi rimbalzati nella Rete, grazie all’attiva condivisione di contenuti. Per esempio il servizio delle Iene “Le banche sbagliano” del 12 maggio e il servizio di Presa Diretta di Riccardo Iacona “Soldi sporchi” del 9 settembre. Sono sempre più frequenti le partecipazioni in trasmissioni alla radio su questo problema, (RAI3 -Tutta la Città ne Parla il 12 settembre con Emidio Orsini primo imprenditore italiano vittima di usura bancaria).
Ma, come dicevamo, è soprattutto grazie all’uso dei social media e alla relativa facilità di aprire e gestire un blog di informazione che tali notizie hanno cominciato a diffondersi.
La partecipazione e migliore “competenza” dei cittadini sul tema rende più che mai necessario un veloce cambio di rotta. Serve un maggiore controllo sugli istituti di credito, nell’erogazione della liquidità ma specialmente su quella che ormai sembra essere diventata una prassi della banca: anatocismo e usura. Ci confrontiamo ogni giorno con imprenditori e consumatori vittime di questi metodi. Sono soprattutto le aziende con grossi problemi finanziari quelle più sensibili al tema. La ragione è facilmente intuibile: questa possibilità – di chiedere indietro alle banche i soldi illecitamente trattenuti – costituisce una vera e propria ancora di salvezza. Può accadere che in seguito alle analisi dei conti correnti delle aziende la situazione si ribalti: gli imprenditori da debitori diventano creditori della banca.
Il fine è quello di ristabilire l’osservanza della legge, difendere e risarcire le imprese e raccogliere una casistica da trasmettere all’attenzione del Parlamento perché vengano promulgate leggi giuste in favore delle vittime bancarie.
È infatti ingiusto e incostituzionale che le Banche dispongano e abusino di privilegi normativi (quali le unilaterali dichiarazioni di verità e certezza dei propri crediti – aspetto che è in realtà già stato affrontato di recente – e la possibilità di fare segnalazioni alle Centrale Rischi a loro discrezione) che le pongono al di sopra dei consumatori, quando dall’esito delle analisi dei conti correnti aziendali, inevitabilmente emerge la verità: le banche hanno agito in modo illecito durante gli ultimi 30 anni.
Prossimamente la vigilanza sulle banche europee spetterà alla Banca Centrale Europea, con il potere di assegnare o ritirare la licenza bancaria per tutti gli Istituti a partire dall’inizio del 2014. Il piano darebbe alla Bce la discrezionalità su quali banche sorvegliare direttamente e quali lasciare invece sotto le autorità nazionali, che invece manterrebbero il potere di decretare e gestire direttamente il fallimento degli Istituti.
In conclusione? In attesa di una prossima più corretta vigilanza a carattere europeo, oggi è nel pieno diritto delle Imprese verificare la correttezza del loro saldo bancario tramite l’analisi dei conti correnti degli ultimi 20 anni. Qui di seguito alcune associazioni e società attive per offrire informazioni, competenza e supporto tecnico e legale Analisi Bancarie, Sos Utenti, Il Delitto di Usura, Federcontribuenti.