Kenya, processo all’Aia per le atrocità post-elettorali del 2008

[Riprendiamo questo post dalla nostra Rubrica Voci Globali – La Stampa. Traduzione di E. Intra e S. Gliedman]

[Nota della Redazione: Sulla vicenda vi sono alcuni aggiornamenti: il Senato kenyota ha firmato a favore del ritiro del Paese dalla Corte Penale Internazionale seguendo così la decisione dell’Assemblea nazionale. Inoltre, anche l’Unione Africana ha chiesto che il processo venga interrotto in attesa che il caso contro il presidente Uhuru Kenyatta, il vicepresidente William Ruto e il giornalista Joshua arap Sang venga discusso ed eventualmente giudicato nel Paese.]


Si apre oggi 10 settembre presso la Corte Penale Internazionale (ICC) dell’Aia il processo per crimini contro l’umanità a carico del vicepresidente kenyota William Ruto, accusato di essere uno dei responsabili delle atrocità commesse in seguito ai disordini post-elettorali che a partire dal dicembre  2007 portarono il Paese a un passo dalla guerra civile.

A quell’ondata di violenze, seguite alle denunce di diffusi brogli elettorali, il regime reagì con il pugno di ferro, causando la morte di oltre 1.100 persone, oltre a 350.000 feriti e 650.000 profughi.

“Per decenni coloro che trasformarono le elezioni keniote in un bagno di sangue sono riusciti a cavarsela”, afferma Daniel Bekele, direttore per l’Africa di Human Rights Watch. “Questo processo affronta il problema dell’impunità nel Paese e offre ai cittadini un’opportunità di giustizia finora negata dal Governo stesso”.

In vista del processo si era posto il problema di far uscire il Kenya dallo stesso tribunale internazionale, di cui fa parte dal 2005. Il ritiro richiede comunque una comunicazione per iscritto al Segretario generale delle Nazioni Unite, e non diventa effettivo prima di un anno. Nel frattempo il Paese ha l’obbligo di cooperare ai lavori del Tribunale penale internazionale. “Ogni volta che la Corte fa un passo in avanti, il regime fa di tutto per sbarrargli la strada”, commenta Bekele. “Una mozione del Parlamento per il ritiro del Kenya non può fermare questi processi, né offrire a Ruto una scusa per non comparire in aula.”

Ruto, che durante le violenze postelettorali era un membro dell’opposizione, è accusato di aver organizzato gli attacchi contro le etnie Kikuyu, Kamba e Kisii, favorevoli al partito allora al potere. Sul banco degli imputati anche il giornalista radiofonico Joshua Arap Sang, per aver favorito il coordinamento degli attacchi tramite il suo programma. 

A novembre si terrà invece il processo contro il presidente kenyota Uhuru Kenyatta, coinvolto in un procedimento simile ma separato. È accusato di crimini contro l’umanità, omicidio, deportazione, stupro, e persecuzione – oltre ad aver assoldato i Mungiki (un gruppo criminale) per colpire i sostenitori dell’opposizione. Per tutta risposta, Kenyatta e Ruto hanno definito la Corte Penale Internazionale uno “strumento dell’imperialismo occidentale.”

Tra le notizie trapelate nei giorni scorsi, è emerso che gli avvocati di Ruto cercheranno di dimostrare che i testimoni dell’accusa si sono accordati per costruire prove a tavolino. Secondo Human Rights Watch, il peso grava quindi sulle spalle dei giudici, che dovranno sforzarsi per garantire al massimo un processo equo.

Il nuovo Governo sembra voler mantenere una parvenza di cooperazione con la Corte Penale Internazionale, ma allo stesso tempo ha anche cercato l’appoggio dei leader e degli organi politici regionali per porre fine ai processi sottoposti alla stessa Corte, minando così il suo dichiarato impegno.

Si è parlato di un’ingerenza “senza precedenti” con i testimoni, mentre il Governo ha ignorato le minacce e le intimidazioni contro i difensori dei diritti umani e i giornalisti.

Mentre i media locali, pur se formalmente impegnatisi a seguire il caso, sembrano di fatto preferire un basso profilo, il sito ICC Kenya Monitor offre tutte le informazioni necessarie per capire e seguire la vicenda, con la diretta dalle sessioni de L’Aia e annessi rilanci via Twitter, Facebook e Rss — grazie all’iniziativa della Open Society Justice.

Alla vigilia del processo nell’opinione pubblica sembra prevalere un clima di sfiducia: “Questi due pensano di poter vincere,” ha affermato Macharia Munene, docente presso l’Università di Nairobi. “A loro favore vanno i precedenti della Corte, che finora conta solo una condanna,” riferendosi al caso di Thomas Lubanga in Congo.

Più ottimisti sembrano invece gli utenti online, che sperano in una svolta storica.

@iainlevine: Il processo contro Ruto, una grande opportunità per contrastare l’impunità in Kenya dei crimini più gravi.

@KooyJan: Questo è tutto ciò che importa sui processi dell’ICC: giustizia e, dopo decenni, la fine all’impunità:  pic.twitter.com/wjgNzOE99E.


@NeelaGhoshal: Organizzazioni a favore dei diritti umani in Africa sostengono questi processi, in quanto opportunità di giustizia:  http://www.fidh.org/beginning-of-icc-trial-against-ruto-and-sang-is-a-historical-opportunity-13921.

@AfricanDevJobs: Processo contro leader keniota inizia tra disprezzo e preoccupazioni: http://wapo.st/185bfNS.

@abram690shegu: Il procuratore Bensouda: il presidente e il suo vice saranno trattati come qualsiasi altro imputato. Il caso procederà a prescindere dal loro status.

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