Voci Globali

In Africa le radici della parola disegnata

Parlare attraverso simboli, segni, disegni. Raccontare storie individuali e storie collettive. E spesso raccontare la Storia. Senza parole, ma con segni che le rappresentano ancor meglio, con linguaggio universale. Da qualche tempo il graphic journalism ha “scoperto” il potere delle immagini per documentare le vicende dei nostri giorni. In realtà una sorta di “ritorno al passato”, proprio come racconta il simbolo pittografico ghanese (sankofa) che significa return to the past (to move forward).

Adinkra (simbolo) per il sankofan.
L’uccello simbolo del “sankofan”.















Dopotutto il giornalismo visuale può ben essere considerato un lontanissimo parente delle pitture rupestri, forme ancestrali di racconti di vita quotidiana. Ma è con la categorizzazione dei linguaggi ideogrammatici e poi con la scrittura che il mondo si fa più ampio, più complesso, più connesso.

Della “scrittura” africana oggi si sa molto di più che nel passato, grazie anche agli sforzi continui di chi vuole riportare alla luce – e alla conoscenza – quanto era stato cancellato da anni di “dominazione culturale”. Sicuramente un testo di riferimento è Afrikan Alphabets: The Story of Writing in Afrika. Il suo autore, Saki Mafundikwa, ricostruisce le origini dei linguaggi scritti africani e ripercorre il senso e i significati delle varie scritture destinate a trasmettere sistemi di vita, costumi, abitudini, credenze, saggezze popolari. Saki Mafundikwa è un graphic designer, ma non solo. Superando il superficiale della bellezza ammirata ma spesso non capita è andato nel profondo della sua attività, per trovare collegamenti con la storia di un’Africa fatta di migliaia di linguaggi e scritture.

Nello Zimbabwe, il suo Paese, ha fondato la prima scuola di Graphic Design and New Media, la Ziva (Zimbabwe Institut of Vigital Arts). Arte visiva, dove arte è, ripeto, non solo bellezza, non solo estetica, ma significato, recupero e conoscenza dei saperi in Africa. L’obiettivo insomma è, come ha spiegato lo stesso fondatore: la creazione di un nuovo e creativo linguaggio visuale fondato sull’eredità culturale africana. Un linguaggio visuale da usare nei disegni dei tessuti, come in quelli dei calabash. Da usare per opere pittoriche o magari nel linguaggio pubblicitario.

Si conta che siano oltre 2.000 le lingue indigene native dell’Africa. Molte costituite anche dalla scrittura. O da simboli equivalenti. Conosciamo tutti i geroglifici egiziani, ma di sistemi di scrittura in Africa ne sono stati elaborati molti, molti altri. Linguaggi che in molti casi rimangono vivi e noti per il loro uso artistico, visuale appunto. Nelle stoffe come nei dipinti o nella lavorazione del legno o del calabash.

Statuina in legno (Ghana), che rappresenta il motto scelto da “Voci Globali” e tratto dalla tradizione degli Akan. Il motto – tradotto dalla lingua Twi – è: “When you climb a good tree you are given a push”. Foto di ©Antonella Sinopoli

L’Adinkra degli Akan (e relativo linguaggio) del Ghana e della Costa d’Avorio. I Bantu symbols del Sud Africa, utilizzato ancora dai guaritori locali, saggi, anziani e soprattutto dalle donne che disegnano questi simboli sulle loro case quando si sposano e cominciano una nuova vita. Il Bamum language messo a punto in Cameroon dal sovrano innovatore e scienziato Ibrahim Njoya. O ancora la lingua del popolo mende sistematizzata dal sarto di un villaggio della Sierra Leone.

Lingue sillabiche oppure ideogrammatiche vale un principio, il recupero e la conoscenza della propria storia, identità, cultura. Le lingue rappresentano concetti – siano parole o, meglio, immagini e segni. E rappresentano l’esperienza, personale o ancestrale di un individuo come di un popolo. Esperienze che vanno non solo vissute ma raccontate per creare valore.

L’autore di “Alfabeti africani: la storia della scrittura in Africa”, in un recente intervento in pubblico registrato da TED, oltre a ricostruire brevemente le tracce di alcuni linguaggi africani, lancia un messaggio ai designer (ma non solo) africani: smettete di cercare ispirazione nella cultura e nelle forme espressive occidentali ma guardatevi dentro, guardate alle vostre origini, alla vostra storia, alla vostra cultura. Quella orale, quella scritta, quella simbolizzata.

 

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