L’Africa e il boom dei telefonini falsi made in China
L’exploit della telefonia mobile in Africa passa dalla Cina. Ma non dalla porta principale. Usa invece strade laterali e canali niente affatto professionali. O legali. Concentriamoci sull’Africa Sub-Sahariana, dove negli ultimi sette anni i contratti telefonici sono passati da 90 a 475 milioni. E basta guardare alle annuali analisi e statistiche dell’ITU (International Telecomms Union) per rendersi conto di quanto il fenomeno sia in crescita costante. L’ultimo studio ci informa che ben presto il numero di abbonamenti nel mondo, pari oggi a 6.8 miliardi di persone, potrebbe nel giro di pochi mesi raggiungere – e anzi superare – il numero della popolazione mondiale, 7.1 miliardo di persone. E a contribuire a questa crescita, sono i Paesi i via di sviluppo, le regioni dell’Asia e l’Africa appunto.
Ma come? E come è possibile che oggi anche in villaggi sperduti e tra gente che non può permettersi due pasti al giorno tanti hanno comunque un cellulare? La risposta viene dal gigante Cina. La risposta è fatta di diversi ingredienti (o componenti, come quelli dei cellulari appunto). Uso di materiali scadenti, riproduzione di falsi, prezzi bassi o bassissimi, mercato senza regole, controlli e confini porosi. Questa è la ricetta.
Si calcola che 1 cellulare su 5 utilizzato in Africa provenga dal mercato cinese. E sono contraffatti. Da quelli più semplici e dalle marche più note come Nokia, agli smartphone Blackberry e a marche semisconosciute. Alcuni sono falsi nelle componenti e conservano l’originale “esteriore”, altri sono completamente “rifatti”. Tutti però hanno un sigillo “di garanzia”: l’etichetta, che riporta nome e logo della casa produttrice. Chi compra in Africa, chi vuole o ha bisogno di un cellulare senza potersi permettere i costi ufficiali, è poco schizzinoso sulla provenienza di quello che sta acquistando. Anzi, molti ormai sanno che stanno acquistando un prodotto falso, ma non hanno scelta. Alcuni di questi device possono durare anche qualche anno, ma la maggior parte, sopratutto quelli a prezzo bassissimo – diciamo l’equivalente di 15, 20 euro – presto sono da buttare. Con buona pace per l’ambiente e per le tasche del povero acquirente.
Si parlava di provenienza… Ed ecco la mecca del mercato dei telefonini “craccati”, un anonimo primo piano a Chungking Mansions a Hong Kong, un monolite di 17 piani dove c’è di tutto: guest house a bassissimo prezzo, ristoranti di ogni genere, negozi e turisti con budget limitato, business man, spacciatori, prostitute e ricercati dalla giustizia. E dove l’affare, per chi ci sa fare, è assicurato. Il luogo della globalizzazione a basso costo – low-end globalisation – come l’ha definita Gordon Mathews nel testo “Ghetto at the Centre of the World: Chungking Mansions, Hong Kong”.
Si calcola che l’85 per cento dei cellulari venduti nei Paesi dell’Africa Occidentale e Centrale provengano da questo edificio. A fare gli acquisti sono spesso piccoli imprenditori, persone intraprendenti che si riempiono borsoni di cellulari di ogni sorta per rivenderli all’ingrosso o al dettaglio, spesso in piccole località di provincia e villaggi lontani dalle città.
Il mese scorso il magazine Africawatch ha dedicato un lungo reportage da quel secondo piano di Nathan Road, articolo già pubblicato dallo stesso autore su Think Africa Press. La maggior parte dei prodotti venduti a Chungking Mansions provengono dalle industrie di Guangzhou e Shenzhen, aree interne a Nord di Hong Kong. Ma certo è un gran vantaggio avere i prodotti così a portata di mano in un unico hub, superando anche le barriere della lingua, visto che il commercio alla Chungking Mansions si svolge tutto in inglese. A rendere più semplici i contatti commerciali con questa parte del mondo sono anche i voli diretti tra Honk Kong e Paesi come l’Etiopia, il Kenya e il Sud Africa. E altri se ne stanno aggiungendo.
Proprio dall’Africa Orientale è partito però l’allarme. La diffusione di cellulari falsi a basso costo sta provocando grosse perdite alle case di produzione che hanno chiesto aiuto ai governi locali per mettere fine, o almeno arginare, il fenomeno. A cominciare dall’Uganda e dal Kenya, sono in programma azioni per “isolare”, anzi spegnere, i telefonini contraffatti. Questo, che sarà regolato da una vera e propria normativa per la messa al bando, potrà avvenire identificando l’IMEI (International Mobile Equipment Security), il codice assegnato per “identificare univocamente un terminale mobile“. Cellulari contraffatti contengono la duplicazione del codice e per questo, pare, possono essere intercettati e quindi disattivati.
Le “minacce” delle Commissioni statali che regolano il settore delle comunicazioni e campagne come quelle della Nokia, Say no to fake phones!, stanno cominciando a spaventare. Non tanto gli utenti, che spesso in quelle aree dove la povertà è più estrema non acquistano certo i giornali o guardano la tv, ma i commercianti e gestori di piccoli negozietti, che hanno fatto investimenti nel settore dei cellulari a poco prezzo.
In ogni caso, quello della contraffazione è un problema davvero serio in un continente dove alcuni Paesi stanno registrando importanti performance dal punto di vista economico e della crescita, ma dove la globalizzazione significa anche essere completamente travolti da prodotti usati e malmessi di ogni sorta, dagli elettrodomestici, alle scarpe, dagli abiti a sottomarche di passata di pomodoro. Per non parlare dei medicinali contraffatti. A cominciare da quelli per la malaria.
Ma questo è un altro, vergognoso capitolo.