Tibet: la sparizione di Lhasa
[ Ripreso dal post di Tsering Woeser pubblicato su China Files – Caratteri Cinesi.]
La questione tibetana non è solo questione politica, ma tocca anche le problematiche dello sviluppo, delle relazioni etniche, dell’integrazione e della tutela delle minoranze. Nell’ultima settimana, la blogger e poetessa Tsering Woeser ha lanciato un forte appello alla comunità internazionale, per arginare la sregolata modernizzazione della città vecchia di Lhasa, dove si colloca il tradizionale quartiere tibetano. Dopo essere stato diffuso sul web, l’appello, documentato con foto e testimonianze postate da turisti e residenti, è stato censurato dal governo cinese, mentre sul Quotidiano del popolo 人民日报 Renmin ribao è stato pubblicato un articolo di risposta in cui viene affermato l’impegno delle autorità a tutela dell’architettura tradizionale tibetana.
La nostra Lhasa sta per essere distrutta, non è un falso allarme!
Un visitatore andato a Lhasa ha lasciato un messaggio su Weibo (1) con scritto: «oggi ho realizzato quali sono i veri obiettivi a Lhasa: costruire una città turistica con vizi e bagordi, in stile Lijiang. Tutti gli ambulanti, le pensioni e gli altri servizi di bassa fascia spariranno dalla città antica e saranno rimpiazzati da grandi alberghi e negozi di arte e antiquariato di fascia alta. Inoltre, le case della vecchia Lhasa avranno tutte le stesse facciate e le stesse insegne. È mai possibile che l’unico modo per ristrutturare le città cinesi sia questa chirurgia plastica di merda?»
Nel piano di lavoro del “Centro commerciale Barkhor”, attualmente in costruzione (al posto della vecchia amministrazione cittadina, sul lato Nord-Est del cammino della preghiera del Barkhor intorno al monastero di Jokhang, cioè nel cuore della città vecchia), si legge che l’area complessivamente interessata è di centocinquantamila metri quadrati, incluso un parcheggio sotterraneo per millecentodiciassette posti macchina.
Già alla fine dell’anno scorso, nella zona settentrionale della vecchia Lhasa, aveva aperto i battenti il “Superhuman Era Plaza”, colossale progetto imprenditoriale a partecipazione statale. Nella città vecchia, l’aspirazione delle falde acquifere per ventiquattro ore al giorno, attuata per costruire parcheggi sotterranei, porterebbe nell’arco di due anni al rischio di formazione di crepe, subsidenza e anche di profonde cavità (in realtà in diversi punti della città sono già comparse crepe e si sono verificati fenomeni di inaridimento del sottosuolo).
Ora le autorità stanno di nuovo per costruire un centro commerciale di grandi dimensioni e un parcheggio sotterraneo in un’altra parte della città vecchia; non è indice del fatto che è già troppo tardi per arginare le distruzioni inflitte da questi Preta (2) alla città di Lhasa?
Foto: Il cammino della preghiera nel Barkhor
In passato, nel 1994, ricordo che l’UNESCO dichiarò il Potala patrimonio dell’umanità; con l’inserimento nella lista –nel 2000 e nel 2001- anche del monastero di Jokhang e del Norbulingka, Lhasa è diventata patrimonio mondiale dell’umanità e, in qualità di luogo sacro dotato di interesse religioso, storico e culturale, può godere della tutela che le spetta.
Ricordo anche che nel 2007 il Comitato per il patrimonio dell’umanità ha effettuato un richiamo ufficiale nei confronti del Potala. Criticò l’eccessiva ricerca di profitti turistici e lo sfruttamento incontrollato, la mancata assunzione di responsabilità e il mancato rispetto degli impegni. Per queste ragioni, il titolo di patrimonio dell’umanità potrebbe essere ritirato.
Ad ogni modo, oggi non solo il Potala continua a essere esageratamente sfruttato per il turismo, ma anche la vecchia città di Lhasa sta cambiando aspetto, sventrata e privata delle sue radici, minacciata ogni anno da milioni di visitatori in continuo aumento e coinvolta nel processo di apertura al turismo. È davvero come scrive l’artista tibetano Kuang Laowu 邝老五: «di fronte alle seduzioni del materialismo e del potere, svanisce l’unicità culturale e cresce l’omologazione nelle città; dietro a questa apparenza di floridezza e prosperità, la vecchia Lhasa e la sostanza che le è stata aspirata via sono già fiori appassiti. Non ritroveremo più ciò che è puro e semplice, quelle cose che contengono i segni del tempo».
Mi torna in mente un tedesco di nome André Alexander, che diversi anni fa si dedicò alla ristrutturazione della città vecchia di Lhasa con il suo Tibet Heritage Fund; tra il 1996 e il 2002 salvarono settantasei edifici tradizionali a Lhasa e dintorni. André diceva la verità quando rivelava che che «dal 1980, il processo di edificazione urbana ha provocato la continua distruzione delle costruzioni e delle strade antiche nell’area della città vecchia […] Dal 1993 di media sono state demoliti trentacinque edifici storici l’anno. Con questa velocità nel giro di neanche quattro anni verranno spazzate via le rimanenti costruzioni di interesse storico». Per i loro brillanti lavori di restauro e per la loro testimonianza, le autorità locali –devote agli interessi del Tibet- espulsero da Lhasa i membri del THF.
André scriveva malinconicamente: «ogni volta che ritorno a Lhasa le case antiche diminuiscono a vista d’occhio, di mattone in mattone, di vicolo in vicolo. Persino tra i cani ci sono sempre più dispersi».
Per tornare ai giorni nostri, una nuova Lhasa commercializzata da eminenti pezzi grossi ha ormai usurpato il posto della città vecchia. È proprio come scrive un utente su internet: «demolizione dei vecchi edifici, scavi di tunnel, costruzione di cavalcavia, sezionamento del fiume Kyi, riduzione delle falde acquifere… sono proprio dei Preta! Tutto ciò che possono arraffare lo portano via, quello che non si può portare via lo distruggono».
Foto: la via dell’ospedale di medicina tibetana, nella città vecchia; durante la Rivoluzione culturale vi vennero sotterrate innumerevoli immagini sacre in seguito alla campagna contro i “quattro vecchi”. I nuovi scavi le riporteranno alla luce?
Quarant’anni fa, approvando la “Convenzione riguardante la protezione sul piano mondiale del patrimonio culturale e naturale”, l’UNESCO affermava che, a prescindere dal dominio territoriale di appartenenza, i beni rari del patrimonio culturale e naturale detengono un’importanza eccezionale e sono proprietà insostituibili dell’umanità, in quanto fondamentali e preziosi per tutta la popolazione mondiale; la degradazione o la sparizione di qualsiasi bene del patrimonio culturale o naturale produrrebbe un’influenza nefasta, capace di impoverire l’intero patrimonio mondiale.
Mi appello all’UNESCO e alla comunità internazionale, perché pongano fine alle violazioni compiute da questa spaventosa “modernizzazione” del paesaggio, della cultura e dell’ambiente, che sta arrecando danni implacabili e incalcolabili alla vecchia Lhasa.
Mi appello alla comunità internazionale di professori e ricercatori di studi tibetani, agli esperti e alle organizzazioni che si occupano della questione tibetana, affinché documentino la sventura senza ritorno che oggi sta affliggendo la vecchia Lhasa.
Spero con tutto il cuore che persone di ogni estrazione intraprendano iniziative per salvare la città vecchia di Lhasa. La nostra Lhasa sta per essere distrutta!
Salviamo Lhasa!
Foto: il sito di costruzione del Barkhor Shopping Mall
Note al testo:
(1) Weibo 微波 è il più popolare social network cinese, paragonabile a Twitter.
(2) Nel Buddhismo, i Preta (“spiriti affamati”) sono reincarnazioni di esseri avidi e bramosi, generalmente raffigurati con bocche minute e ventri enormi a testimonianza della loro ingordigia. In Cina i Preta sono tradotti con la parola egui 恶鬼, utilizzata spesso come insulto per persone avide e senza scrupoli.
* Le foto sono tratte dal blog di Tsering Woeser
** Editing a cura di Gabriele Battaglia