Bambini ghanesi, lavoratori per necessità

[Nota: Pubblicato dall’autrice in esclusiva su L’Indro e ripreso per gentile concessione]

Cose che appaiono assurde e ingiustificabili in qualche parte del mondo sono invece normali e rappresentano la quotidianità in altre. Come il lavoro minorile per esempio. Una metà del mondo lo condanna e lo combatte, per l’altra metà rappresenta la sopravvivenza. Se vi capitasse di viaggiare in Ghana rimarreste meravigliati nel vedere quanti bambini e bambine, ragazzi e ragazze sono impegnati per nove, dieci, dodici ore al giorno in attività lavorative di ogni tipo. In special modo il piccolo commercio. La vendita di oggetti, ma soprattutto cibo, ad ogni pezzettino di strada. E l’indispensabile acqua. Venduta in sacchetti di plastica a 10 pesewas facendo la gimkana tra auto e tro-tros. Da bambini di dodici, sette, anche sei anni. Lo fanno perché costretti dalle condizioni di vita in cui versa l’intera famiglia. Obbligati da una struttura sociale che in teoria li vorrebbe a scuola a quell’età, ma che in pratica non riesce ad assicurare loro nient’altro che la possibilità di lavorare più o meno indisturbati, senza controlli, senza denunce, senza richiami. Nella maggior parte dei casi.

Alcuni si dedicano a queste attività dalle prime luci dell’alba fino all’ora di andare a scuola, per poi tornare in strada nel pomeriggio. Per altri è una ’scelta’ di vita obbligata.

E ogni volta che vengono pubblicati Report sull’Africa e i Paesi in via di Sviluppo si grida allo stupore e allo scandalo. ’The state of the world children 2012 dell’Unicef è un’accurata analisi della condizione dell’infanzia alla luce dei fenomeni di urbanizzazione e dei cambiamenti delle strutture sociali ed economiche che vi sono direttamente collegati. Si scopre così che la crescita del PIL in Ghana ha anche significato un esodo massiccio verso le città: Accra, Kumasi, Tema e Takoradi quelle principali. Intere famiglie con i loro bambini, ma anche in molti casi ragazzi soli in cerca di fortuna.

Secondo il Rapporto dell’Unicef il 34% dei bambini ghanesi tra i 5 e i 14 anni esercitano una qualche attività lavorativa. Un incremento notevole, visto che nel 2003 la percentuale era del 23%. Del resto il Ghana è uno dei Paesi dell’Africa subsahariana dove l’urbanizzazione ha raggiunto livelli europei, pur non essendo le città in grado di garantire servizi efficaci. A cominciare dall’accesso all’acqua potabile o alla corrente elettrica. Una vita ai margini, dunque, per chi non può permettersi una casa ’attrezzata’ e neanche un lavoro vero. A viverne le conseguenze, malattie, disagi psicologici, a volte violenze, sono i più giovani naturalmente.

Bisogna comunque fare i conti con la realtà e la cultura del Paese, per evitare di credere illusoriamente che standard generali e universali possano davvero essere applicati e sostenuti. In Ghana – secondo quanto stabilito dal The Children’s Act del 1998 – l’età minima legale per lavorare è fissata a 15 anni (sezione 89 della normativa). Ma il paragrafo successivo (sezione 90) fissa a 13 anni l’età minima per lavori ’leggeri’.

 

La vendita di acqua e yogurt in piccoli sacchetti di plastica è una delle principali attività in cui sono impegnati i bambini ghanesi. © Antonella Sinopoli

Ma cosa si intende per lavoro leggero? “Un tipo di lavoro che è improbabile risulti dannoso per lo sviluppo e la salute del bambino e non incide sulla frequentazione della scuola o sulla capacità del bambino di trarre beneficio dallo studio”. Il testo è anche chiaro su un altro punto. Nella sezione 91 si stabilisce che una persona può legalmente essere impiegata in lavori “pericolosi” a partire dai 18 anni di età. Intendendo per lavori “pericolosi” tutti quelli che “rappresentino un pericolo per la salute e la sicurezza fisica o morale di una persona. Tali occupazioni includono: lavorare in mare, in miniere o cave, trasporto di carichi pesanti, manovrare macchine e lavorare in bar, alberghi e luoghi di intrattenimento dove la persona può essere esposta a comportamenti immorali”.

L’obiettivo del Millennio che riguarda il lavoro minorile, l’ultima Convenzione dell’ILO – la 182 del 1999 – e naturalmente la Convenzione sui diritti del bambino, sono note anche in Paesi come il Ghana, dove però l’infanzia ha le sue forme e le sue regole. E il quadro giuridico di riferimento è spesso in contrasto con usi e abitudini ancora lontani dall’essere considerati illegali. È per esempio normale usare la bacchetta a scuola e mandare i più piccoli a fare commissioni per gli adulti. E anche usare maniere ancora più violente. Il 90% dei giovani dai 2 ai 14 anni di età in Ghana – rivela ancora il Rapporto Unicef – è stato oggetto di un tipo di ’disciplina violenta’, fatta di punizioni fisiche e psicologiche (dati 2005-2010).

Sono situazioni che in quella realtà non sono considerati veri e propri abusi ma che le ONG, che non hanno radicamenti sul territorio o volontari che si dedicano solo per qualche mese ad attività sul territorio in campo educativo, stentano a capire. Incomprensioni che rischiano di rendere i progetti sull’infanzia insostenibili, ma ancora di più rischiano di fallire se non sono accompagnati dall’aiuto alle famiglie e interventi strutturali. A cominciare dal lavoro per i genitori.

Il problema, evidenziato dal Rapporto, è che il fenomeno dell’urbanizzazione non diminuirà nei prossimi anni. Anzi. Ci si aspetta che nel 2050 sette persone su 10 vivranno in aree urbane e questo contribuirà a creare disparità ed esclusione. “Già oggi una famiglia su tre di quelle trasferitesi nelle città vive negli slum “ scrive Anthony Lake, direttore esecutivo dell’Unicef, nell’Introduzione al Documento. “È notevole l’impatto sulla vita dei bambini in queste condizioni. Dal Ghana al Kenya, dal Bangladesh all’India i bambini che vivono negli slum sono certo gli ultimi a frequentare la scuola e la differenza, ad esempio nella nutrizione, tra i bambini ricchi e poveri che vivono nelle città e quelli nelle baraccopoli di queste città è più estrema rispetto alla differenza tra bambini ricchi e poveri che vivono in aree urbane e quelli che vivono in zone rurali”.

Bambina vende pesce essiccato in un villaggio rurale prima di andare a scuola. © Antonella Sinopoli

Comunque, al di là dei dati sul lavoro minorile i risultati presentati nel ’The state of the world children’ di quest’anno, non sono affatto deludenti per quel che riguarda il Ghana. L’81% dei ragazzi dai 15 ai 24 anni è scolarizzato, il 79% per quanto riguarda le ragazze. Il 42% (sia uomini che donne) sono iscritti e frequentano regolarmente la scuola superiore. Inoltre la mortalità infantile nei bambini al di sotto dei 5 anni è scesa a 74 su 1.000 rispetto ai 122 su 1.000 di dieci anni fa. Anche se rimane ancora troppo basso il numero dei bambini al di sotto dei 5 anni, 43%, che hanno ricevuto trattamenti antimalarici.

Antonella Sinopoli

Giornalista professionista. Per anni redattore e responsabile di sede all'AdnKronos. Scrive di Africa anche su Nigrizia, Valigia Blu, Ghanaway, e all'occasione su altre riviste specializzate. Si interessa e scrive di questioni che riguardano il continente africano, di diritti umani, questioni sociali, letteratura e poesia africana. Ha viaggiato molto prima di fermarsi in Ghana e decidere di ripartire da lì. Ma continua ad esplorare, in uno stato di celata, perenne inquietudine. Direttore responsabile di Voci Globali. Fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Co-fondatrice e coordinatrice del progetto OneGlobalVoice, Uniti e Unici nel valore della diversità.

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