21 Novembre 2024

La migliore e la peggior vita per le donne

Ci sono posti al mondo dove vivere la condizione femminile rappresenta una condanna a vita. Altri dove l’umanità delle donne e i loro diritti vegono rispettati e garantiti così come per gli uomini.

I due estremi? Il Canada e l’India.

La protezione dei diritti delle donne, il rafforzamento delle tutele e delle norme contro la violenza e lo sfruttamento fanno del Paese del Nord America il miglior esempio a cui tutti gli altri dovrebbero fare riferimento. Matrimonio forzati per le bambine, femminicidio e feticidio, traffico sessuale, schiavitù, violenza domestica e alto tasso di mortalità materna: sono tutte situazioni che fanno invece del Paese asiatico quello dove essere donna è spesso un dramma.

A disegnare lo stato della condizione femminile nel mondo è il G20 Women elaborato da TrustLaw, Centro che fa capo alla Thomson Reuters Foundation e che fornisce assistenza, notizie e informazioni sui diritti delle donne.

The worst and best for women aiuta a comprendere come si vive in ognuno dei cinque continenti che fanno parte del G20, dando la misura delle condizioni più critiche. Elementi che possono – e dovrebbero – rappresentare una traccia per Governi, ONG e Organizzazioni della società civile per agire o incrementare azioni a favore dei diritti delle donne.
La ricerca è stata elaborata da 370 esperti di genere – accademici, specialisti nel settore degli aiuti umanitari, medici, giornalisti – che hanno lavorato su alcune questioni chiave. Queste le categorie di analisi: opportunità lavorative, accesso alle risorse, partecipazione alla politica, salute, soggezione alla violenza e alla schiavitù.

Nella classifica, dal migliore al peggiore, l’Italia è all’ottavo posto (dopo la Germania, che è subito dietro il Canada, il Regno Unito, la Francia, il Giappone…). Discriminazioni sul posto di lavoro, persino salari più bassi, scarso accesso alle posizioni manageriali e alla politica, rendono la vita non sempre facile alle donne italiane. Senza contare che 1.2 milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso sul luogo di lavoro (dato 2008-2009 dell’Istituto nazionale di Statistica).

Dati drammatici sono quelli che arrivano dal Messico. Il caso più assurdo è quello delle vittime alla frontiera di Ciudad Juárez, 300 donne, rapite, torturate e uccise nella totale impunità. O dalla Cina, dove (dato World Bank 2008) 1.09 milioni di bambine risultano morte o “disperse” alla nascita. Il motivo è: infanticidio.

In Arabia Saudita – 18esimo posto nella classifica – alle donne non solo non è concesso guidare, ma neanche partecipare al voto. Solo lo scorso anno il re Abdullah ha annunciato che questo divieto sarà rimosso e quindi le donne potranno votare, per la prima volta, alle prossime elezioni. E anche presentarsi come candidate. Tra un paio d’anni. In quante lo faranno? Vedremo.

Scorrendo la classifica si scopre che in Sud Africa le donne che hanno contratto l’HIV sono il doppio degli uomini e che nel 2010-2011 in 66.196 hanno subito qualche tipo di violenza sessuale. E si parla solo di casi segnalati e accertati. In Russia, sono 14.000 le donne che muoiono ogni anno a causa di violenze domestiche e in Brasile almeno 250.000 bambine esercitano la prostituzione. In Argentina, invece, esiste ancora la piaga degli aborti clandestini: se ne calcolano 500.000 all’anno.

Criticità esistono anche nei posti alti della “classifica”. In Australia – quarto posto per la migliore condizione di vita – il 19.1% delle donne ha subito violenza sessuale dall’età di 15 anni. Dalla stessa età le ragazze canadesi cominciano a usare un contraccettivo (3/4 di donne canadesi usano un metodo anticoncezionale nel periodo da 15 a 49 anni). In Giappone – settimo posto – invece le donne fanno ancora i conti con una radicata e forte cultura patriarcale. Per loro spesso la carriera lavorativa finisce nel momento in cui si sposano, e per lo stesso motivo hanno scarso accesso alla vita politica.

Insomma, i “Grandi” del G20 hanno di certo imparato a incrementare e sviluppare i frutti dell’economia di mercato (e da tempo hanno ormai esportato il modello a livello globale), ma molti di loro sui  diritti delle donne sono ancora molto, molto indietro.

 

 

Antonella Sinopoli

Giornalista professionista. Per anni redattore e responsabile di sede all'AdnKronos. Scrive di Africa anche su Nigrizia, Valigia Blu, Ghanaway, e all'occasione su altre riviste specializzate. Si interessa e scrive di questioni che riguardano il continente africano, di diritti umani, questioni sociali, letteratura e poesia africana. Ha viaggiato molto prima di fermarsi in Ghana e decidere di ripartire da lì. Ma continua ad esplorare, in uno stato di celata, perenne inquietudine. Direttore responsabile di Voci Globali. Fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Co-fondatrice e coordinatrice del progetto OneGlobalVoice, Uniti e Unici nel valore della diversità.

2 thoughts on “La migliore e la peggior vita per le donne

  • E’ impressionante come siano indietro anche paesi molto sviluppati, per quanto riguarda questa tematica (come ad. es il Giappone), la parità sembra ancora molto lontana…

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    • Ciao, ti ringraziamo del tuo commento.
      Ne approfittiamo per segnalare le iniziative italiane che a questo proposito gravitano intorno a #femminicidio e #niunamas su Twitter, stasera c’è tra gli altri un incontro a Roma biblioteca Basaglia ore 19.00.

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