Testo di Andrea Ragona, autore, insieme con Gabriele Gamberini, di “Yugoland – In viaggio nei Balcani” edito da Becco Giallo
“La Jugoslavia è una bici. Il manubrio è la Croazia, perché la sua guida, il Maresciallo Tito, era croato. Il telaio, la struttura portante, è la Serbia. I pedali, motore economico del tutto, la Slovenia. Le ruote, amalgama delicato di aria, acciaio e gomma, sono la Bosnia. La sella, che si sfila dal resto senza clamore, il Montenegro. La catena, piccola parte a servizio del tutto, la Macedonia. E infine il campanello: il Kosovo. Nel 1989 si è messo a suonare. Ma nascosto dal frastuono del Muro che cadeva, nessuno l’ha sentito.”
Ecco, io ho scelto di spiegare cosa fosse la Jugoslavia con questa metafora della bicicletta partendo da un’esperienza personale. Ero stato tempo prima in Vojvodina, regione che sta a nord della Serbia, in un campo di volontari messo insieme per riparare le biciclette Pony e poi riconsegnarle alla cittadinanza. La Pony è una bici simile alla nostra Graziella. E viaggiando in lungo e in largo per i Balcani ho notato che si trova ancora in tutte le repubbliche nate dalla ex Jugoslavia, come un segno tangibile, in parte indelebile, di un Paese che formalmente ora non c’è più. Incuriosito, sono partito per saperne di più, chiedere in giro, vedere e toccare le cose di persona. Un’avventura che si proponeva fin da subito come una specie di esperimento editoriale, concordato con l’editore BeccoGiallo di Padova, da sempre attendo e ricettivo alle novità: provare a mescolare – speriamo virtuosamente – diversi linguaggi per raccontare un’esperienza di viaggio. E così è nato Yugoland, in viaggio per i Balcani: un taccuino fatto di incontri, foto, interviste, resoconti musicali, consigli enogastronomici e fumetti, disegnati per l’occasione dall’artista bolognese Gabriele Gamberini, che ho avuto modo di avere al mio fianco a Sarajevo. Ciò che mi ha spinto a scrivere il libro? La scarsa conoscenza di quelli che in fondo sono i nostri “vicini di casa”. Conosciamo molto su posti lontani, ma in pochi conoscono queste terre che stanno soltanto a una manciata di chilometri più a est dello Stivale.
Ecco, Yugoland è prima di tutto un invito sentito a scoprire i Balcani senza dovere per forza passare per un manuale di storia: abbiamo cercato di tenere insieme suggerimenti intelligenti su dove reperire una slivovica non banale (il famoso distillato di prugne) e testimonianze inedite sulle guerre balcaniche. Scanzonati ma non superficiali, seri ma non pesanti. Questa era la missione. E incontrare luoghi e persone, in questi mesi, ci ha arricchito parecchio anche a livello personale: dal presidente della comunità italiana di Bosnia di nome Bruno al fondatore del Feral Tribune Predrag Lucic, inviato di guerra scomodo al Potere durante i conflitti, dal fumettista serbo Zograf a Svetlana Broz, nipote di Tito e cardiochirurgo che oggi lavora con i giovani per una ricostruzione multiculturale dello spazio balcanico. Ma nel libro non ci sono solo interviste, ci sono anche vere e proprie esplorazioni: pianure sconfinate, montagne poco battute dal turismo di massa, laghi, coste mozzafiato e rocamboleschi festival musicali sempre più frequentati dai giovani europei. Più qualche scoperte inedita: come la statua dedicata a Rocky Balboa, che si trova nel bel mezzo della Serbia. Qualcosa che non si può perdere, credetemi. Ogni capitolo, in particolare, è dedicato a un particolare itinerario ed è introdotto da una canzone che vuole essere un piccolo spunto di riflessione sonora, e si chiude poi con un racconto a fumetti, che prova a divulgare un episodio significativo del viaggio in chiave visiva ed emozionale. Quello che potete leggere qui di seguito, per esempio, è quello dedicato al capitolo sulla Vojvodina. Si tratta della tragedia (realmente accaduta) di un bambino jugoslavo che in classe, giocando a calcio con i compagni di scuola, ha la sfortuna di abbattere il ritratto di Tito.