Sudan e Sud Sudan, la guerra per il petrolio
Peccato. L’Uomo sta perdendo un’altra occasione per dimostrare la sua intelligenza e la sua consapevolezza che i “conflitti” economici e politici non si risolvono con le guerre, ma con l’accordo, con qualche concessione reciproca, con il riconoscimento dei diritti umani di ogni popolo.
Una settimana fa sembrava proprio che la liberazione di Heglig da parte dei sud-sudanesi e la presa della stessa da parte del Sudan potesse calmare gli animi e le fantasie bellicose di Omar-el-Bashir per parte del Sudan e di Salva Kiir per parte del Sud-Sudan.
Invece il presidente del Sud è andato in visita ufficiale in Cina e la prima dichiarazione che ha fatto è stata che “il Sudan ha dichiarato guerra al Sud Sudan“. Questa cosa non è vera se non si capisce che la presunta dichiarazione di guerra è relativa ad una guerra economica che il Sudan sta mettendo in pratica dopo la secessione del Sud e dopo la chiusura dei pozzi petroliferi di Abiey (nel Sud) che, se da una parte impediscono al Nord di guadagnare sul “passaggio” del grezzo, dall’altra sono un suicidio economico del Sud che non ha altre risorse.
Il secondo atto di questa nuova recrudescenza degli istinti bellici di entrambe le parti lo abbiamo avuto anche qui, nel profondo Sud, al confine con l’Uganda.
Stamattina, poco dopo le 8, sono andato in fabbrica. Molti lavoratori stavano aspettando me e Fratel Erich per comunicarci che oggi non avrebbero lavorato: ieri sera il “Commissioner” della Contea ha comunicato via radio privata che tutti i giovani e gli uomini si sarebbero dovuti presentare nel piazzale degli uffici statali per comunicazioni inerenti la guerra. In realtà la radio aveva comunicato, e se ne è avuta la conferma da tutto il Paese, che ogni Contea deve reclutare almeno mille giovani da mandare a “difendere” il confine al Nord. Molte contee hanno già contribuito con migliaia di giovani.
La cosa preoccupante non è tanto questa convocazione o la possibile ripresa di una guerra che, salvo brevi o lunghe interruzioni (la più lunga dura dal 2005 ad oggi), dura ormai da quasi mezzo secolo…
Ciò che dovrebbe preoccupare di più è la stupidità umana. Questa nuova nazione ha come unica risorsa il poco petrolio di Abiey e ne ha chiuso i pozzi. Ha ottenuto dagli Stati Uniti un aiuto quantificabile in un 90% in armi ed in un 10% di altri aiuti, che finiranno probabilmente nelle tasche dei politici. Ha chiesto aiuto alla Cina, praticamente unico cliente del petrolio, a cui necessita il prodotto dei due contendenti e non vede l’ora che questi si affrontino in guerra per far ribassare il prezzo che deve pagare ad entrambi.
Da un punto di vista militare, vedendo i soldati in circolazione e sapendo che non esiste un’aviazione, mi rendo conto che, se proprio dovesse cominciare, questa guerra durerebbe veramente poco: giusto il tempo di riunire di nuovo sotto il Sudan tutto il territorio, con il risultato di giustificare, si fa per dire, una nuova “pulizia etnica” nel Sud Sudan, come già avvenuto in Darfur e come sta avvenendo nel Sud Kordofan con la gente dei monti della Nubia.
Così, invece di dare opportunità, lavoro, comunicazioni ad un popolo che non aspira ad altro, gli togliamo la gioventù, il futuro e la vita.
Purtroppo, come dicono Jaques Attalì e Massimo Cacciari, se non torniamo a fare i Cristiani, a fare quello che ha chiesto Cristo, stiamo andando incontro a guerre disastrose e fratricide. Vedi la nostra situazione: La nostra politica di sinistra ci ha venduto ai padroni dell’Europa senza minimamente sapere cosa ci sarebbe accaduto. Un esempio più vicino: Gheddafi negli ultimi mesi predicava un appiattimento del benessere, una più equa suddivisione del reddito tra i ricchissimi ed i poveri. Questo non è piaciuto ai “padroni europei” che vigliaccamente hanno armato dei ribelli che si trovano sempre in ogni tipo di regime. Sergio
Ciao Sergio, grazie del tuo commento. Uhm, che Gheddafi non sia il Male e tutto il resto Bene su questo siamo d’accordo. Ma la visione di un Gheddafi tutto mirato all’appiattimento del benessere tra ricchissimi e poveri…proprio lui e i suoi familiari tra cui qualcuno alla London School of Economics…mi sembra veramente un’idea difficile da difendere, piuttosto mi pare che predicasse molta demagogia. Mi sembra piuttosto che la situazione libica – come quella sudanese, ma molto diversa nell’articolazione ovviamente – sia un garbuglio in cui è difficile assumere una posizione netta: certamente, molti libici possono parlare di Liberazione da un regime autocratico. E’ altrettanto vero che lo spirito spesso assunto dalle fazioni attualmente dominanti pare assolutamente vendicativo e non democratico. Davide