Ghana: la piaga degli incendi urbani
Decine di feriti e dodici esercizi commerciali andati in fumo. È questo il bilancio dell’ennesimo incendio al Kumasi Suame Magazine, l’area industrializzata della capitale della Regione Ashanti del Ghana, nota per la presenza di operai specializzati nella manutenzione, riparazione e vendita di auto e camion. Dopo il mercato generale, il Kumasi Suame Magazine è il posto più frequentato e conosciuto del West Africa sub-sahariano. Si calcola che dia lavoro a oltre duecentomila persone, abitanti di Kumasi ma anche immigrati o provenienti da altre aree del Paese.
Dal momento del suo insediamento, all’inizio degli anni Trenta, anche se lo sviluppo vero c’è stato a partire dagli anni Sessanta, sono stati molti gli incendi che vi si sono verificati. Uno dei più gravi, lo scorso anno, ha provocato la distruzione di 26 esercizi commerciali. Tutto andato in fumo, così come i guadagni di una vita. E ora, eccone un altro.
Secondo alcune statistiche fornite dal Ghana National Service, circa il 90% degli incendi viene provocato da danni all’impianto elettrico. Va detto che la geografia dell’area e la collocazione degli stand non sembra rispondere ad una pianificazione logica e razionale, mancano buone strade di accesso e passaggio e anche la carenza di spazio tra i negozi rende davvero difficile gestire il quotidiano, figurarsi una situazione di emergenza come un incendio. Quando accade, le fiamme – come lamentano gli stessi proprietari degli stand o negozi – hanno buon gioco a diffondersi molto rapidamente.
Per controllare la situazione, il Ghana National Service ha istituito un servizio nell’area che ha proprio lo scopo di far fronte a tale tipo di emergenza. Ma nonostante ciò anche tale servizio ha difficoltà ad operare a causa della topografia e struttura del Kumasi Suame Magazine. A peggiorare la situazione è l’uso di gas per tagliare metalli, gas che esplodono molto rapidamente provocando il ripetersi degli scoppi da uno stand all’altro. Una situazione di rischio e pericolo costante, come si può ben immaginare.
La settimana scorsa si è verificato uno di questi soliti incidenti. L’incendio è scoppiato in serata e i vigili del fuoco hanno lavorato fino all’alba del giorno dopo per riuscire a spegnerlo. Dodici i magazzini coinvolti per una perdita di centinaia di migliaia di Ghana cedi. Secondo testimoni e proprietari che sono rimasti lì tutta la notte, l’incendio si sarebbe potuto spegnere molto più in fretta se i vigili del fuoco – che comunque sono arrivati dopo appena mezz’ora – fossero meglio equipaggiati e se a un certo punto non fosse finita l’acqua dei serbatoi, cosa che ha costretto a un rapido approvvigionamento. Inutile dire che le cause che hanno provocato l’incendio rimangono incerte.
Una notte d’inferno per gli abitanti del circondario, gli scoppi continui e il diffondersi delle fiamme erano molto vicini alle abitazioni e la gente è uscita per le strade provocando altri ingorghi e caos. Tredici – ma forse più – persone sono state investite mentre cercavano di trovare scampo attraverso la centralissima e sempre affollata Suame Main Street. Tutti sono stati trasportati al vicino ospedale, l’Okomfo Anokye. L’area irrespirabile e il fumo ha reso difficile anche le operazioni di spegnimento e gli stessi vigili di tanto in tanto erano costretti ad allontanarsi dal luogo degli incendi per cercare di respirare. Solo alle 4 del mattino la situazione poteva dirsi sotto controllo.
Ora si contano i danni. “Vendo oli per motori, ne avevo sei barili nel mio negozio, li avevo comprati solo tre giorni fa. I beni che avevo nel magazzino ammontavano a circa 30mila Ghana cedi, ora non so cosa fare” si sfoga Daniel Kodah, proprietario di uno dei magazzini distrutti dalle fiamme.
È questo che si domandano ora in molti: “Cosa fare?” Avere a disposizione un piccolo capitale per avviare un’attività è davvero difficile in Ghana e la maggior parte delle persone non hanno dimestichezza con banche e prestiti.
Il ministro della regione Ashanti, Kwaku Agyemang-Mensah, e altri esponenti politici hanno visitato il sito all’indomani dell’incidente e hanno manifestato solidarietà alle vittime e ai proprietari danneggiati dall’evento, ma molti hanno interpretato la loro presenza come un puro atto di circostanza, “questo è il Ghana – si sentiva sussurrare – sappiamo come vanno le cose qui”.
Mentre andavo via, intorno alle 11,30, la situazione era di una calma inusuale e tutto ciò che potevo sentire era il rumore di metallo e del rovistare di chi cercava tra le lamiere e il fumo qualcosa da salvare. L’investimento di una vita andato perduto in poche ore.
Tutte le foto sono di Amoah Opoku Eric.